Mubarak. L’ultimo colpo di coda del faraone con 7 vite

Licinio Germini
Pubblicato il 29 Novembre 2014 - 19:24 OLTRE 6 MESI FA
Hosni Mubarak

Hosni Mubarak

EGITTO, IL CAIRO – Poco più di due anni fa – poco dopo la condanna all’ergastolo – qualcuno lo dava in coma e “clinicamente morto”. Oggi l’Egitto lo ha visto assaporare la sua maggiore vittoria giudiziaria, il proscioglimento dal reato più grave: la responsabilità nella morte di 239 manifestanti durante la rivolta del 2011, per la quale – secondo la Corte d’assise – non doveva nemmeno essere processato.

Se per l’ex rais quel lontano gennaio 2011 – la “rivoluzione di Piazza Tahir” che lo spinse alle dimissioni – sembrava essere la fine degli onori di una lunga vita pubblica e l’inizio di una sicura penitenza giudiziaria, nemmeno quattro anni dopo il suo destino si è nuovamente rovesciato.

Quell’ergastolo per le centinaia di ‘martiri’ caduti nella repressione a Tahrir è stato prima annullato nell’agosto 2013 dalla Cassazione, che aveva disposto un nuovo processo, e ora superato dal proscioglimento. Un esito che l’ex presidente, 86 anni, sembrava oggi quasi pregustare in aula, dopo il trasporto dall’ospedale militare di Maadi dove sta scontando un’altra condanna. Nella gabbia degli imputati, non sembrava sofferente e alla notizia del proscioglimento sorrideva soddisfatto. Ancora una volta il faraone è riuscito a trionfare, di fronte ad un Paese che ha governato per 30 anni.

Nato il 4 maggio 1928 a Kafr El Meselha, villaggio nel Delta del Nilo, Hosni Mubarak si diploma a 21 anni all’Accademia militare, entra in Aeronautica e ne diventa comandante in capo, svolgendo un ruolo chiave nella guerra arabo-israeliana del Kippur del 1973. Nel 1975 il presidente Anwar Sadat ne fa il suo vice, e gli permette di avere un ruolo chiave nei negoziati che portaro agli accordi di Camp David del 1979 e alla pace con Israele. L’assassinio di Sadat il 6 ottobre 1981 lo porta alla presidenza, in cui viene rieletto per cinque mandati.

Solo per l’ultima elezione, nel 2005, la prima ufficialmente multipartitica, si presenta un candidato alternativo, Ayman Nour, che ottiene il 6% dei voti (a Mubarak va l’88%). Presidente anche del Partito nazionale democratico, Mubarak mantiene il potere in modo ferreo con leggi di emergenza, potenziando polizia e servizi segreti, stroncando la lotta a colpi di attentati dei gruppi integralisti islamici e incarcerando centinaia di esponenti dei Fratelli musulmani.

Sfuggito ad almeno cinque attentati – l’ultimo nel 2005 ad Addis Abeba – in politica estera, Mubarak riesce a riportare nel 1989 l’Egitto nella Lega araba, da dove era stato escluso dopo la pace con Israele, e ha tenuto il Paese saldamente ancorato all’Occidente, facendone un alleato-chiave degli Usa sia sul fronte mediorientale che nel contrasto alla marea montante dell’integralismo.

Nella prima Guerra del Golfo (1991) schiera l’Egitto nella coalizione contro l’Iraq di Saddam Hussein. Sposato con Suzanne Saleh Sabet, Mubarak ha due figli: Alaa, uomo d’affari, e Gamal – il suo successore mancato, anche loro assolti oggi, insieme al padre, da accuse per corruzione, sebbene restino in carcere per un’altra vicenda.