Euro-lira: appesi a un filo, pronti a tagliarlo

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 18 Dicembre 2014 - 13:11 OLTRE 6 MESI FA
Euro-lira: appesi a un filo, pronti a tagliarlo

Foto d’archivio

ROMA – E’ più semplice tagliare un filo che sciogliere un nodo. Per tagliare non occorre abilità e ingegno, basta un po’, appena un lampo di bruta, infastidita e insofferente determinazione. Uno strappo e il filo è spezzato. Sciogliere invece è applicarsi, trovare il capo e i grovigli della matassa. Sciogliere è fatica di dita e cervello e soprattutto richiede di agire e capire nello stesso momento. Non è un caso che i bambini piccoli e i grandi anziani non riescano a sciogliere nodi, neanche quelli delle loro scarpe. Non è un caso che i popoli civicamente ancora bambini e socialmente grandi anziani preferiscano, sognino, siano pronti a tagliare il filo anziché sciogliere nodi.

E appesi a un filo siamo noi italiani in un mondo che galleggia sulla placca tettonica del debito. A Mosca in questi giorni si corre ai negozi a disfarsi del rublo, a Parigi si mangia baguettes e rancore contando quanti sussidi di Stato verranno a mancare al bilancio di ogni famiglia e azienda, ad Atene ci si prepara a minacciare, e forse  non solo a minacciare, di non riconoscere e non pagare più il debito nazionale, a Pechino si paga l’arricchirsi con l’aria irrespirabile, a Rio de Janeiro e in tutto il Sud America le monete nazionali si svalutano, in tutta Europa quasi nessuno riesce a produrre quote di ricchezza capaci di alimentare e sostenere il welfare che è la perla e il diamante del modello europeo, negli Usa la ripresa economica scorre dentro confini e barriere sociali più anguste e alte di sempre.

Noi italiani appesi a un filo, quello con cui il resto del mondo ci fa e ci dà credito per i nostri duemila e e passa miliardi di debito pubblico. Appesi a un filo perché oltre alla pietra al collo del debito ci sono, ci sarebbero, i “nodi da sciogliere”. La produttività declinante o stagnante da venti anni (produciamo a costi maggiori degli altri e non è certo colpa del costo del lavoro). La caduta libera degli investimenti privati prima ancora che pubblici, insomma in Italia nessuno o quasi ci mette una lira, pardon un euro. L’inefficienza infingarda e proterva della Pubblica Amministrazione. Il provincialismo presuntuoso della formazione, scuola e università.

E ancora: la corruzione sorella gemella della distribuzione di denaro pubblico. L’epidemia di micro società e macro pubbliche aziende, tutte o quasi unificate nella missione aziendale di generare stipendi a prescindere e bilanci a perdere. L’impossibilità di una giustizia civile, l’impossibilità di averla, l’assenza di regole di fatto nei contenziosi legali. Chi ha ragione, qual è il diritto? Ah…saperlo! Dipende, ci vogliono anni per le sentenze e sempre si può fare ricorso e poi ricorrere dopo l’esito del ricorso e poi…

E ancora: ogni professione o mestiere arroccato a corporazione. Il sindacato come lobby e le lobby tra loro sindacate. Un ceto politico ignorante e incosciente, una politica fatta solo del gioco preferito nei condomini abitati dai grandi anziani: non fare nulla e impedire a ciascuno di fare alcunché.

Questi e altri dello stesso maledetto spessore e intrico sarebbero i “nodi da sciogliere”. Troppo complicato, troppo doloroso. Meglio tagliare il filo. Bisogna però trovarlo il filo, indicarne uno semplice, qualcosa che tutti possano vedere, qualcosa che tutti possano odiare. Eccolo perfetto il filo, perfettamente adatto alla bisogna: l’euro. Si tagli dunque il filo euro e l’Italia e gli italiani…Saranno allora senza l’euro, con la produttività calante e stagnante, con gli investimenti quasi a zero, con la Pubblica Amministrazione inefficiente e infingarda, con scuole e università tronfie e provinciali, con la spesa pubblica tutta o clientelare o corrotta, con la corruzione come costume di massa, senza giustizia civile, con le lobby e le corporazioni, con la politica e i politici che ci sono. Tagliato il filo euro, tutti i nostri pessimi connotati sociali, economici e politici però, vuoi mettere, con la lira.

Una cosa sciocca tagliare il filo cui si è appesi senza sciogliere i nodi che ti trascineranno a fondo. Una cosa sciocca, ma la stupidità è una delle grandi forze che da sempre muovono il mondo, il mondo degli umani. Quindi nessuna sorpresa che possa ancora accadere, che staia di nuovo accadendo. Qui da noi in Italia, ma non siamo soli. I francesi sono tentati di affidarsi al fascismo pavido della loro storia (quello tedesco almeno fu criminalmente guerriero e quello italiano fu teatralmente di Stato). Gli inglesi che fecero e vissero di impero planetario oggi sognano un’isola blindata. I tedeschi si sentono turisti ricchi in questo mondo sempre circondati da scippatori e truffatori, i greci sono orgogliosamente pronti a non rispondere dei propri debiti…In tutta Europa c’è la fila a candidarsi a tagliatori del filo.

Da noi è ressa e affollarsi di tagliatori del filo euro: Matteo Salvini e la Lega Nord  (presto travestita anche da Lega Nazionale). Berlusconi che propone due monete in contemporanea, euro e lira (non ci si crede ma è vero, l’ha fatto davvero). Beppe Grillo ed M5S che allestiscono referendum anti euro. E i tanti piccoli Tsipras crescono delle nostre sinistre. Non solo i Pippo Civati e gli Stefano Fassina (sta nel Pd ma amoreggia con l’addio all’euro). Ben più significativamente nella Cgil di Susanna Camusso, nel Pd anti Renzi e in quel che resta e bolle di Sel si ingegnano a tagliarlo quel filo, magari mostrando di non averlo fatto apposta.

Da Salvini alla Cgil, non solo nomi e sigle. Sono “popoli”, segmenti ampi di popolo e pubblica opinione italiani pronti a tagliare il filo euro. In sintonia, anche se a prima vista non sembra, con un sistema di vita pubblica che è lì che lotta e lavora per fermare ogni cambio, ogni riforma, ogni tentativo anche preliminare di sciogliere i nodi. Il sistema dell’immobilità militante lavora e lotta in Parlamento, sui giornali e in televisione, organizza scioperi, manifestazioni di piazza e di aula. Si allena in commissione parlamentare, si prepara alla grande imboscata e ammuina dell’elezione del successore di Napolitano.

Ressa e affollarsi di popolo di popolo e gente a tagliare il filo, fuga e rifiuto di massa di sciogliere i nodi. E’ stupido ma la storia insegna che i popoli ancora civilmente bambini e socialmente già grandi anziani soggiacciono a una delle grandi forze della storia: la stupidità politica e civile. Spesso ad essa sacrificano perfino il loro portafogli, qualche volta perfino la loro sicurezza.