Marchionne in cattedra a Bologna: “lezione” sulla leadership e sulla flessibilità

Pubblicato il 8 Aprile 2011 - 16:13 OLTRE 6 MESI FA
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Sergio Marchionne (AP Photo/J. Scott Applewhite)

Il Sole 24 Ore ha pubblicato un intervento di Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, all’Alma Graduate School di Bologna. Il discorso si divide in due parti: la prima è rivolta all’Europa. Marchionne chiede ai governi e ai cittadini un’assunzione di responsabilità e una comune determinazione rispetto al dramma del Nordafrica:

L’ondata di immigrati dalla Tunisia non ha solo portato alla luce il dramma di migliaia di persone, ha di nuovo denunciato il vero dramma europeo: l’assenza di un’organizzazione sovranazionale compatta e a voce unica. Si tratta di un problema che riguarda l’Europa intera e che deve essere affrontato e risolto a livello comunitario. Le coste italiane sono prima di tutto frontiere europee. Noi europei siamo quelli che abbiamo spinto per l’abbattimento delle barriere, per creare un mercato unico, per promuovere la cooperazione tra gli Stati. Questo è lo spirito con cui abbiamo firmato il Trattato di Roma, 54 anni fa. Questo è l’impegno che tutti i fondatori della Comunità Europea hanno assunto. I valori e i principi su cui si reggono l’idea e il sogno dell’Europa unita non possono essere traditi, ma vanno protetti e rispettati.

Ma l’emergenza di questi giorni non è solo una questione di territori e di accoglienza. Il punto è che siamo stati talmente chiusi e orientati verso noi stessi che non abbiamo visto – o non abbiamo voluto vedere – ciò che accadeva in Nord Africa. Abbiamo accettato che il divario, economico e sociale, si facesse sempre più ampio; lo abbiamo ignorato fino a quando non è venuto a bussarci alla porta. Si tratta di temi che ci spingono a porci delle domande. Il mondo occidentale ha il dovere di interrogarsi sul proprio ruolo. A volte mi chiedo se abbiamo modelli mentali così rigidi che – anche di fronte a chiari segnali di minaccia dal mercato – continuiamo a restare indifferenti nel nostro benessere e non proviamo disagio di fronte a chi non ha nulla.

Mi chiedo se i nostri leader politici sarebbero stati in grado di creare una coalizione così vasta se la guerra in Afghanistan o in Iraq fosse stata una campagna contro la povertà e non contro il terrorismo. Mi chiedo quanti soldati sarebbero disposti a partire per difendere non il proprio Paese, ma il futuro di chi non possiede nulla. Mi chiedo se una guerra contro la povertà porterebbe mai le più grandi reti televisive del mondo a garantire una copertura 24 ore su 24. O se avrebbe almeno la stessa audience del Grande Fratello. Non ho le risposte. Ho solo molte domande. Ma credo che il futuro non sia solo una responsabilità dei Governi. È una responsabilità personale, di ognuno di noi. È una sfida che ci chiama a raccolta tutti, con un impegno diretto, giorno dopo giorno.

Chiudere gli occhi o pensare che la soluzione sia sempre compito di qualcun altro, ci rende complici del problema. Ne parlo oggi con voi perché chi ha la responsabilità di gestire un’azienda globale ha il dovere di allargare la propria mente e guardare al di là delle mura di un ufficio. Ne parlo con voi perché il vostro impegno va oltre un semplice dovere professionale. Se c’è un’essenza nella leadership, è proprio questa. Assumere su di sé l’obbligo morale di fare, di partecipare al processo di costruzione del domani. Sentire la responsabilità personale di restituire alle prossime generazioni la speranza di un futuro migliore. È questo che rende la leadership un privilegio e una vocazione nobile.

La seconda parte del discorso di Marchionne è riservata agli studenti: un invito a sperimentare sempre nuove strade nel percorso formativo e lavorativo. Fantasia, apertura mentale: gli ingredienti della flessibilità.

Vorrei condividere con voi un’ultima riflessione, che riguarda direttamente il modo in cui deciderete di percorrere la vostra strada. […] Il diploma, la laurea, un master sono tutti traguardi importanti nella nostra storia personale. Quando li raggiungiamo abbiamo come l’impressione di uscire da una serie di regole e di schemi, e di essere finalmente liberi. Liberi di scegliere per noi stessi e di iniziare a costruire ciò che vogliamo. Ma sentirsi liberi ed esserlo realmente sono due cose molto diverse. La libertà di cui parlo è qualcosa che è dentro di voi. […] Se c’è un consiglio che posso darvi, è quello di non permettere che le scelte che avete fatto a un certo punto della vostra vita – scelte sull’ambito di studio, sul settore di lavoro, sul percorso di carriera – chiudano fuori tutto il resto. C’è molto di più fuori dalla porta. […]

Quando ho iniziato l’Università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me. Poi ho continuato studiando tutt’altro e ho fatto prima il commercialista e poi l’avvocato. E ho seguito tante altre strade, passando per la finanza, prima di arrivare ad occuparmi di imballaggi, poi di alluminio, di chimica, di biotecnologia, di servizi e oggi di automobili. Non so se la filosofia mi abbia reso allora un avvocato migliore o mi renda oggi un amministratore delegato migliore. Ma mi ha aperto gli occhi, ha aperto la mia mente ad altro. […]

Ognuno di noi filtra il mondo attraverso la propria mente. Cercate quindi di andare oltre quello che già conoscete, riempitela di stimoli nuovi, arricchitela di interessi diversi, apritela a qualunque cosa si stacchi dal consueto. […] Se saprete preparare la vostra mente ad accogliere il nuovo e lo sconosciuto, allora sarete aperti a tutto ciò che la vita vi potrà offrire. […] Chi non è in grado di vedere prospettive diverse, di ascoltare opinioni differenti, di andare oltre la propria limitata esperienza, perde l’opportunità di vivere con pienezza.

Tra i libri che ho letto da adolescente, ce n’è uno che mi ha ispirato sul modo di affrontare la vita. Si tratta di «Zorba il greco» di Nikos Kazantzakis. Vorrei rileggere con voi un passaggio: «Noi siamo minuscoli bachi che strisciano su una piccola foglia tra i rami di un albero gigantesco. Alcuni uomini, i più coraggiosi, raggiungono il limite della foglia. Di là, spingono lo sguardo nel caos. Tremando, si chiedono quale spaventoso abisso si stenda davanti. […] Alcuni soffrono di vertigine e delirano; altri, pieni di paura, cercano di trovare una risposta per tranquillizzare il proprio cuore e dicono: “Dio!”. Altri ancora, dal margine della foglia, guardano con coraggiosa calma il precipizio e dicono: “Mi piace!”». In quel “Mi piace!” c’è la lezione che avevo promesso di non farvi. E c’è la risposta a quello che sarete domani. Dipende con quali occhi guarderete al futuro. Dipende dalla fiducia che avrete in voi stessi, dalla voglia di conoscere e di mettervi alla prova. Non ci sarà nessuno a spingervi sul bordo della foglia, fuori dalla routine o dal senso di sicurezza associato all’abitudine. È un compito che toccherà a voi e a voi soltanto. Ma è anche l’unico modo che avete per maturare e prendere il volo. […] Auguro a ognuno di voi di essere veramente libero, di alzarvi ogni mattina e, guardando a tutto ciò che vi circonda, dire “Mi piace!”.