Buddha e l’ideale della Via. Aldo Tollini racconta: samurai, monaci e poeti nel Giappone medievale

di Emiliano Chirchietti
Pubblicato il 1 Gennaio 2018 - 06:42| Aggiornato il 14 Marzo 2018 OLTRE 6 MESI FA
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Buddha e l’ideale della Via. Aldo Tollini racconta: samurai, monaci e poeti nel Giappone medievale

“La legge del Buddha e la legge del mondo sono come il corpo e il cuore dell’uomo. Se ne manca uno le cose non si reggono”, si lègge in una delle molte poesie Zen, di epoca medievale, riportate in questo libro ( pagina 208 ). Ma non lasciamo andare troppo la briglia.

Innanzitutto diciamo che “ L’ideale della Via ” è un saggio storico filosofico, scritto da Aldo Tollini, docente di lingua giapponese classica all’Università Cà Foscari di Venezia, nel quale viene raccontata la progressiva formazione dell’ideale giapponese della Via a cavallo tra la fine del XII e l’inizio del XVII secolo.

Il libro, strutturato su due parti – Il periodo Kamakura  e Il periodo Muromachi – si svolge lungo dieci densi capitoli, che l’autore utilizza per intrecciare le « vie » di tre interpreti centrali della storia giapponese: samurai, monaci e poeti.

Il punto della storia dal quale prende avvio il racconto dei fatti che cambiarono profondamente il Giappone è fissato al 24 marzo 1185, quando i clan dei Taira e dei Minamoto si affrontarono nella battaglia navale di Dan no ura.

L’autore decide di iniziare proprio da qui, con la sconfitta del clan dei Taira, declino e tramonto di un’aristocrazia colta e raffinata che aveva esercitato il potere per più di quattrocento anni, e la vittoria dei Minamoto che preannunciò l’inizio di una nuova era dominata dal potere e dalla cultura dei samurai.

Yoritomo, « leader » del clan dei Minamoto, fattosi nominare dall’Imperatore shògun, cioè capo delle forze armate, decise di costituire un governo indipendente da quello di corte, che divenne a tutti gli effetti il vero potere nel paese. La città di Kamakura, in opposizione a quella di Kyòto, fu scelta come sede dello shogunato, strutturando una gerarchia parallela che lasciava nella mani dell’imperatore solo alcune tracce di autorità, in gran parte simboliche e confinate in un ambito di pura formalità.

Lo sguardo attento dello storico, sottolinea l’autore, si sofferma con grande interesse ad osservare i fatti che caratterizzano questa nuova fase, soprattutto perché ad essa viene accreditato il primo profondo moto di cambiamento che spinse il Giappone a varcare il confine oltre il quale albeggiava il suo medioevo; infatti gli studiosi sono concordi nel dire che il medioevo giapponese ebbe inizio nel 1185.

Il periodo Kamakura, che va dal 1185 al 1333, è dunque segnato dall’avvento al potere dei bushi  ( guerrieri ) che forgiarono un modello inedito di samurai, “ … abile sul campo di  battaglia, ma al tempo stesso colto e raffinato uomo di lettere …” ( pagina 27 ). Non era quindi un’eccezione trovare bushi impegnati nella composizione di poesie, anzi, dalla lettura del libro si evince come questa propensione fosse assai diffusa e carica anche di valori morali ed etici.

Tuttavia, sembra emergere con eguale forza, oltre alla cultura del “ guerriero letterato ”, ben rappresentata in molti poemi epici del tempo ( gunki monogatari ) che ne narrano le gesta, il rapporto che questi ideali ebbero con la nuova spiritualità buddhista fondata sull’impermanenza, ovvero quel sentimento di tragicità secondo il quale a questo mondo tutto passa e nulla rimane, e sul progressivo « abbandono del mondo » per donarsi interamente alla Via che porta verso la salvazione:

“ La Via del maestro che venne da Occidente, io trasmetto in Oriente. Mi dedico a strofinare la luna, e a coltivare le nuvole seguendo la Via antica. La polvere di questo mondo, evito levandomi in alto. Nella notte nevosa della profonda montagna, sto dentro una capanna col tetto di erba ” (  poesia, pagina 52 ).

In questa parte del libro l’autore non manca di riportare poesie, frammenti di poemi e porzioni di letteratura giapponese, perché le parole che abbeverarono il medioevo provenivano dalla stessa sorgente verso la quale poeti, guerrieri e monaci allungavano i propri sguardi. La ricerca della perfezione artistica, l’impegno prolungato e continuo dedicato a far crescere l’abilità creativa, nella liturgia buddhista portava ben oltre la bellezza esteriore, verso l’innalzamento della sfera spirituale, il perseguimento della Via.

Al periodo Muromaki, tra il 1333 ed il 1573, così chiamato dal nome del quartiere di Kyoto dove il nuovo shogunato si instaurò, è dedicata la seconda parte del libro.

L’ avvento dei potenti Ashikaga e i Tumulti dell’èra Onin traghettarono il paese in una nuova fase che la storiografia corrente identifica degli “ Stati combattenti ”, per significare la stagione nella quale il Giappone conobbe una feroce lotta di potere che coinvolse i più importanti clan.

Fu sicuramente un’epoca dominata dallo spirito dei grandi guerrieri, ma non solo. Il bisogno crescente di spiritualità che permeava la società giapponese portò ad una maturazione e diffusione dell’ideale della Via; se in Europa fioriva l’Umanesimo e poi il Rinascimento, in Giappone si andavano delineando i tratti più belli della cultura Zen.

Il buddhismo durante il periodo Muromaki si fece molto più complesso ed articolato, raggiungendo forme più evolute. Qualsiasi espressione d’arte divenne Via per il perfezionamento spirituale: La Via del Té ad esempio, o la Via della Poesia. Quest’ultima scopre addirittura nuove forme espressive, come il renga, cioè una particolare “ poesia a catena ” composta da più poeti che devono però attenersi a certe regole compositive.

Shotetsu, Shinkei, Juro, Shirokensai, Sogi e Sozei sono alcuni dei poeti giapponesi che Tollini riporta in queste pagine per argomentare al meglio tutte le fasi evolutive che La Via della Poesia conobbe; ma c’è spazio anche per i grandi condottieri come Oda Nobunaga, Tokugawa Ieyasu e monaci quali Takuan, Muju e Zekkai Chushin.

A dividere fisicamente le due parti che compongono il libro c’è una raccolta di immagini che raffigurano importanti dipinti del medioevo giapponese e fotografie di luoghi simbolo di questo periodo, come il Padiglione d’Oro di Kyòto o il castello di Himeiji.

Ma ce n’è una, in particolare, che immortala un sentiero che porta a una casa da tè. Si vedono delle pietre, piatte, di varia grandezza, posate con esattezza, lungo un manto erboso che serpeggia tra gli alberi. Sullo sfondo, alla fine del sentiero, si intravedono alcuni fiori di ciliegio, e tra i raggi di sole, forse, il profilo di un’abitazione. Tutto è ben curato, ed ogni cosa ha il suo posto nel gioco di ombra e luce che si alterna sulla natura. É facile notare che la disposizione delle pietre forma una sorta di « sentiero sul sentiero »; una segue l’altra, e l’altra un’altra ancora, in un continuo di pezzi che indicano la via da seguire ma senza mai toccarsi uno con l’altro. La discontinuità dentro la continuità, proprio come scriveva il poeta Kamo no Chòmei nel 1212: “ Il flusso del fiume non si interrompe, ma non è mai la stessa acqua ”.

L’ideale della Via. Samurai, monaci e poeti nel Giappone medievale, di Aldo Tollini, Einaudi, pp. 310, € 24,00.