Aveva ragione Fanfani, ma il popolo voleva il divorzio

di Antonio Del Giudice
Pubblicato il 14 Maggio 2014 - 15:33 OLTRE 6 MESI FA
Aveva ragione Fanfani, ma il popolo voleva il divorzio

Amintore Fanfani (LaPresse)

ROMA – Il divorzio in Italia ha 40 anni, se facciamo il conto dal referendum che confermò la legge Fortuna-Baslini approvata dal Parlamento. Più della metà degli italiani non era ancora nata a quel tempo e col divorzio ci convive dalla culla. Non ha la più pallida idea che 50 anni fa si andava in galera per adulterio e che il potere di sciogliere i matrimoni era saldamente in mano ai tribunali ecclesiastici. Parliamo della preistoria dietro l’angolo.

In questi giorni, i giornali si esercitano molto sulla celebrazione del quarantesimo. I celebranti sono equamente divisi tra i trionfalisti del civile progresso e i catastrofisti dell’incivile regresso. Come allora si divisero anche le famiglie. Mio padre, che era stato un fiero fascista, era assolutamente contro il divorzio. Mia madre, che era una fervente cattolica, fu favorevole e spiegò a noi ragazzi che il divorzio non era un obbligo, era un diritto e una strada dolorosa per chi non avesse avuto altra scelta per venire fuori da un matrimonio sbagliato.

Oggi, a 40 anni di distanza, la lezione può essere riletta con calma. Mio padre aveva torto a credere all’Amintore Fanfani che preconizzava corna e fughe delle mogli. Mia madre era stata troppo ottimista sull’uso che del divorzio avremmo fatto. Lo abbiamo usato con troppa leggerezza, lo abbiamo scambiato per un cerotto e invece era un intervento chirurgico con annesse cicatrici. Questo dal punto di vista delle persone.

Dal punto di vista sociale, è evidente che la famiglia, millenario elemento di stabilità, ha perso il suo ruolo centrale. Amintore Fanfani ha avuto ragione nel preconizzare, dal suo punto di vista, la catastrofe (aborto, unioni omosessuali) ma oggi non serve riprendere quelle profezie senza spiegarle. E qualche spiegazione ci sarebbe pure. La più importante, in quegli, è l’irrilevanza in Europa della tradizione cattolico-cristiana, così come si era venuta cristallizzando dal Medioevo. Irrilevanza oggi in cima ai pensieri di papa Francesco.

L’indissolubilità del matrimonio, infatti, è un pilastro del cattolicesimo. Pilastro sconosciuto all’ebraismo, che prevedeva ripudio della donna e divorzio; e abbandonato poi dalle varie forme di protestantesimo. Se il divorzio arriva in Italia solo negli anni Settanta è proprio sull’onda della rivolta generazionale, del rifiuto della religione e dell’omologazione alla modernità del resto del mondo. Oggi siamo, né più né meno, come americani, inglesi, francesi, tedeschi eccetera. Siamo cioè omologati ai modelli di economia e di società che ci hanno convinti della loro bontà, nel bene e nel male.

È andata così perché così abbiamo voluto. La descrizione di Marco Pannella come uomo solo al comando è vera, se si pensa che i cattolici erano contrari e i comunisti pure. Ma quella descrizione deve tener conto che il popolo era pronto alla novità.

È stato un bene o è stato un male? Un bene per chi ha deciso di divorziare piuttosto che avvelenare il marito. Un male per chi ha divorziato per avere amante senza complicazioni quotidiane. Poi c’è chi con il divorzio s’è sistemato per il resto dei suoi giorni e chi è costretto a elemosinare un pasto alla Caritas. Potevamo evitarcelo solo a patto di restare fuori dal mondo che tanto ci piace. Sarebbe stato possibile?