Monti: “C’è un dubbio che fa male: che io sia una parentesi”

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 30 Marzo 2012 - 15:56 OLTRE 6 MESI FA

Mario Monti (Lapresse)

ROMA – Incrocia due articoli di fondo, uno sulla prima pagina del Corriere della Sera e l’altro sulla prima del Sole 24 ore. E incrocia e mescola ancora il tutto con la lettera sempre al Corriere della Sera del presidente del Consiglio. Incrocia e otterrai il tratto nitido della parentesi e, dentro la parentesi, la figura chiara di chi si rilassa perché ha evitato di finire in una pozzanghera mentre intorno c’è l’alluvione. Il primo articolo di fondo, quello sul Corriere della Sera, ha per titolo: “Il precipizio è ancora lì”. Il secondo articolo, quello sul Sole 24 ore, ha per titolo: “La lezione della crisi non è stata capita”. Chiaro, chiarissimo: i due autori, Dario Di Vico e Carlo Bastasin, sembrano essersi dati appuntamento al medesimo incrocio, quello del rilassamento prematuro e pericoloso, del sistema Italia e del comparto Europa. E la parentesi? La parola e il concetto sono entrambi di Mario Monti, sotto forma retorica di pericolo ed equivoco, ma la “parentesi” è proprio lui, Monti e il suo governo. E Monti racconta il timore, lui dice “il dubbio”, che il resto del mondo ha: che, dopo la parentesi, l’Italia torni quella di prima.

Il premier scrive al Corriere della Sera per spiegare cosa e come sta facendo nella sua missione in Oriente, per specificare e chiarire affermazioni da lui fatte e secondo lui male interpretate in Italia, vuol rassicurare e sopire Parlamento e partiti. Però nel farlo racconta che la maggior preoccupazione dei mercati, dei governi e dei possibili investitori stranieri, è che dopo Monti tutto torni come prima. “Il forte dubbio discende dalla percezione, è il dubbio che il nuovo corso possa essere abbandonato quando, dopo le elezioni, torneranno governi politici. Finché la percezione errata e il dubbio non verranno dissipati, la fase attuale verrà considerata come una parentesi, degna forse di qualche investimento finanziario a breve termine. Ma le imprese straniere, come del resto quelle italiane, saranno riluttanti a considerare l’Italia un luogo conveniente nel quale investire e creare occupazione”. Messaggio chiaro e per nulla morbido a partiti, sindacati e Parlamento: se vi comportate, se gridate in tv e in piazza che io sono una “parentesi”, allora nessuno si fiderà di voi e dell’Italia a voi riconsegnata al massimo tra un anno.

Le cronache, gli scioperi annunciati, i “non possumus” dei partiti fanno apparire le parole del premier una via di mezzo tra un auspicio e una raccomandazione. In realtà sono un allarme, almeno il terzo della serie da quando Monti è in Asia. Impressione solo di Monti, lettura solo “pro domo sua”? Sono bastati pochi giorni di spread meno ampi e l’approssimarsi delle amministrative a far tornare i partiti ad indossare le loro vecchie vesti, come rileva Dario Di Vico sempre sul Corriere. “Ci consideravamo in  salvo e invece non lo siamo affatto. In estrema sintesi è questo quanto sta accadendo sui mercati finanziari…la cruda verità: siamo ancora malati. E quel che è più grave siamo ricaduti nei vecchi errori…abbiamo rimontato il vecchio teatrino…il giudizio delle forze politiche si è fatto irridente nei confronti dei mercati…il dibattito sulla riforma del lavoro si è fatto rissoso…si è ricreata nei partiti e nelle forze sociali la sindrome del liberi tutti, l’interesse generale è sparito dal monitor, la responsabilità è stata messa da parte e la rimozione è stata giustificata con l’imminenza delle amministrative in una manciata di città…”. Dentro la “parentesi” dunque si è già riformato il vecchio e solito “teatrino”.

Questo in Italia, fosse solo l’Italia… si potrebbe dire mal comune mezzo gaudio ma non è affatto vero in questo caso. Anche fuori dai nostri confini nazionali è stato sufficiente un leggero ridimensionamento della crisi, o meglio una sensazione di ridimensionamento, a far diventare meno severi i vari governi nazionali, come spiega Carlo Bastasin sul Sole 24 Ore. “Da quando la Bce ha un po’ nsedato i mercati con le iniezioni di liquidità, nell’area euro è subentrato un pericoloso autocompiacimento da parte di governi e Parlamenti. Il giorno dopo l’approvazione del nuovo trattato fiscale europeo Spagna e Olanda hanno tentato di rinnegare i propri impegni di bilancio. La Grecia ha chiesto di allentare il morso della troika in vista delle elezioni e ha cambiato il calendario delle privatizzazioni. In Italia il Parlamento ha rallentato il treno delle riforme…”.

Scrive ancora Monti: “Se da qualche mese l’Italia ha imboccato risolutamente la via delle riforme, lo si deve in parte al governo, ma in larga parte al senso di responsabilità delle forze politiche che, pure caratterizzate da forti divergenze programmatiche, hanno saputo dare priorità, in una fase di emergenza, all’interesse generale del Paese. E lo si deve anche alla grande maturità degli italiani, che hanno mostrato di comprendere che vale la pena di sopportare sacrifici rilevanti, purché distribuiti con equità, per evitare il declino dell’Italia o, peggio, una sorte simile a quella della Grecia”. Ma avverte che tutto è ancora in bilico, niente è ancora solido.

Giustizia, tema su cui il Pdl non è disposto a cedere di un millimetro. Mercato del lavoro su cui Bersani non molla. Pensioni, su cui i sindacati scioperano uniti. Rai, eterno campo di battaglia. Recessione e credit crunch. Eppur si torna a “montare il vecchio teatrino”, prima che la crisi sia passata davvero. Diventano comprensibili le preoccupazioni degli investitori e dei governi stranieri, così come diventa una speranza quella che, per usare le parole del premier, anche i partiti prendano atto che “gli italiani sono più consapevoli di quanto si ritenesse, sono pronti a esprimere consenso a chi si sforza di spiegare la reale situazione del Paese e chieda loro di contribuire a migliorarla”. Una percezione anche questa, e tutta da verificare, da parte di Monti.

Magra consolazione, ma una volta tanto non sono molti in Europa quelli che possono bacchettarci e darci lezioni su questo punto.  Spagna e Olanda e Grecia. E si potrebbe poi citare anche la Francia, con il candidato premier Hollande, che ha sua volta, se eletto, vorrebbe rivedere il trattato appena siglato. Intenzione condivisa anche dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani che, mentre appoggia il governo Monti che il trattato ha firmato, lo critica ritenendolo ingiusto.

Rimanendo in Europa il premier ha bussato anche alla Merkel per ottenere investimenti tedeschi, ma la cancelliera ha preteso in cambio che si faccia qualcosa per la corruzione dilagante che caratterizza la nostra economia. Cicchitto, appena l’ha saputo, ha telefonato a Monti per dirgli di non muovere un passo senza prima aver compulsato Ghedini. Sembra proprio una “parentesi” che si fa sempre più stretta. E, man mano che la parentesi si restringe, il “teatrino” si rilassa.  Così la raccontano i giornali e una volta tanto non arricchiscono di colore la realtà. Non fatemi essere una parentesi manda a dire il premier, sembra una preghiera, non lo è.