Anatomia di un omicidio: chi ha decapitato Albano Crocco non aveva premeditato…il criminologo Lavorino spiega

di Carmelo Lavorino
Pubblicato il 2 Novembre 2016 - 08:36 OLTRE 6 MESI FA
Anatomia di un omicidio: chi ha decapitato Albano Crocco non aveva premeditato...il criminologo Lavorino spiega

Anatomia di un omicidio: chi ha decapitato Albano Crocco (nella foto) non aveva premeditato…il criminologo Lavorino spiega

Albano Crocco, l’ assassino confessa, è il nipote, Claudio Borgarelli: hanno litigato, lo zio gli ha sputato addosso, lui gli ha sparato, poi gli ha tagliato la testa, l’ha messa in un sacco e l’ha buttata. Risolto il giallo di Lumarzo (Genova).

LO AVEVAMO DETTO CHE NON POTEVA ESSERE OMICIDIO PREMEDITATO E CHE IL NIPOTE COINCIDEVA COL NOSTRO CRIMINAL PROFILE.
IL NIPOTE DI ALBANO CROCCO CONFESSA: “L’HO UCCISO PERCHÉ MI HA SPUTATO ADDOSSO. HO PERSO IL CONTROLLO, NON CI HO VISTO PIÙ E HO SPARATO, IL RESTO È VENUTO DA SOLO”.

“L’assassino di Albano Crocco è un soggetto spietato, primitivo e crudele, attrezzato con fucile ed arma di decapitazione – attenzione, non pensiamo solo all’arma tipo machete, può essere una mannaia, un coltello, una katana o similari perché potremmo depistarci – , è un soggetto conoscitore del territorio, non anziano, forte fisicamente, destrimane, scattante, determinato e motivato. Un soggetto esperto di caccia, nell’uso del fucile e dell’arma bianca da taglio, conoscitore del territorio e dell’ambiente.

“È un soggetto rabbioso, che ha voluto/dovuto firmare l’omicidio con la decapitazione della vittima e lo sbarazzamento del corpo tramite precipitazione in un burrone (sicurezza di sé, autoaffermazione e disprezzo verso la vittima). Un soggetto in preda a una vendetta ossessiva compulsiva, un soggetto parzialmente organizzato, rituale e ossessionato, che aggredisce, ferisce, decapita, uccide, trascina il corpo per  buttarlo via come eliminazione della zavorra, che porta via la testa come trofeo, che lascia un messaggio di morte, di terrore e di mistero.

“Il modus operandi del killer presenta tratti professionali e tratti impetuosi. Tratti professionali in quanto il killer era attrezzato logisticamente per la disattivazione della vittima tramite il fucile, per la sua decapitazione e per il trasporto, tratti d’impeto perché ha lasciato tracce biologiche e papillari di sé, tracce del tipo psicologico quali vendetta, odio traboccante, rabbia esplosa, fortissima motivazione del tipo personale”.

La criminologia investigativa è una disciplina seria e complessa. Lo avevamo detto: non poteva trattarsi d’omicidio premeditato specialmente di una vittima specifica e mirata, bensì un omicidio del tipo situazionale d’impeto legato a vecchi rancori mai sopiti: una situazione criminogena pronta ad esplodere alla prima scintilla!
Il nipote della vittima non poteva avere pianificato il delitto a pochi metri da casa sua con evidenza delle proprie possibilità e opportunità esecutive, della propria presenza sui luoghi e col chiaro movente di vecchi rancori: nel suo caso poteva trattarsi solo di omicidio in un contesto di litigio con perdita del controllo: scontro emozionale e stato psichico di violenza.
Troppe tracce visive, biologiche e comportamentali lasciate sulla scena e sul cadavere, a riprova della NON PREMEDITAZIONE MA DELLA CIRCOSTANZIALITA’!
Il profilo criminale del soggetto ignoto che avevamo tracciato coincide (e viceversa) con quello del nipote: soggetto ignoto giovane, territoriale, forte fisicamente e motivato, padrone dell’uso delle armu, sicuramente determinato da un crollo psicotico.