Di Maio come Fanfani contro Repubblica. Turani: “Quel giorno che Carniti…”

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 8 Ottobre 2018 - 12:19 OLTRE 6 MESI FA
Luigi Di Maio come Fanfani contro Repubblica. Turani: "Quel giorno che Carniti..."

Di Maio come Fanfani contro Repubblica. Turani: “Quel giorno che Carniti…” (foto Ansa)

ROMA – Giuseppe Turani ha scritto questo articolo anche per Uomini & Business, con il titolo “Prima di Di Maio, Fanfani…”

Ciò che stupisce in Di Maio è la sua capacità di spiegare ciò che non ha capito e che probabilmente non capirà mai. Naviga imperterrito in mari ignoti, solca onde mai viste, tipo il primo giorno dopo le elezioni europee cambierà tutto. Mica vero: se ha la maggioranza assoluta del parlamento europeo (cosa un po’ difficile) nomina il presidente della Commissione, se non ce l’ha si attacca al tram. E si acconcia a trattare con gli altri, magari per mesi.

Ma, nel frattempo, è partito lancia in resta contro i giornali, e in particolare contro l’Espresso, minacciando sa il cielo quali ritorsioni.

C’è un precedente, e risale addirittura al 1973. A quell’epoca il segretario della Dc, Amintore Fanfani, era irritatissimo contro il giornale di via Po. Chiese quindi agli Agnelli di comperarlo (il proprietario era il principe Caracciolo, cognato dell’Avvocato) e di normalizzarlo. E in effetti dalla Fiat arrivò un’offerta, anche molto generosa (“Dategli quello che vogliono”, aveva tuonato Fanfani).

Ma l’Espresso non aveva voglia di farsi comprare e normalizzare. Furono allertati i non molti amici politici di cui il giornale disponeva e, soprattutto i sindacati. Non fu un gran fatica, la sede della Cisl, di cui era segretario Pierre Carniti, stava sull’altro marciapiede di via Po. Fu sufficiente attraversare la strada.

Il colloquio con Pierre richiese il tempo di un caffè: “Voi dell’Espresso non siete stati sempre nostri amici, però la vostra storia è parte della storia democratica di questo paese. Questa idea di Fanfani è sbagliatissima. Chiamo la Fiat e gli dico che devono fermarsi, non tollereremo, credo che Cgil, e Uil saranno d’accordo con me”.

Un paio di telefonate e il potente segretario della Dc dovette fare retromarcia. E l’Espresso, da cui poi nacque Repubblica, continuò la sua esistenza.

Adesso Di Maio, con 50 anni di ritardo ci riprova. Quando imparerà che deve lasciare stare i giornali? Il primo gesto antidemocratico di un governante è mettere le briglie alla stampa.

Vuole passare alla storia come il secondo, dopo Fanfani, che si è fatto battere da un giornale?