Sallusti no cella più uguale degli altri, e domiciliari zebrati stile Santanché

di Lucio Fero
Pubblicato il 27 Novembre 2012 - 14:16 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Alessandro Sallusti in cella non ci andrà, neanche, come ebbero a dire alcuni suoi non certo amici ed estimatori, “se bussasse al portone di San Vittore”. Non ci andrà perché il capo della Procura di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha deciso che un condannato con sentenza definitiva, anche se rifiuta le pene alternative al carcere, anche se non le chiede, può vedersele assegnate comunque. Per “svuotare le carceri” e perché il condannato Sallusti non c’è rischio che fugga…e le altre condizioni per non andare in cella. Non era mai successo che si fosse così attenti ad evitare la cella a un condannato, mai sono state concesse le misure alternative a chi non le ha chieste. Tutto nell’ambito della legge ma nel perimetro della legge Sallusti è più uguale degli altri.

Più uguale degli altri per tanti motivi, alcuni comprensibili, altri meno, molto meno. Si può comprendere Bruti Liberati che non vuole, quasi ad ogni costo non vuole, il “martirio” che lo stesso Sallusti ha scelto, disegnato per se stesso e già quasi messo in prima pagina del suo quotidiano “Il Giornale”. Si può comprendere un capo della Procura, una magistratura e in fondo anche un paese che prova imbarazzo se non vergogna a mettere in cella il direttore di un giornale. Meno, molto meno si può comprendere la confusione di parole e idee che continua a vorticare intorno a Sallusti.

Confusione: quello di Sallusti, quello per cui è stato condannato non è un reato di opinione. E l’articolo firmato Dreyfus, cioè Renato Farina, non conteneva un’opinione, conteneva un falso. Non era vero che quel magistrato di custodia avesse indotto una minorenne ad abortire. Stamparlo non è stata un’opinione, è stata una menzogna. Menzogna che “Il Giornale” non ha mai voluto ammettere come tale, sarebbe bastata una rettifica e Sallusti non sarebbe stato condannato. Condannato per diffamazione e non per opinione.

Confusione: quella della gente comune che certo è per la libertà d’opinione ma è molto meno certo che sia per l’impunibilità del giornalista a prescindere da quello che fa.

Confusione: perché Sallusti è vittima di una pessima legge antica che prevede il carcere per i giornalisti, ma non è certo per questo un eroe dell’informazione.

Confusione: perché il Parlamento italiano ha provato ad approfittare della scusa Sallusti per bastonare tutta l’informazione.

Confusione: perché con una rettifica Sallusti non veniva condannato. Ma troppo spesso le rettifiche e smentite i giornali, anche quando doverosamente le pubblicano, le accompagnano con commenti generici se non sprezzanti. E perché troppo spesso le rettifiche e le smentite inviate ai giornali non sono tali, sono comizi di parte a prescindere dai fatti.

Confusione: perché non è opinione e informazione l’abitudine invalsa e applaudita dalle rispettive “curve” di inventare, costruire sceneggiature verisimile talvolta neanche tanto e comunque non vere ma buone a tirar calci in faccia e letame in volto al “nemico”.

Confusione di un paese confuso e di una informazione che confonde. Da qui esce il Sallusti più uguale degli altri di cui non sai se più rassegnarti perché in fondo è meglio così o dolerti perché proprio giusto non è. Più uguale degli altri, anche nei domiciliari se mai Sallusti ci andasse per 14 mesi…

Per 14 mesi domiciliari stile Santanché. Già, perché il domicilio indicato da Sallusti come sua residenza niente altro è che casa di Daniela Santanché, a conferma di un sodalizio politico e umano. Quattro piani, 920 metri quadrati, piscina e fin qui niente da rilevare, avere i soldi non è peccato. Si apprende anche: piscina rivestita in madreperla, camera da letto con letto king size rivestito da coperta di lince, poltrone di coccodrillo australiano, tablet coffee rivestito di pelle di zebra…Stile Flavio Briatore dice qualcuno che la casa l’ha vista. Al resoconto sembra piuttosto puro stile Santanché, insomma il “cafonal” opulento ai suoi massimi livelli. Se i racconti di casa Santanché non mentono, la madreperla, la pelle di zebra, la coperta di lince, le poltrone di coccodrillo, l’abito fa il monaco, anzi la casa i suoi abitanti.