Marchionne: “Fabbrica Italia è scommessa per competere”. Entro 30-60 giorni al 30% di Chrysler

Pubblicato il 8 Aprile 2011 - 00:18 OLTRE 6 MESI FA

BOLOGNA – La cornice, Villa Guastavillani, adagiata sui colli a guardare dall’alto i tetti di Bologna, è di quelle da togliere il fiato. E lui, Sergio Marchionne, davanti a una platea di giovani della Alma Graduate School, non si è fatto pregare: per quasi due ore ha parlato loro di leadership e futuro, di impegno e di scommesse. E, immancabilmente, di Fiat. Accolto dalle civili proteste di una trentina di lavoratori della Fiom-Cgil, capeggiati dal segretario generale della Fiom Bologna, Bruno Papignani, che ha cercato, invano, di consegnare una lettera all’ad del Lingotto, il manager italo-canadese non si è sottratto alla voglia di sapere degli studenti, intervenuti alla prima delle ‘Mba lectures’ organizzate da Alma Graduate School e Unicredit, e alla consueta ressa di giornalisti e fotografi.

Regalando, fin da subito, considerazioni sul Lingotto e il suo domani. ”Credo che siamo molto vicini al secondo 5% che dovrebbe essere risolto entro i prossimi 30-60 giorni”, ha tagliato corto sulla possibilita’ della casa torinese di salire nell’azionariato di Chrysler dall’attuale quota detenuta del 25%. Il salto al 35%, invece, ”dovrebbe essere fatto entro la fine di quest’anno, forse anche prima”, dato che ”l’ultimo pezzo”, ossia l’ultimo 5%, ”ha a che fare con l’omologazione di una macchina che viaggia a 40 miglia al gallone”, attesa con serenità dal gruppo.

Sistemate in poche parole le dimissioni di Cesare Geronzi dalla presidenza di Generali (”non ne capisco molto, ho letto sul giornale come l’avete letto voi”, concede ai cronisti), e rassicurato sulla prosecuzione della joint-venture con l’indiana Tata (”non si scioglie, continua”), il numero uno della Fiat – maglioncino blu d’ordinanza e camicia a quadretti – ha condotto la platea nel suo viaggio all’interno della leadership, senza tralasciare temi come l’unita’ d’Italia, l’immigrazione e quella che definisce una ”scommessa”, ‘Fabbrica Italia’: il modo scelto dal Lingotto, a suo dire, ”per dimostrare che l’Italia non e’ un Paese da abbandonare”.

Tanto piu’ se, dopo anni di difficolta’, ammonisce Marchionne, ”la nostra azienda e’ riuscita ad assorbire la crisi senza assistenza esterna”. ”Le quote di mercato sono tornate a salire e l’anno scorso l’azienda ha rivisto l’utile operativo, superando tutti i target che ci eravamo fissati. E la cosa straordinaria – ha sottolineato – è che nel 2011 la Chrysler, a livello operativo, guadagnera’ piu’ della Fiat”.

Deciso nel ricordare la parabola del Lingotto, il numero uno della Fiat mostra idee chiare anche sui 150 anni festeggiati nel 2011 dal Paese (”dalla situazione di oggi ne possiamo uscire ritornando a quella idea di origine nata negli anni della costruzione dell’Italia”), e sul comportamento tenuto dall’Occidente di fronte a quanto sta accadendo nel Maghreb. ”L’emergenza questi giorni non e’ solo una questione di territori e di accoglienza – avverte – Il punto è che siamo stati talmente chiusi e orientati verso noi stessi che non abbiamo visto o non abbiamo voluto vedere cio’ che accadeva in Nord Africa. Abbiamo accettato che il divario economico e sociale si facesse sempre più ampio – ha aggiunto – lo abbiamo ignorato fino a quando non è venuto a bussarci alla porta”.

E nel suo ampio sguardo d’orizzonte, nel parco di Villa Guastavillani, Marchionne non si nega alle domande degli studenti. Sulle tre classi di azioni (ordinarie, risparmio e Fiat Industrial) che fanno capo a Fiat e che ”nel medio lungo termine verranno consolidate in una posizione sola”, e sulle partecipazioni in Rcs e ne ‘La stampa’. ”Non mi preoccupo di muovermi a breve termine” su Rcs, ha sottolineato, le partecipazioni ”fanno parte, in Italia, di un insieme di equilibri sociali necessari per mantenere la Fiat nella situazione in cui si trova. La Fiat – ha chiosato – ha zero influenza sui giornali. Basta leggere il Corriere della Sera e le cose ingiuste” che scrive sul Lingotto, ”secondo azionista” del gruppo editoriale.