Camilleri, Salvini e le storture mentali della sinistra

di Pino Nicotri
Pubblicato il 12 Agosto 2019 - 06:33| Aggiornato il 31 Marzo 2020 OLTRE 6 MESI FA
Andre camilleri

Andrea Camilleri in una foto Ansa

Due riferimenti ad altrettanti scrittori, tra loro estremamente diversi – Andrea Camilleri e Oriana Fallaci – dimostrano le debolezze culturali e di conseguenza anche politiche sia di Matteo Salvini e della sua Lega che della sinistra in generale. Cominciamo dalla sinistra, perché il discorso è più semplice e rapido.

La morte di Camilleri ha provocato quella che il mio amico e collega Beppe Lopez cogliendo nel segno ha definito: “Una immediata, massiccia glorificazione, ovviamente acritica, che mescola meriti oggettivi e riconoscimenti esagerati, testimonianze accreditate e dichiarazioni velleitariamente enfatiche di attori e conduttori televisivi. “Un vero e proprio tsunami di trasmissioni televisive e di paginate giornalistiche: non a illustrazione della splendida vita e dell’affascinante produzione di Camilleri ma a favore del “prodotto mediatico” Camilleri. Una vera e propria ubriacatura di massa”.

NESSUNO però si è chiesto il perché del suo grande successo. Che può piacere o non piacere, ma deve pur avere una spiegazione: che va compresa e spiegata. Soprattutto dalla sinistra, visto che i milioni di lettori di Camilleri non sono una trascurabile minoranza, ammesso e non concesso che esistano minoranze trascurabili, e visto che il linguaggio dei romanzi di Camilleri è sempre da popolo, di taglio tanto popolare quanto “terrone”, anzi siciliano, siculo, lontano dall’italiano parlato e scritto normalmente.

Nel 2001 c’è stata su L’Espresso la stroncatura di Giulio Ferroni, ritenuto erede di Natalino Sapegno perché nel 2001 passando in rassegna gli allora ultimi 15 anni di narrativa ha pubblicato l’aggiornamento della celebre “Storia della Letteratura italiana”, diretta da Sapegno assieme a Emilio Cecchi. Ferroni, intervistato da Mirella Serri, di Camilleri ha detto: “Meglio della Tamaro, certo. Ma superficiale, prevedibile, banale. […] Camilleri è troppo accomodante, troppo disincantato, troppo privo d’indignazione. Pirandello diceva che, per far affiorare il lato umoristico delle cose, le vicende della vita vanno guardate con un cannocchiale rovesciato. Anche Camilleri ha il suo cannocchiale. Ma comunque lo metti ci fa vedere figurine in miniatura, personaggi piccoli, piccoli… Se non sono solo marionette, poco ci manca”.

Peccato solo che Ferroni mostri di ignorare o voglia ignorare per superbia che in Italia le marionette hanno un loro robusto filone culturale, dal veneziano Pantalone al napoletano Pulcinella passando per il bergamasco Arlecchino, maschere diventate universalmente italiane, e che in Sicilia le marionette, dette pupi, fanno parte da secoli della cultura popolare.

Ripeto: POPOLARE. Dopo Ferroni 18 anni di soli applausi o altri nasi storti provocati dal proseguire inarrestabile del successo, fino alla “massiccia glorificazione” da camera ardente messa in risalto da Beppe Lopez. Ma nessuna analisi del perché di un tale successo. Di fatto, quindi, solo accettazione, più o meno laudatoria: cioè, in altre parole, solo conformismo e consumismo, ovvero l’usuale accodarsi e allinearsi al vento.

Una pigrizia intellettuale con annessa incapacità di analisi che la sinistra ormai ha in molti campi: dalla cultura all’economia, dal tumultuoso cambiamento del mondo – dovuto alle scienze e alle tecnologie, ma anche all’avanzare di nuovi grandi protagonisti geopolitici – alla conseguente politica estera. Tutto ciò credo spiega bene perché la sinistra, o meglio ciò che ne resta, non ha un progetto e una linea politica per fare uscire l’Italia dalle secche e dalla stagnazione e per renderla più moderna, più adeguata ai tempi: vale a dire, con economia, finanza, scuola, Università, ricerca, trasporti, strade, autostrade, acquedotti, mezzi di comunicazione, digitalizzazione, connessione online e in rete, assistenza sociale, previdenza, sanità e pubblica amministrazione efficienti. Di livello non dico tedesco, ma almeno mediamente europeo.

E la mancanza di capacità analitica e progettuale spiega anche come mai la linea del PD e affini consista prevalentemente nell’attaccare Salvini a ogni pie’ sospinto, anche in modo a volte pretestuoso. Un andare a rimorchio del padre padrone della Lega che non può certo costituire un’alternativa, e francamente neppure un’opposizione. Un ragionare con le viscere anziché col cervello che ha portato a un errore che rischia di diventare storico e di avere conseguenze drammatiche per l’Italia intera. Ha portato infatti al rifiuto di prendere anche solo in considerazione l’idea di fare un governo col M5S quando le passate elezioni politiche hanno decretato il grande successo del Movimento fondato da Grillo e aperto la possibilità a un governo o di centro sinistra, col PD, o di centro destra, con la Lega.

Rifiuto viscerale declamato da Matteo Renzi e reiterato di recente, ma NON motivato politicamente: semmai solo partiticamente, inteso come egoismo di partito stando alle dichiarazioni del deputato e dirigente piddino Roberto Giachetti, membro anche del Partito Transnazionale Radicale: “Mai col M5S perché sarebbe la morte del partito”. Senza rendersi conto che avanti di questo passo il partito di Giachetti, cioè il PD, e l’ectoplasma Radicale, morirà con l’intero Paese, che non sarà più come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.

Gli USA e l’URSS pur di battere il nazifascismo si sono alleati nonostante fossero rispettivamente il leader mondiale del capitalismo e il leader mondiale del comunismo, nemici quindi dichiarati e mortali. Il PD di Renzi invece ha preferito fare il gran rifiuto, consegnando così sdegnato l’Italia alla Lega, anzi a Matteo Salvini, e perdendo perfino la capacità di essere e fare opposizione. Opposizione politica, che è cosa diversa dall’opposizione declamatoria, cioè a chiacchiere. Che si sia tratto di un rifiuto viscerale e NON politicamente motivato e motivatile lo dimostra un particolare piccolo, ma clamoroso.

Nella sua sequela di attacchi al M5S e al suo leader Luigi Di Maio il PD non ha mai notato, e quindi non l’ha mai denunciata, l’assurdità che il ministero dello Sviluppo Economico (più quello del Lavoro) è stato assegnato a un tifoso della “decrescita felice”. Decrescita che – felice o no – nella lingua italiana è l’esatto opposto della crescita, cioè dello sviluppo. La “decrescita felice” è infatti uno dei cinque punti del programma del M5S, una delle 5 Stelle che danno il nome e guidano la rotta del Movimento fondato da Grillo e che vede Di Maio anche vice premier.

Il Ministero dello Sviluppo Economico assegnato a chi persegue programmaticamente il suo opposto, cioè la decrescita, è un’assurdità. Un anacoluto, come si dice in gergo. Per farci ridere dietro non solo in Europa e per iniziare ad imbarcare acqua non potevamo inventarci di meglio. Passiamo ora alla Lega. Matteo Salvini ha dichiarato il suo amore per Oriana Fallaci non appena il suo decreto sicurezza bis è stato approvato in parlamento: “Da oggi meno Carola e più Oriana Fallaci”. Cosa significhi e cosa comporti questa dichiarazione conviene vederlo con un altro e apposito articolo, onde evitare di allungare ora troppo il discorso.