Grillopoli apre una nuova fase, il reddito di cittadinanza? Un’altra volta

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 21 Novembre 2016 - 11:59 OLTRE 6 MESI FA
 il reddito di cittadinanza? Un'altra volta

Grillopoli apre una nuova fase, il reddito di cittadinanza? Un’altra volta, profetizza Giuseppe Turani (nella foto)

Grillopoli apre una nuova fase, mentre Appendino e Raggi fanno sciogliere Torino e Roma. Il reddito di cittadinanza? Un’altra volta. Giuseppe Turani constata il naufragio del Movimento 5 syelle di Beppe Grillo, in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business. Quando si deve passare dalle promesse ai fatti, onesti e capaci non sono tutti da una parte sola…

Beppe Grillo non mi sta certo simpatico e penso che abbia fatto, e faccia, danni quasi irreversibili alla politica italiana. Però credo di potergli dare un sommesso consiglio: faccia un passo indietro, o di lato, prima di finire in guai seri. Le avvisaglie arrivano da Palermo, ma non solo.

Nel capoluogo siciliano si è verificato il misfatto a tutti noto: un certo numero di “meravigliosi ragazzi” (come lui si ostina a chiamarli) ha fatto pasticci incredibili. Ha copiato, anche se in circostanze non ancora del tutto chiare (la magistratura è al lavoro) un migliaio di firme.

Per presentare la loro lista avevano bisogno, come tutti sanno, di un certo numero di firme di cittadini regolarmente elettori. Le firme, inoltre, devono essere autenticate da un notaio o da un pubblico ufficiale. Le firme, da quel che si è capito, i grillini le avevano raccolte, forse, ma su un modulo sbagliato.

Poiché il tempo stava per scadere e non si riusciva a raccoglierle una seconda volta, un gruppo di volonterosi ha preso una decisione eroica e fatale: ricopiamo le firme su un modulo giusto. In fondo, sono appena un migliaio. E si sono messi al lavoro. Più di mille firme false. Fatte cioè non dai titolari, ma da qualche bravo ragazzo (o ragazza) di Grillo. E ancora non è chiaro come siano riusciti poi a ottenere una certificazione di idoneità per quelle firme false. Forse è falsa anche quella. Non si sa. La giustificazione che i “copiatori” portano è che loro le firme le avevano, ma su un foglio sbagliato: le hanno solo ricopiate, ma in origine erano vere.

Peccato che le norme in materia siano molto rigorose: la firma deve essere autografa e qualcuno (che ne abbia i requisiti) deve certificare che la firma è proprio del signore o della signora che sta firmando, vanno registrati anche gli estremi del documento che attesta l’identità del soggetto. E poi vanno forniti i certificati elettorali.

Il pasticcio è ancora lontano dall’essere sbrogliato, ma le conseguenze ci sono già. Le “comunarie”, che dovevano servire per indicare il candidato sindaco, sono ormai congelate da un paio di mesi: Grillo stesso non si fida più dei suoi meravigliosi ragazzi. Fra quelli coinvolti in questa faccenda ci sono consiglieri regionale e anche deputati nazionali del Movimento. Tutti fermi, allora, finché le cose non saranno state chiarite.

Ma, e da qui parte l’avvertimento per il comico genovese, qualcuno degli indagati, interrogato in Procura, comincia a dire che Grillo era stato informato, quale garante nazionale del Movimento. Lui nega, ma loro insistono. Non si può escludere che anche lui venga invitato in Procura a fornire spiegazioni ai giudici.

La pretesa di essere il controllore unico e mondiale del Movimento comincia cioè a mostrare la corda: si tratta di un lavoro materialmente impossibile. Grillo non può controllare che cosa fanno centinaia di militanti in decine e decine di città. Prima o poi incapperà (se già non è incappato) in qualche incidente.

Anche fra i meravigliosi ragazzi a volte si nasconde qualche mela marcia. Facile per tutti, buoni e cattivi, dire che quello che non va è colpa di Grillo: fra le centinaia di telefonate al giorno che deve smistare come fa a ricordarsi quel che ha detto e quello che gli hanno detto? Un caos.

La sua megalomania, in sostanza, rischia di portarlo prima o poi sul banco degli accusati, anche inconsapevolmente. Il caso di Palermo è solo una butta avvisaglia.

Ma poi c’è anche la sostanza delle cose. In estate grande trionfo per la conquista dei sindaci di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino. Come al solito: cambieremo le città, taglieremo le mani ai poteri forti, alle mafie e altre stupidaggini del repertorio, starete tutti benissimo.

Solo che a Roma la giunta Raggi ha imbarcato personaggi che persino Alemanno probabilmente avrebbe lasciato a terra. Loro, invece, li hanno presi, con stipendi di centinaia di migliaia di euro. Li hanno presi perché non avevano nessun altro. Sono esplosi di colpo e non avevano gente preparata, così sono andati a pescare, diciamo, nei lasciti delle giunte precedenti.

Inoltre, al di là di qualche proclama, non hanno ancora combinato niente. Non solo non riescono a disegnare il futuro di Roma: nemmeno riescono a portare via la monnezza. Molte chiacchiere e zero fatti. Hanno bocciato anche le Olimpiadi (solo perché Grillo è contrario a queste cose, poco sobrie). Il risultato è che metà degli elettori del Movimento ne ha già piene le scatole di Virginia Raggi e del suo perenne girare a vuoto. Difficilmente oggi sarebbe rieletta, e non sono passati nemmeno sei mesi. Se va avanti così, i romani la rincorreranno con le padelle in mano e i campanacci.

In queste condizioni Roma rischia di essere non il fiore all’occhiello del Movimento grillino, ma la sua tomba. Quando tutto precipiterà (nel giro di qualche settimana, c’è da presentare il bilancio) è ovvio che i “locali” mica possono dire che sono stati degli incapaci: scaricheranno tutto su Grillo. Lui ci ha proibito, lui ci ha detto, lui ci ha imposto.

A Torino non va meglio. Chiara Appendino, finora, ha fatto tutti i disastri che poteva fare: dalla città è scappato quasi di tutto. Via le grandi mostre, via il salone del libro, via il festival del cioccolato. Non ci sono sondaggi freschi, ma anche l’Appendino non è più tanto nel cuore dei suoi concittadini. Vivevano in una bella metropoli europea, piena di cultura, stanno piombando in una specie di Berlino anni Cinquanta, con il cielo sempre grigio e dove non si sa che cosa fare perché tutto è stato proibito (forse anche i famosi bolliti, vanto della città).

E, al di sopra di tutti questi grandi e piccoli disastri, incombe una sorta di bomba nucleare. Il Movimento aveva fatto capire che le nuove amministrazioni avrebbero provveduto a istituire (finalmente) il famoso reddito di cittadinanza, cioè uno stipendio per tutti, a fronte del quale non era richiesto alcun lavoro. Una meraviglia.

Solo che tanto Roma quanto Torino non hanno un soldo, invece di distribuire stipendi anche a quelli che stanno al bar a giocare a biliardo, chiudono asili e servizi per i disabili.

Insomma, le città meravigliose dei ragazzi meravigliosi si stanno rivelando, giorno dopo giorno, due incubi.

E il colpevole è uno solo: Grillo, il comico genovese, padre e gestore di questo immenso pasticcio, con le sue squadre di dilettanti, incapaci a tutto.