Terremoto: salvarsi la vita si può, ma chi paga? Quel palazzetto…

di Lucio Fero
Pubblicato il 26 Agosto 2016 - 11:21 OLTRE 6 MESI FA
Terremoto: salvarsi la vita si può, ma chi paga? Quel palazzetto...

Terremoto: salvarsi la vita si può, ma chi paga? Quel palazzetto… (nella foto Ansa, il palazzetto dello Sport di Amatrice)

ROMA -Terremoto, c’è una foto a corredo dell’articolo di Renato Pezzini sul Messaggero. La foto mostra il palazzetto dello sport di Amatrice. Gradinate, parterre: ovunque sfollati e soccorritori. Vetrate, archi di cemento, vasta semi cupola. Tutto in piedi, tutto non crollato. Allora si può fare, allora si può costruire in modo che non venga giù.

Terremoto, l’ultimo, ha ucciso circa trecento italiani. Più o meno altrettanti sono stati tirati vivi fuori dalle macerie. Quasi trecento i feriti: mille persone dunque travolte dai crolli. Ed erano paesini, frazioni, borghi. Il macello di umani sarebbe stato maggiore avesse il terremoto colpito centri abitati più grandi. Furono quasi tremila ad esempio i morti del terremoto dell’Irpinia nel 1980. E da allora è stato uno stillicidio di terremoti e vittime dei terremoti: l’Umbria, l’Aquila, l’Emilia.

Crolli, crolli di case, edifici, palazzi, costruzioni pubbliche e private. Per questi crolli si perde la vita o si resta feriti o si rimane sepolti. La gran parte di questi crolli non sono una maledizione divina. Possono, potrebbero essere evitati. Esistono le tecniche e le tecnologie per evitarli. I tenici li chiamano seismic retrofit, formula che contiene l’installazione di ammortizzatori nell’edificio, rinforzi in legno, eliminazione giunture rigide…Insomma si può fare, si può evitare il crollo. Il come è a portata di mano. Il profano che vuole oggi sapere basta vada sul web. L’ingegnere e l’architetto lo sanno bene.

Si può fare, la scienza e la tecnica ci sono. Mancano la voglia e l’intelligenza. Mancano a tutti, non ci sono buoni e innocenti in questa storia. Nessun governo da decenni e decenni se l’è mai sentita di dire ai cittadini elettori: dovete rendere sicura la vostra casa, dovete fare la verifica di vulnerabilità, dovete renderla (o costruirla davvero) che resista al terremoto. Nessun governo e nessuna forza politica ha mai avuto il coraggio di farlo, il coraggio e nemmeno l’intenzione. Nessuna, dalla vecchia Dc al nuovo M5S. Nessuna. Perché salvarsi la vita costruendo o riedificando sicuro costa. E nessun governo o forza politica se l’è mai sentita di dire ai cittadini elettori: meno soldi per pensioni o stipendi perché decine di miliardi devono andare a rifare case e palazzi e scuole e ospedali sicuri.

Nessun governo nazionale e quasi mai i governi locali. Vanno giù ai terremoti gli edifici pubblici, figurarsi le case private. Costa salvarsi la vita e elusa, drammaticamente elusa è la questione del chi paga, del chi dovrebbe pagare il costo di salvare le vite.

Per gli edifici pubblici la risposta è netta e chiara: dovrebbe pagare lo Stato. Spetta alla mano pubblica pagare il costo di edifici pubblici costruiti che stanno in piedi ai terremoti o ricostruiti che ai terremoti resistono. Ma lo Stato in Italia è tante cose e autorità. Sono i governi locali che stabiliscono i livelli di rischio sismico, sono i governi locali, i sindaci che ad esempio tengono la scuola nel vecchio edificio perché gli abitanti sono affezionati e non vogliono sia spostata fuori…

Comunque rispetto all’obbligo, al dovere di pagare la sicurezza degli edifici pubblici lo Stato italiano nelle sue articolazioni è largamente inadempiente, pachidermico, riluttante. E non è attenuante per la mano e il potere pubblici la circostanza indubbia per cui la pubblica opinione, la gente, l’elettorato non premia una spesa alta e lungimirante. Elettorato non premia chi spende per il domani e non per l’oggi. E’ così, ma piegarsi a questa regola è abdicare dal vero governare.

E le case private, gli edifici privati, chi paga? Dovrebbero essere appunto i privati. Ma ogni volta che si è accennato a forme di verifica preventiva (leggi libretto del fabbricato) è stata di fatto rivolta della pubblica opinione (indipendentemente dl fatto che il libretto di fabbricato minacciava essere solo timbro burocratico a pagamento). La gente non ci sta a pagarsi la sicurezza della casa per un danno, un terremoto che può venire o non venire, venire tra cinque o dieci anni o cinquanta. Tra cinque anni nella zona a fianco a dove oggi ha colpito il terremoto sarà difficile trovare un abitante disposto a spendere centinaia e migliaia di euro per rendere antisismica la sua casa.

Certo, lo Stato potrebbe aiutare con incentivi fiscali. Rimborsi delle spese per rendersi casa sicura come si fa per la ristrutturazione edilizia e l’efficienza energetica. Potrebbe farlo e già lo fa sia pure in percentuale ancora esigua. Rimborsa poco ma qualcosa rimborsa. Eppure pochissimi abitanti anche delle zone a rischio affrontano la spesa. Perché spesso la spesa è alta, insostenibile per redditi contenuti. Ma quasi sempre perché è un tipo di spesa considerata inutile.

Anzi, spesso i privati hanno fatto di peggio: le vecchie case in muratura venivano tenute in piedi anche con catene. Hanno tolto le catene per ragioni estetiche. Le vecchie case avevano tiranti e “morse” agli angoli. Sono stati tolti e sono state allargate le finestre. I tetti in legno sono diventati di cemento armato. E così la casa è diventata più vivibile e più vulnerabile al terremoto.

Dicono 100 miliardi per non morire più di crolli da terremoto. Chi li paga? Lo Stato certo per parte sua. Ma una fetta abbondante dovrebbe uscire di tasca nostra. Fino a che non ci sembrerà un affare salvarci la vita, fino a che non smetteremo di considerare inutile una spesa contro un dramma che forse arriva e forse no, al posto dei cento miliardi ci sono migliaia di morti. In fondo è una scelta.