Se c’erano loro al governo: niente porcate e niente riforme. I dieci punti del Pd

Pubblicato il 24 Agosto 2011 - 15:28 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Se c’erano loro al governo, allora niente porcate ma anche niente riforme. Se c’erano loro al governo, cioè la sinistra, cioè il Pd. Che proprio tutta la stessa cosa non sono ed è tutto da vedere se quel che potrebbe fare maggioranza elettorale per la sinistra potrebbe poi fare un governo. Ma mettiamo che sia così e che quindi le proposte, la contro manovra, il contro programma di governo del Pd sia davvero e quasi tutto intero quel che farebbe un governo loro, della sinistra. Leggendo i “Dieci Punti” illustrati da Bersani sappiamo che non farebbero porcate, porcate senza nemmeno l’alibi delle giornalistiche virgolette. Alibi e virgolette che l’idea del nuovo condono tombale o dello scudo-bis per gli evasori o della tassa retroattiva su stipendi e pensioni da 90mila euro non meritano proprio. Con loro al governo, nei “Dieci Punti”, nulla di tutto questo c’è e ci sarebbe.

Anzi sul fisco la mira di Bersani e del Pd è più o meno giusta: imposta sui grandi valori immobiliari, anche se la cifra indicata, 800mila euro di valore per una casa, significa due cose assolutamente diverse se ci riferisce ai valori di mercato o a quelli catastali. “Giusta” anche se con il piccolo difetto di essere di fatto impraticabile la proposta di ritassare chi ha “scudato”, cioè ripulito i soldi illegalmente prima occultati al fisco e poi portati all’estero alla modica cifra del cinque per cento. Impraticabile non in via di principio ma in via di fatto: valli a ritrovare quei soldi protetti per legge dall’anonimato che faceva parte del pacchetto Tremonti. Insomma sul fisco il Pd non sempre ci prende ma almeno guarda nella direzione giusta.

Niente porcate, ma riforme niente. Niente sulle pensioni di anzianità, quel meccanismo solo italiano per cui, sommando anni di contributi versati e anni di potenziale percepimento della pensione data l’aspettativa di vita, si arriva a prendere pensione per un anno ogni anno e mezzo di tempo lavorato. Niente sull’aumento dell’età pensionabile. Niente sulla destinazione a vantaggio del lavoro giovanile e precario dei soldi risparmiati mandando davvero tutti in pensione a 65 anni, donne comprese e con il sistema contributivo. E niente sull’Iva, anzi meno di niente sullo spostare la tassazione dalle “persone alle cose”. Così disse Tremonti e poi se ne dimenticò. Ma la cosa dovrebbe essere alquanto di sinistra, infatti la sinistra dovrebbe sapere che nell’ultimo decennio una massa enorme di ricchezza e reddito si è spostata dal salario al lavoro autonomo e far pagare un po’ più di Iva è solo riequilibrio. Se proprio da sinistra si teme che un’aliquota Iva più cara erode il salario, allora si destini una parte del ricavato a limare le aliquote minime dell’Irpef. Comunque niente, niente di niente.

Qualcosa di più e di meglio se al governo ci fossero loro quando dicono di ripristinare il reato di falso in bilancio e istituire il reato di caporalato. Giustizia minima ma doverosa. Qualcosa di più e di tosto quando si parla di tracciabilità dei pagamenti fino a mille euro in funzione antiriciclaggio e fino a trecento euro in funzione anti evasione fiscale. Sopra i trecento euro niente contante ma ricevuta o fattura: in Italia quasi bestemmia, invece sarebbe acqua di Lourdes.

Qualcosa di meno e di vago su “istituzioni più snelle e taglio ai costi alla politica”. Di necessariamente vago perché il Pd difende, eccome se difende, la spesa di territorio, gli Enti locali e la loro concezione del governo, cioè distribuire denaro pubblico.

Qualcosa di imprecisato e anche rischioso quando si dice di dismettere, cioè vendere patrimonio pubblico. Si parla solo di immobili, ma si tace, non a caso, di società pubbliche di servizi, più di cinquemila in Italia, cento e passa miliardi di valore, la metà quasi in perdita. Non i gioielli di Stato, le grandi imprese, ma le aziende regionali, comunali e provinciali, queste il Pd difende come la pupilla dei suoi occhi.

Qualcosa di intelligente si legge quando il Pd dice di liberalizzare assicurazione auto, pompe di benzina, farmacie, banche. Al dunque sarebbero barricate, ma il Pd almeno lo dice.

Pd, un partito moderato. Nelle scelte, negli obiettivi, evidentemente nel suo stesso dna. Un partito che aspira ad aggiustare e non a cambiare i connotati. Se al governo c’erano loro ci avrebbero detto per tempo che la crisi c’era mentre Berlusconi raccontava che tutto andava per il meglio. Avrebbero messo mano alla cassetta degli attrezzi prima e meglio. Però avrebbero detto, perché ci credono, che la crisi si aggiusta senza bisogno di cambiare i connotati alla società italiana. E quindi avrebbero sbagliato non tanto la cura quanto la diagnosi, recitando con genuina convinzione la parte del medico pietoso.

Se c’erano loro al governo…Forse la Cgil scioperava lo stesso e forse no. Di certo se c’erano loro al governo avrebbero dovuto spiegare alla Cgil che “la crisi è vostra e noi non la paghiamo” è solo un esorcismo e in fondo a suo modo anche una posizione corporativa. Ma, se c’erano loro al governo, chi di loro l’avrebbe “spiegato” alla Cgil, chi di loro avrebbe avuto il coraggio di dire che anche nel sindacato, Cisl e Uil comprese, la selezione alla rovescia che ha colpito il ceto politico è diventata cultura?