Orango tango e uomo si “separarono” 14 milioni di anni fa: hanno il 97% del genoma in comune

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 15 Febbraio 2011 - 08:21| Aggiornato il 1 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

WASHINGTON – Se fino a poco tempo fa lo scimpanzé era considerato il primate più ‘vicino’ all’uomo, una nuova ricerca ha dimostrato che l’orango tango condivide con noi il 97 per cento del suo codice genetico. Lo studio, condotto dal Centro Genoma dell’università di Washington, ha evidenziato come la separazione tra uomo e orango sia avvenuta circa 14 milioni di anni fa da un comune antenato.

Sebbene sia noto che gli scimpanzé condividano con l’uomo ben il 99 per cento del proprio genoma, il nuovo studio sugli orango tango mostra come alcune specie potrebbero presentare rassomiglianze genetiche ancora più marcate.

Richard Wilson dell’università di Washington di Saint Louis ha spiegato che “in termini di evoluzione, il genoma degli orango tango è molto speciale tra le grandi scimmie, poiché è risultato straordinariamente stabile negli ultimi 15 milioni di anni. – ed ha aggiunto – Questo in confronto agli scimpanzé e all’uomo, che hanno sperimentato una larga scala di modificazioni strutturale del proprio genoma che potrebbe aver accelerato la loro evoluzione”.

Altra caratteristica messa in evidenza dalla ricerca riguarda la ‘diversità genetica’, fattore importante per la conservazione della specie, necessaria ad uno stato generale di salute per la popolazione degli esseri viventi e che garantisce lo sviluppo di una comunità sana.

I risultati della ricerca potrebbero aiutare gli scienziati a salvaguardare queste specie dall’estinzione, se si considera che ad oggi solo 50 mila esemplari del Borneo e 7 mila di Sumatra vivono allo stato selvaggio, risentendo degli effetti della deforestazione. Infatti la loro scarsa variazione genetica è indice di mantenimento di una popolazione sana nonostante la scarsa diversità genomica, come ha spiega Jeffrey Rogers, primatologo del Baylor College di Medicina di Houston, in Texas.

Questo poiché “se anche le foreste scomparissero, la variazione genetica non costituirebbe un problema – ha osservato Rogers – Certo, l’habitat è assolutamente essenziale, ma se anche le foreste scomparissero nei prossimi 30 anni avremo comunque degli orango tango, che però non potrebbero vivere allo stato selvaggio”.

Insomma i nostri ‘vicini’ evolutivi potrebbero non avere più una casa, o meglio un habitat in cui vivere in libertà, ma riuscirebbero comunque a superare il problema dell’estinzione della propria specie, creando forse meno problemi di ‘coscienza’ a chi gli nega la possibilità di vivere nelle foreste. Dunque questi primati sono considerabili ‘salvi’, ma pagheranno un prezzo per la sopravvivenza: il loro naturale ‘stile’ di vita.