Pd, il lunedì dell’ “arma fine di Renzi”. Congresso stretto per non farlo leader

di Lucio Fero
Pubblicato il 14 Giugno 2013 - 16:01 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi

Matteo Renzi

ROMA – Lunedì 17, e già il numero non aiuta. Lunedì 17 il Pd di Guglielmo Epifani, insomma si fa per dire come ognun sa il Pd non è di nessuno, riunisce niente meno che la Commissione Congresso.  Bisogna decidere niente meno che farlo entro l’anno il Congresso del Pd, come già deciso, votato e deliberato dal Pd, vuol dire farlo entro l’anno. Cioè entro dicembre, magari non a Natale che non viene bene, magari un po’ prima. Occorre decidere, deliberare che gennaio e febbraio 2014 non sono “entro l’anno”. La Commissione Congresso saprà come fare, come applicare il calendario, magri sfogliandolo e arrendendosi alla sua ineluttabilità.

Poi bisogna decidere chi vota per chi. Già nel Pd il segretario finora è stato votato ed eletto con il metodo delle primarie. Qualcuno ha cominciato  dire che primarie sì, ma quelle per il segretario non valgono per il candidato premier alle elezioni politiche. Per il segretario del Pd devono poter votare, sostiene qualcuno indovina chi, solo gli iscritti al partito. Una simpatica novità rispetto al passato. Proposta al momento giusto, proprio quando gli iscritti si fa fatica a farli iscrivere. Una magnifica proposta che potrebbe ottenere il meraviglioso risultato di passare dai milioni che votarono per gli altri segretari e candidati premier a qualche, qualche centinaia di migliaia di aventi diritto al voto al prossimo giro.

E a chi è venuta questa magnifica idea? In primis a Pier Luigi Bersani ma mica solo a lui, altri puristi del partito concordano e concorrono. A che serve far votare solo gli iscritti? A evitare, cacciare, sterilizzare il voto  a favore di Matteo Renzi. Piano geniale quello di Bersani & co: tutti possono votare nelle primarie per il premier, ma il premier c’è già e si chiama Enrico Letta. Non tutti possono votare alle primarie per la segreteria del Pd e quindi Matteo Renzi resta senza l’uno e l’altro. Fregato! Quella di Bersani di “fregare” Renzi è ormai una personale ossessione in cui la politica si fonde con la psicologia.Ma quella di fare ogni cosa pur di evitare Renzi è sindrome politica e psicoanalitica diffusa nel Pd.

Sindrome alla quale si sono sottratti sia Walter Veltroni che massimo D’Alema, ciascuno a suo modo e ciascuno in modo diverso dall’altro. Ma entrambi consci e consapevoli dei fondamentali della politica, della logica e della ragione. Sindrome alla quale sta faticosamente tentando di sottrarsi Dario Franceschini. Sindrome alla quale cedono invece tutti i Bersani e tutti gli Stefano Fassina del Pd. Che stanno elaborando l’arma fine di Renzi: il Congresso lungo e orizzontale, cioè si eleggono pian piano i responsabili locali del partito senza discutere di nulla in realtà di politica ma solo resistrando i rapporti di forza interni. Così Renzi, anche dovesse diventar segretario, non potrebbe muovere foglia senza che il Pd non suo e mai suo non voglia. Gli affetti dalla sindrome, ultimo ma non ultimo Ugo Sposetti, si comportano come coloro che devono impedire che il parente acquisito metta mano sull’eredità e l’eredità un po’ la bruciano come i russi davanti a Napoleone e un po’ la occultano seppellendola in cantina.

Dunque “l’arma fine di Renzi”, come la grande atomica del dottor Stranamore, quella che cancellava il pianeta pur di non farlo finire in mano al nemico. Perché la grande minaccia che Renzi cala sul Pd è quella, inaudita, di portarlo al governo d solo e per via elettorale. Insopportabile, impensabile, tradimento puro.