Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio: rinasce il romanzo della Resistenza

di Daniela Lauria
Pubblicato il 25 Aprile 2015 - 14:29| Aggiornato il 30 Aprile 2015 OLTRE 6 MESI FA
Il partigiano Johnny, dopo 70 anni rinasce il romanzo simbolo della Resistenza

Beppe Fenoglio

CUNEO – Settant’anni fa il partigiano Johnny “si alzò col fucile di Tarzan e il semiautomatico… Due mesi dopo la guerra era finita”. Si chiudeva così il romanzo simbolo della Resistenza, con un finale aperto che lasciava intendere la morte del protagonista in un imminente conflitto a fuoco a poche settimane dalla Liberazione. O almeno questo era l’epilogo della seconda stesura del libro cult di Beppe FenoglioIl partigiano Johnny.

In origine doveva costituire un unico ciclo narrativo con il precedente Primavera di bellezza. Fenoglio buttò giù il suo grande romanzo storico che partiva dagli anni del liceo di Alba (Cuneo), proseguiva con il corso ufficiali a Roma, l’8 settembre, il pericoloso ritorno in Piemonte da disertore e l’adesione alla lotta partigiana sulle Langhe,  che si estendono tra le provincie di Cuneo e Asti.

Su suggerimento del suo editore (Garzanti) Fenoglio decise di fare di Primavera di bellezza un romanzo autonomo e per questo tagliò la parte iniziale e aggiunse un finale che non c’era. Poi mise mano a una seconda stesura, che presto abbandonò. Il partigiano Johnny finì nel cassetto in attesa di un eventuale seguito che l’autore non vide mai pubblicato in vita. Uscì postumo nel 1968, 5 anni dopo la morte di Fenoglio (scomparso prematuramente all’età di 41 anni) in una versione che mescolava arbitrariamente le due stesure, entrambe acefale e lacunose.

In occasione del settantesimo anniversario della Liberazione, il suo ambizioso progetto narrativo è stato meticolosamente ricostruito e ripubblicato integralmente da Einaudi in un unico volume intitolato Il libro di Johnny a cura di un fenogliano doc, Gabriele Pedullà.

Pedullà taglia e cuce tra le pagine pubblicate in vita da Fenoglio e testi postumi, ne ricostruisce l’ideale continuum narrativo avvalendosi di testimonianze dirette e dei carteggi intercorsi tra Fenoglio e gli editori. La saga di Johnny riemerge così in tutta la sua forza sia storica che individuale: l’intreccio tra narrazione epica e cronaca privata trascende la pur rilevante contingenza di quegli eventi (realmente accaduti) e si fa romanzo di formazione, così come originariamente concepito dall’autore. La Resistenza, tema portante, è una dura prova, inserita in una vita vissuta senza incanti e illusioni, dove non c’è spazio per la retorica, ma solo per il coraggio e il senso del dovere di Johnny che si misurano nella concretezza dei fatti fedelmente riportati.

Nella nuova sistemazione ritroviamo il giovane studente di Alba (Cuneo), amante della letteratura inglese e per questo ribattezzato Johnny dagli amici. Poi sottufficiale dell’Esercito Italiano in forza a Roma, sbandato in seguito all’armistizio dell’8 settembre. Fino al ritorno nelle amate Langhe. Per un po’ di tempo la famiglia lo nasconde in una casa in collina: qui Johnny si abbandona alla lettura, ma è insofferente alla vita da imboscato. Prende parte a una sommossa davanti alla caserma dei carabinieri per la liberazione di alcuni prigionieri.

Una sera d’autunno del 1943 sale in collina sentendosi investito

“in nome dell’autentico popolo d’Italia, a opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente piú inebriante la coscienza dell’uso legittimo che ne avrebbe fatto”

Il primo gruppo partigiano che incontra sono i “Rossi”, guidati dal Biondo, e decide di unirsi a loro anche se Johnny non è un comunista, vuole solo combattere gli invasori. Ma ben presto si rende conto che i Rossi sono disorganizzati, si affidano al caso: dopo un terribile rastrellamento fascista a cui scampa per miracolo, decide di unirsi alle formazioni badogliane, che nel libro si chiamano “Azzurri“, meglio equipaggiati e guidati dal leggendario comandante Nord. Il passaggio dai garibaldini ai badogliani è uno dei molti tratti autobiografici del romanzo che accomunano Johnny e Fenoglio. Gran parte delle vicende narrate, seppur romanzate, furono realmente vissute dall’autore in prima persona.

Seguono i famosi “23 giorni di Alba” che diedero il titolo anche a un’altra raccolta di 12 racconti che Fenoglio pubblicò nel 1952. Con gli Azzurri, Johnny partecipa all’occupazione della città e fondano la Repubblica Partigiana di Alba, resistendo per 23 duri giorni.

“Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944…”

Dopo vari scontri e morti il gruppo si sbanda e va incontro a un grande inverno di solitudine. Per poi essere richiamati in primavera da Nord, 2 mesi prima della fine della guerra.

Il “libro grosso”, come lo chiamava Fenoglio, cioè la versione integrale della storia che Pedullà tenta di ricucire, resta sospeso conservando il fascino del romanzo postumo. Molti testi di Fenoglio rimasero non finiti, forse volutamente, come in attesa di compiersi. E Pedullà sceglie consapevolmente di non risolvere il mistero. Anche lo stile è fedele all’originale: la lingua di Fenoglio è sperimentale, si è parlato di “fenglese” perché è un italiano inframmezzato da parole inglesi e spesso da interi capoversi in lingua.

Il libro di Johnny è la storia di un ragazzo che si fece uomo tra l’estate del 1940 e la primavera del 1945. In mezzo c’è la lotta partigiana, che non è cornice ma protagonista insieme a lui. Guerra di uomini, non eroi, per la riconquista della libertà. Ricerca e cammino di un uomo in mezzo ad altri uomini spesso molto diversi da lui.