Renzi papà: l’incoscienza civica. Grillo: “Giornali buttano Renzi nel cesso”

di Lucio Fero
Pubblicato il 6 Marzo 2017 - 10:44 OLTRE 6 MESI FA
Renzi papà: l'incoscienza civica. Grillo: "Giornali buttano Renzi nel cesso"

Renzi papà: l’incoscienza civica. Grillo: “Giornali buttano Renzi nel cesso” (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Renzi papà, Renzi Tiziano: un esempio, un campione di…incoscienza civica. Non è una piccola cosa quella che chiamiamo incoscienza civica, significa non avere senso della cosa pubblica, del proprio ruolo, del mondo in cui si vive. Significa essere inadeguato al compito di cittadino, compito esaltato dalla particolare circostanza di essere il padre del presidente del Consiglio in carica.

Dalle cronache, non contestate, si apprende che di tutto questo, dello standard di civismo cui avrebbe dovuto attenersi, è assolutamente e perfino inconsapevole. Fa il contrario di quel che farebbe chi avesse coscienza civica e neanche se ne accorge, insomma non ha alcun senso dello Stato e della cosa pubblica. Peraltro in sintonia piena con decine di milioni di suoi connazionali e questo rende Tiziano Renzi civicamente pessimo proprio perché così fan tutti.

Mettiamo che nella vicenda Consip non ci siano stati reati. O che se ci sono stati Tiziano Renzi ne sia fuori e all’oscuro. Mettiamo che Renzi papà sia innocente e che l’indagine almeno per lui si concluda con un’archiviazione. Mettiamo non ci sia per lui nessun processo, condanna, pena da scontare (né semplice né “doppia” se davvero colpevole come detto dal figlio in tv). Mettiamo che vada così, mettiamo sia innocente di tutto.

Tranne che di maleducazione civile, sfregio al pudore civico, danneggiamento colposo della cosa pubblica. Perché qui e adesso un padre di un presidente del Consiglio in carica, se è in grado di comprendere e se ha a cuore al cosa pubblica, smette, dismette i suoi affari anche se leciti e si limita a fare il nonno con i nipotini.

Un padre di un presidente del Consiglio in carica nell’Italia contemporanea sa che i suoi affari saranno setacciati, osservati, strumentalizzati, usati. Lo sa e per elementare e minimo calcolo se ne astiene. Se non lo fa, è socialmente molto ingenuo o molto incosciente.

Un padre di un presidente del Consiglio in carica in ogni epoca ed età non se ne va in giro a trattare affari, incontrare aspiranti clienti di suo figlio, tessere relazioni sociali. Un padre di un presidente del Consiglio in carica non tesse proprio nulla. Se ne sta a casa. Per prudenza, intelligenza, pudore, calcolo, opportunità, vantaggio. Non si mischia a nulla perché sa che mischiarsi a qualunque cosa è rischio e danno e sa anche che etica civile impone e consiglia al padre del capo del governo di non stare in mezzo a nulla.

Tiziano Renzi non ha capito, sembra non capire nulla di ciò che etica civile, prudenza, intelligenza, calcolo, opportunità e vantaggio gli imponevano e consigliavano. Sta sempre in mezzo a tante, troppe cose, dalle statue della Madonna da erigere fino ai consigli a chi fa impresa. Gli piace con tutta evidenza fare il prezzemolo su ogni minestra. E non capisce che avvelena la minestra di suo figlio. E non capisce qual è il suo posto.

Anche se alla fine nessun reato (cosa perfino non impossibile), anche se risultasse penalmente innocente, Tiziano Renzi ha mostrato come non si deve essere da cittadino. E ha mostrato purtroppo lo scarso spessore civico di una cultura anch’essa familistica. E ha mostrato anche la debolezza del figlio: come può piegare le corporazioni e zittire i tribuni uno che non riesce a dire al padre di stare al posto suo mentre lui è il capo del governo?

In questa storia ovviamente ci inzuppa il pane Beppe Grillo. Ci sta, è naturale lo faccia. Ci mette però una dose aggiuntiva perfino rispetto ai suoi standard di volgarità e violenza. Grillo si diverte a dipingere e diffondere l’immagine di Renzi figlio che “rottama” Renzi padre. Le vie dell’odio politico sono infinite e non hanno anch’esse nessun pudore e nessuna decenza civile.

Grillo però nell’impeto e nell’enfasi fa di più, si lascia sfuggire un brandello di verità. Ecco la frase esatta: “Renzi, uomo minuscolo che improvvisamente si accorge che i giornali non sono e non sono mai stati al suo servizio. Stampa senza morale e senza etica pronta a fare con lui quello che lui ha fatto a suo padre, buttarlo nel cesso”.

Dal che si apprende dalla viva voce di Grillo che la stampa ha “buttato nel cesso” Renzi e che la stampa “non è al servizio” di Renzi. Non male per un MoVimento in cui è religione e scienza insieme che la stampa sia tutta e sola al servizio del governo e che da tre anni la mena all’universo mondo su questo tasto.

Due parole infine sull’inchiesta Consip (per quel che se ne sa). Primo: c’è qualcuno che lavora soprattutto per fare titoli di giornali e telegiornali, qualcuno che passa le carte tanto sistematicamente da far pensare che questo sia l’impegno principale. Non è un’ipotesi, è un fatto. Che una Procura tolga l’inchiesta al Noe dei Carabinieri per darla al altri Carabinieri non è, a ben vedere, attacco all’Arma. E’ invece, per chi intende, l’indirizzo del dove e del perché escono i documenti, insomma l’altra Procura impegnata nel caso.

Secondo: per quel che se ne scrive e legge Romeo con l’arrivo del governo Renzi aveva perso in Consip agganci e referenti. E ne cercava altri di agganci e referenti perché col cambio di governo secondo lui ci aveva rimesso. Nella ricerca di agganci punta a Luca Lotti. Ma non c’è nessuna prova abbia mai raggiunto o agganciato Lotti. E punta anche a Tiziano Renzi, pagandolo per l’intercessione. Ma non ci sono prove di pagamenti. A meno di non considerare prove appunti strappati ribattezzati dalla stampa “pizzini” con sopra iniziali e poi un punto. In più il racconto “de relato”, cioè il racconto di un racconto, di incontri sospetti tra gli indagati.

Fosse tutto qui, ma è difficile credere sia davvero tutto qui, dopo l’eventuale rinvio a giudizio l’impianto accusatorio non reggerebbe in dibattimento. Ma ciò non toglie che Tiziano Renzi sia stato in incosciente civico, un pessimo esempio di civismo. E se ci fosse altro, se venissero fuori prove vere, se insomma ci fosse reato e colpevolezza? Allora una vertigine di fronte all’abisso di stupidità e miseria umana di chi avesse trafficato di pubblico denaro e il pubblico denaro scassinato usando come piede di porco il proprio cognome.