Le scorie nucleari di oggi ipotecano i prossimi 100.000 anni del mondo

di Fedora Quattrocchi
Pubblicato il 5 Febbraio 2010 - 11:58| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

L’ambizione della industria nucleare è raddoppiare la capacità nucleare da qui al 2030 (vedi anche sorgente dati: www.olkiluoto.info). La IEA (International Energy Agency) e l’IPCC (Intergovernmental Panel of Climate Change) includono questa opzione, accanto alle tecnologie CCS (CO2 Capture & Storage), le “rinnovabili” ed l’aumento di “efficienza energetica”, per risolvere i noti problemi energetico ambientali, in primis i cambiamenti climatici, siano essi dovuti all’uomo o no, e esaurimento geologico delle riserve energetiche.

Ci sono alcuni aspetti critici. primo fra tutti la capacità dell’industria privata di costruire in fretta nuovi reattori. La capacità nucleare del mondo è stata realizzata in prevalenza tra gli anni ’70 ed ’80. Le centrali attive sono principalmente di seconda generazione, quando non di prima generazione. Le centrali sono state progettate per sopravvivere per meno di 40 anni, ma molte sono state certificate per estensioni di vita maggiori. In ogni caso, quasi la metà della attuale capacità nucleare mondiale è probabile che venga dimessa entro il 2030. Negli anni a venire, nel decennio 2020, circa 10-20 centrali nucleari saranno mese fuori produzione ogni anno.

In anni recenti, una media di 2 reattori nucleari sono stati messi in costruzione ogni anno. La sfida di raddoppiare la capacità di produzione elettrica nucleare è persa in partenza: da qui al 2020 dovrebbe essere stato commissionato un reattore alla settimana, non al semestre. Devono essere superati severi “colli di bottiglia”, per esempio vi è solo una o al massimo due compagnie private al mondo capaci di costruire involucri “a pressione” per reattori nucleari.

Si consideri poi la necessità di scegliere e selezionare un numero molto maggiore dell’attuale di siti geologici per scorie nucleari ad elevata e lunga attività (lo sanno all’Enea?), presumibilmente a “cubi di 20 metri x 20 metri di argilla, per ciascun paese nucleare, che devono essere totalmente “asciutti” ed “immobili”, per circa centomila anni, nonché “fissi” ad una profondità di circa 500 m o più, ma non di meno, per non collidere con falde acquifere delle prossime ere geologiche.

Si tratta di una scelta che, si tenga sempre presente, noi facciamo ora per avere 50-100 anni di energia nucleare con le attuali tecnologie di III generazione e con le attuali riserve geologiche/recicling di Uranio,  che impegna però i prossimi 100.000 anni, nel controllo del sottosuolo, sempre che non siano intervenute nuove forze geodinamiche. Esse sono attualmente prevedibili con “accademica certezza” solo entro le prime decine di migliaia di anni. Cosa avremmo pensato oggi degli antichi romani se, per 50 anni di era nucleare sotto Augusto imperatore, noi oggi dovessimo sobbarcarci le scorie nucleari ad alta attività di quel periodo “di allori energetici”?

Fedora Quattrocchi

La quantità di rifiuti radioattivi ad alta attività (High Level Nuclear Wastes – HLW) che il Pianeta si impegna a produrre, assumendo che tutti i reattori operino fino alla fine dei loro tempi di vita previsti, dovrebbe essere circa triplicata. Nello scenario che IEA 2008 ha fatto sul  raddoppio della capacità nucleare, due terzi della capacità netta nucleare aggiunta lo sarebbe fuori dai paesi OECD. Il numero delle centrali nucleari nei paesi in via di sviluppo dovrebbe crescere di circa 5 volte. Molti di questi paesi sono di fatto soggetti, in maniera crescente ed in funzione dei cambiamenti climatici, a uragani, ed alcuni sono anche molto ai terremoti; i mezzi e la cultura di sicurezza sono spesso troppo scarsi ed in generale sono paesi a maggiore instabilità politica.

Per quanto riguarda la consapevolezza della sfida in gioco, in termini politici e sociali, si tenga presente che 100 anni di elettricità sulla Terra, ORA, richiedono altresì 100.000 anni di sicura pace sulla Terra stessa….nonché geologi, geochimici e geofisici molto motivati, preparati e moralmente ineccepibili per il monitoraggio ed il “non abbandono” dei siti di stoccaggio geologico nucleare, costruiti dai loro avi….

Sono tutte cose che dovrebbe garantire lo Stato, ma quale Stato ? Quello che sta privatizzando anche la Protezione Civile, le agenzie di ricerca, che toglie lavoro al controllo della Corte dei Conti e sfoltisce i concorsi pubblici basati sulle “peer review” scientifiche ? Il nucleare richiede anzitutto severità…. Tanta severità. Quella per capirci che un po’ c’era negli anni ‘50, quando gli ingegneri ed i geologi portavano ancora la cravatta.

Ma torniamo agli aspetti critici del nucleare

Quanto finora detto mette in luce il fatto che l’energia nucleare richiede una stabilità della società su lassi di tempo assurdamente lunghi, per tutte le nostre modellizzazioni stocastiche multidisciplinari finora immaginabili. L’industria nucleare, non scordiamoci, al momento attuale è come tutte le industrie: rette da stock options di visione al massimo ventennale.

L’industria nucleare parla con sicurezza di siti di stoccaggio di rifiuti nucleari che dovrebbero essere chiusi alla vista umana nei prossimi anni (sebbene ancora contenendo i rifiuti radioattivi di tipo HLW per 100.000 anni dopo averci dato solo 100 anni di energia elettrica pulita). E tutto questo avverrebbe senza il beneficio del dubbio ORA, di averci tolto denaro per ricerca del nucleare di IV, V e VI generazione compresa la fusione, a scorie nulle, CCS, sonde geotermiche a turbina elettriche vere e non intermittenti come le pale eoliche, etc…

I siti di stoccaggio geologico nucleare saranno chiusi “alla vista dei curiosi” in concomitanza di quando il combustibile nucleare basato sull’uranio sarà esausto nel suo complesso e quando non sarà più possibile energia elettrica prodotta da questa peculiare tecnologia nucleare, tra tutte quelle, ancora nucleari, possibili e “inventabili” da noi ricercatori. Ma questi siti geologici, se non presieduti da quegli “impeccabili incravattati” prima citati, potranno essere aperti in futuro da chicchessia. Possiamo noi, anche tra i più dotati di master e dottorati, onestamente dire di avere una idea di quello che accadrà sul pianeta da oggi ? Il film Avatar in questi casi può essere più istruttivo di 10 manuali di reservoir engineering. L’unica cosa certa che noi sappiamo e che ORA stiamo decidendo che rifiuti nucleari di lunga vita di “questa” tecnologia nucleare stanno per andare in giro per le strade del Pianeta.

E parallelamente, avremo chiuso anche i siti di stoccaggio geologico di CO2 per le imminenti centrali a carbone pulito o avremo ancora attivi stoccaggi i strategici di metano, da “centellinare” dopo il 2100, rispetto alla attuale era di suo uso per le centrali elettriche spesso italiane, come “caviale per i porci”, con avvio in era craxiana, usando una citazione di Scaroni.

E la sicurezza nucleare ? Richiede “un sistema paese”, del tipo quasi raggiunto in Francia, che comunque ha satelliti “africani” di appoggio, poche faglie sismogenetiche, e un esagerato top secret sull’argomento.

Dopo 50 anni di promesse di separare l’energia nucleare e le armi nucleari, il link è più forte di mai. Sempre più paesi ed organizzazioni, come mai prima di ora, hanno accesso ad armi nucleari: ora che, inoltre, l’ONU è progressivamente più debole e le multinazionali private più forti e che i grandi paesi democratici vivono parzialmente di fondi, denaro e capitali provenienti da paesi non democratici.

La Cina, il Sud Africa, il Pakistan e la Corea del Nord, hanno, uno dopo l’altro, acquisito un arma nucleare sotto l’aureola di programmi di energia nucleare, mentre nei primi 4 paesi nucleari l’energia nucleare è stato un prodotto secondario di programmi di armamento nucleare. L’Iran va avanti con la stessa logica e con i miei calcoli geochimici, a spanne siamo in quel paese con solo 9 anni di riserve “geologiche” di Uranio… il resto è da arricchire con centrifughe o marchingegni similari!

Non troppo tempo fa, Mohammed El Baradei, a capo della IAEA, ha affermato che la minaccia di una Guerra nucleare non è mai stata tanto grande come lo è ora: in aggiunta agli 8-9 stati con armi nucleari, 30-40 paesi sono capaci di costruire una bomba nucleare in un breve lasso di tempo. Questo creerebbe una dinamica totalmente nuova di potere, se si sviluppano poi nuove tensioni internazionali da qualche parte del mondo.

Un esperto nucleare finlandese, Tero Varjoranta, mette in guardia che è solo questione di tempo prima che terroristi possano gestire l’acquisto di una cosiddetta “bomba sporca” (dirty bomb) o una bomba nucleare vera e propria. Più reattori sono in costruzione o costruiti, più materiale nucleare è in circolazione ed è più probabile che falliscano i controlli.

Il contrabbando di materiali radioattivi è in crescita. Durante il periodo 2002-2006 (dati finora disponibili), sono stati scoperti più di 300 tentativi di contrabbandare materiali utilizzabili per bombe sporche, molti dei quali in Europa. Il traffico è raddoppiato in confronto ai precedenti sette anni ed era cresciuto durante quel periodo.

In ogni caso, non è stato ancora citato il problema più importante: un problema geochimico. La natura ha voluto (e forse non a caso) che la percentuale dell’isotopo di Uranio 235 sia molto molto differente rispetto a quella dell’isotopo Uranio 238.

Questo si traduce nel fatto che il combustibile nucleare “geologico” è quasi completamente esaurito rispetto alle aspettative dell’industria fino al 2100: l’arricchimento dell’Uranio (aumento dell’isotopo fissile fino ad una certa percentuale di possibile innesco della reazione nucleare) è una tecnologia nucleare e richiede una ricerca di combustibile verso il nucleare di IV, V o VI generazione che sia.

Le riserve di Uranio stimate non sono note ufficialmente ed in modo inequivocabile  paese per paese, viceversa prolifera il “segreto” di Stato. Necessiterebbe invece un “governo mondiale” del combustibile nucleare con riserve certificate a controllo incrociato, anche perché gli arricchimenti di Uranio si trovano ad esempio lungo barriere geochimiche di ossido-riduzione e non più in roccia madre uranifera in rapido esaurimento. Ricordiamo che la natura vuole che il Pianeta con il numero di attuali centrali nucleari in funzione sia sufficiente solo per altri 50-80 anni di riserve uranifere o 25-40 anni se le centrali nucleari raddoppiano.

Solo procedure e tecnologie di arricchimento dell’Uranio (tutte militari) e solo la commercializzazione di generazioni di tecnologie nucleari superiori alla III a partire dal 2030, riciclando il loro stesso combustibile, possono modificare questo trend. Questa ultima IV generazione in studio contempla anche il drastico taglio dei rifiuti nucleari HLW che sarebbero altrimenti destinati ai siti di stoccaggio geologico (e qui gli addetti ai lavori ci vanno prudenti, nel timore di risvegliare il fantasma di Scansano Ionico, buon sito peraltro).

Al momento attuale solo il 60 % del consumo di combustibile nucleare proviene da riserve geologiche (es. miniere di uranio): il resto è di provenienza da bombe nucleari in smantellamento e, in minore misura, da riprocessamento di combustibile nucleare. La maggior parte di questo approviggionamento secondario è destinato ad esaurirsi, comportando che le miniere di uranio e di pari passo le strutture di arricchimento necessiterebbero di essere notevolmente espanse anche solo per mantenere l’attuale BAU (Business As Usual) nucleare. Ma quanto ne necessiterebbe per raddoppiare le centrali nucleari su scala mondiale, come desidererebbe l’industria nucleare ?

Lo stato dell’arte dell’approviggionamento nucleare è molto fragile e qualsiasi aumento della domanda industriale a noi geologi ed agli ingegneri nucleari, associata con una crescita dell’energia nucleare minaccia di esporre ulteriormente le deficienza dell’industria dell’approviggionanento.

Se la capacità nucleare viene raddoppiata, la velocità di espansione dovrà essere enorme: l’estrazione geologica e la capacità militare di arricchimento/reprocessing dovrebbero essere più che doppi alla fine del 2020 ed aumentata di 3-5 volte alla fine del 2030.

Questo vuol dire che nuove aree geologiche di estrazione di urenio dovrebbero essere ricercate ed aperte ogni anno e le più probabili attrezzature di arricchimento dell’uranio potrebbe essere necessario che siano costruite in nuovi paesi (non democratici, non sicuri), dando loro accesso ad armi nucleari.

I limiti geologici e di sicurezza della produzione di uranio sono dimostrati dal prezzo in crescita di circa 13 volte in un periodo di 4 anni (2003-2007).

La domanda di uranio è crescente e di conseguenza il riciclaggio su larga scala del combustibile spento inizierà globalmente. Il riciclaggio su larga scala sta divenendo sempre più attraente rispetto a prima. I rifiuti HLW saranno spediti in Europa per il riprocessamento (che di fatto comporta il riutilizzo parziale del combustibile esausto ad alta attività, diminuendo le quantità da destinare allo stoccaggio geologico profondo, ma comporta anche grandi spese di trasporti cargo in massima sicurezza).

Ma che vi è di male nel riprocessamento? Esso comporta la separazione del plutonio dai rifiuti radioattivi spenti di tipo HLW. Il plutonio è senza ombra di dubbio una delle sostanze più pericolose inventate da Madre Natura, per un motivo semplice: il piccolo peso associato a grande possibile di energia deflagrante. Pochi grammi possano bastare per bombe nucleari o per le cosiddette “radiactive dispersal devices”, di nuovo conosciute come “dirty bombs” da giovani generazioni crescenti di terroristi. Ci vogliono circa 3 giorni per una singola centrale nucleare per produrre –dopo riprocessamento del combustibile di tipo HLW- una quantità di plutonio necessaria per una bomba nucleare.

Una pesante dipendenza dal “riprocessamento” (tra l’altro via via più problematico in funzione della variazione del combustibile fossile proveniente dai nuovi reattori, progettati per irradiare di più il combustibile, producendo più sostanze rischiose) può portare ad un aumento esplosivo nella quantità di materiale nucleare utilizzabile in bombe. Si pensi che la quantità di plutonio necessaria a creare una catastrofe nucleare può “sparire e andare perduta” anche solo a causa di errori di misura.