Grande guerra. Fucilati, non disertori. L’abbaglio del Corriere cent’anni dopo

di Lucio Fero
Pubblicato il 27 Maggio 2015 - 13:02 OLTRE 6 MESI FA
Grande guerra. Fucilati, non disertori. L'abbaglio del Corriere cent'anni dopo

Grande guerra. Fucilati, non disertori. L’abbaglio del Corriere cent’anni dopo (foto Ansa)

ROMA – Nella sua apprezzabile (di questi tempi) vigilanza attenta e assidua contro ogni cedimento e rilassatezza a irenismi pacifisti fuori dal mondo ma abbastanza di casa nella vita pubblica italiana, Angelo Panebianco è incorso in un classico eccesso di zelo. Sul Corriere della Sera e in prima pagina e nell’editoriale di giornata critica, ammonisce e boccia la scelta del Parlamento di chiedere pubbliche scuse a nome della Repubblica ai soldati italiani fucilati al fronte da soldati italiani.

Panebianco sostiene e scrive che così si mettono sullo stesso piano e si conferisce pari dignità sia a chi obbedì agli ordini e combatté, sia a chi non ubbidì e disertò. E questo, dice Panebianco e con lui il Corriere, proprio non va bene. Non va bene mettere tutti sullo stesso piano e fare una grande insalata/marmellata ideologica e culturale nella quale combattere ha lo stesso valore etico che disertare, anzi combattere in fondo è sempre sbagliato.

Avrebbe ragione Panebianco, avrebbe se le cose, oggi e cento anni, fossero come lui le descrive. Avrebbe ragione a denunciare i pericoli dell’insalatona pacifista nella quale il soldato che non spara è buono quanto, anzi di più, di quello che spara. Però oggi e cento anni fa va e andò diversamente da quanto Panebianco crede di sapere con certezza. E’ l’editorialista del Corriere a mettere impropriamente sullo stesso piano ciò che mescolabile confondibile e sovrapponibile non fu nella realtà. E cioè che i fucilati, si soldati italiani fucilati al fronte da plotoni di esecuzione italiani non furono nella stragrande maggioranza disertori.

Disertore chi segnala l’inutilità dell’attacco frontale a una postazione nemica ed essendo del posto indica la strada per un aggiramento? Eppure per questo furono fucilati soldati. Disertori quelli fucilati per decimazione, cioè per caso, scelti a caso uno ogni dieci. Scelti, mandati alla morte perché i Comandi volevano punire la scarsa “convinzione” nell’attacco alle mitragliatrici nemiche? Disertori quelli fucilati perché uno Stato Maggiore non sapeva giustificare altrimenti che con la propaganda dell’esercito codardo la propria arretratezza e incapacità strategica? Disertori quindi la gran parte dei soldati al fronte nei giorni di Caporetto?

I fucilati al fronte, italiani e non solo italiani, in gran parte non erano disertori. Per questo va chiesto loro scusa a nome della Repubblica. Che non sta riabilitando disertori, sta solo riconoscendo come andò una pagina della sua storia. Forse Panebianco penserà che un film come Orizzonti di Gloria dove l’esercito francese fucila i suoi soldati sia libera invenzione cinematografica. Nel caso ci sono documenti, atti, carte, storia studiata e acclarata. Sorprende che il Corriere della Sera, cento anni dopo, prenda ancora l’abbaglio, sia ancora vittima dell’abbaglio, della bugia per cui i fucilati erano disertori.