Tunnel, Gelmini, neutrini: la scuola dell’ignoranza e propaganda

di Lucio Fero
Pubblicato il 26 Settembre 2011 - 16:21 OLTRE 6 MESI FA

ROMA- Il tunnel che non c’è, la Gelmini che non sa, i neutrini che non si sa… Tutto è stato scritto sul ministro, ogni sorriso e risata sono corsi sul web e sulla carta stampata. Ma c’è qualcosa ancora che nessuno ha detto, qualcosa che è più dolente, profondo e sconfortante della gaffe del ministro frettoloso che fece i comunicati stampa ciechi…Ed è quell’ufficio stampa del ministro Gelmini, ufficio di ignoranza e propaganda. Non a caso e non per caso ufficio di ignoranza e propaganda. Ufficio fatto di gente in carne e ossa, gente normale, normali lavoratori. Normalmente addetti all’ignoranza e propaganda. A questo addestrati e preparati. Non solo loro, sia chiaro. La “scuola” è comune, generalizzata e appunto normale. E questi sono i normali prodotti della “scuola”. Scuola di uffici stampa ma della comunicazione in genere. E, ancora più indietro e più al fondo, scuola tout-court, scuola in generale. E qui la Gelmini non c’entra, anche lei è una conseguenza e non una causa.

Dunque ci sono in quell’ufficio stampa, ma anche in tanti, tanti altri uffici stampa, persone presumibilmente dotate di diploma, laurea e forse anche master. E corredate di contratto probabilmente giornalistico con tanto di tessera professionale, esami superati, regolare iscrizione all’Ordine professionale. Gente che lavora e, più o meno, si suda la pagnotta. Come tutti gli altri che più o meno se la sudano nel mondo della comunicazione. Ma in tanti anni di studio e lavoro, a scuola, all’università o sul “campo”, in ufficio o in redazione, nessuno ha mai preteso da nessuno di loro che fosse applicato il principio di plausibilità prima di scrivere, pubblicare, diffondere. La domandina: ma ci può essere un tunnel di settecento e passa chilometri tra Ginevra e il Gran Sasso non è apparsa nelle menti di quell’ufficio stampa perché è domandona non prevista dal mansionario della comunicazione e del giornalismo. Non facciamoci illusioni: se il comunicato con il tunnel che non c’è avesse varcato le colonne d’Ercole del lancio di agenzia di stampa, il tunnel inesistente sarebbe apparso sulla bocca dei conduttori dei tg della sera e sulle pagine dei quotidiani del mattino dopo. La “scuola” insegna e comanda che tu comunicatore leggi, ripeti e diffondi. Domandarti non se è vero, ma soltanto se è plausibile, non è previsto. Anzi è malvisto, ingombra.

Di più, di suo quell’ufficio stampa, ma non solo quell’ufficio stampa, talvolta ci mette del suo: un’astuzia cui la comunicazione è addestrata. La “scuola” infatti premia e promuove la creatività di sostegno. Creatività e sostegno che nel caso in  specie hanno preso la forma di quei 45 milioni di euro con cui il tunnel è stato finanziato. La scuola infatti insegna ai migliori e stimola i migliori (migliori è detto purtroppo senza alcuna ironia) a ben confezionare. Confezionare non per l’utente ma per il committente. Nel caso dell’ufficio stampa della Gelmini il committente, talvolta perfino inconsapevole della committenza, era il ministro. Nel caso dei telegiornali Rai la committenza è la politica, cioè i partiti. Nel caso dei telegiornali Mediaset la committenza è l’azienda-governo e il governo-azienda. Nel caso della carta stampata la committenza è il superiore in gerarchia redazionale. Assolta al meglio la committenza, il resto non conta. La scuola non prevede, anzi sconsiglia il parametro della plausibilità.

Plausibilità che è cosa più semplice e molto meno ardua della competenza. Spesso la comunicazione si ripara dietro l’alibi della impossibile competenza su tutto lo scibile umano. Vero, ma la plausibilità dovrebbe essere, oltre che molto meno faticosa e più diffusa, obbligatoria e quasi automatica. Così non è. Ma non illudiamoci sia un vizio della comunicazione istituzionale. Sul democratico web la plausibilità è clandestina e bandita, anzi cacciata da cacciatori professionali e abituali fino all’esaurimento della specie. Sul web letteralmente ognuno apre la bocca e gli dà fiato. E questo non sarebbe certo né peccato né vizio. Peccato e vizio è il trasformare sistematicamente il proprio “fiato” in verità. Anzi, meglio e peggio, in verità vera altrimenti nascosta. E non è colpa del web che, come ogni arma, non spara da sola. Dipende da chi la impugna. E chi impugna oggi un ufficio stampa, un luogo di comunicazione, un segmento della rete è quasi sempre disciplinato alunno di una scuola: quella che insegna che il congruo, il plausibile, il documentato è fuori dai programmi d’insegnamento e dal mansionario di lavoro. Quel tunnel immaginario è la tesina di laurea di molte cattedre.