Politica, i luoghi comuni, 5 principi fondamentali per chi sceglie una carriera pubblica, 6 miti sfatati

Politica, i luoghi comuni segnano il destino della povera Italia, 5 principi fondamentali per chi sceglie una carriera pubblica, 6 miti sfatati

di Giorgio Oldoini
Pubblicato il 26 Dicembre 2023 - 09:28
Politica, i luoghi comuni segnano il destino della povera Italia, 5 principi fondamentali per chi sceglie una carriera pubblica, 6 miti sfatati

Politica, i luoghi comuni segnano il destino della povera Italia, 5 principi fondamentali per chi sceglie una carriera pubblica, 6 miti sfatati

Politica, i luoghi comuniIn passato, le scelte dei governi erano influenzate dal pensiero di grandi filosofi ed economisti.

Si devono a Voltaire i principi della Rivoluzione Francese, a John Locke quelli della costituzione americana, mentre la più nota terapia per limitare i danni del capitalismo maturo risale a Keynes.

Con la fine delle ideologie, non è più l’intellettuale a influenzare l’uomo della strada, ma è il popolo dei social network a condizionare il decisore politico.

Il più importante risultato di una rivoluzione democratica dovrebbe essere quello di eliminare gli attori politici che stabiliscono i programmi elettorali e assumono le decisioni di governo sulla base di slogan e di sondaggi d’opinione.

Ecco un elenco delle idee più balbettanti dei nostri “intellettuali”, durante gli ultimi decenni.

“Se tutti pagassero le tasse pagheremmo tutti di meno”. “Se gli impiegati pubblici fossero più efficienti, ne basterebbe la metà”.

“Se i musulmani fossero tutti moderati non ci sarebbe Hamas”.

“Aumentiamo le aliquote sui redditi di capitale per risolvere i problemi del bilancio pubblico, che paghino i ricchi”.

“E’ meglio che le imprese mature (siderurgiche, tessili, ecc,) si trasferiscano all’estero. Le sostituiremo con aziende a più elevato valore aggiunto”.

“Dobbiamo aumentare le pene per i reati economici”.

“Lavoriamo tutti di meno per lavorare tutti”.

A chi pensasse a barzellette ormai datate, chiarisco che si tratta delle affermazioni più frequenti che influenzano tuttora l’elettorato italiano.

Risultato: abbiamo ridotto la produzione nazionale e aumentato la disoccupazione, specie giovanile. Le imprese a maggior valore aggiunto non si sono viste, gli investitori esteri si sono allontanati, le banche hanno tenuto grazie a interventi di salvataggio pubblico o a spese di investitori che hanno perso i risparmi di una vita.

Non è vero che un minor numero di ore lavorative ed un maggior numero di ore di riposo aumentano la produzione. Nessun paese può aumentare la produzione lavorando meno.

Durante una Assemblea delle Cooperative, un importante leader propose di inasprire le pene del falso in bilancio per colpire i reati dei colletti bianchi. Si sentirono mormorii diffusi in sala che diventarono grida e urla.

Alla fine il relatore dovette scappare con la scorta. Avevano dimenticato di dirgli che i convenuti erano tutti amministratori di cooperative imputati di falso in bilancio, che dovevano pagarsi gli avvocati di tasca propria.

Chi entra in politica, dovrebbe assimilare alcuni principi fondamentali,

1. Lo Stato italiano non ha sufficiente credibilità verso i mercati e la domanda dei nostri titoli è in parte “drogata” dall’intervento della BCE.

2. Gli investimenti previsti nel PNRR sono giudicati in Europa anche in funzione dei ritorni economici previsti nel tempo.

Se, ad esempio, costruisco un Teatro lirico devo mettere a bilancio non solo i costi dell’opera ma anche tutte le spese correnti che dovrò sostenere all’infinito negli anni futuri. Ciò perché, in Italia i Teatri sono mantenuti dallo Stato.

L’investimento pubblico di questo tipo “genera” indebitamento pubblico attuale e futuro.

3.L’Europa non approva interventi pubblici la cui copertura si basi su realizzi di patrimonio pubblico (perché un programma di questo genere non ha mai avuto seria attuazione e perché l’argenteria di famiglia è già stata venduta o impegnata).

4) l’Europa non riconosce previsioni di entrata basate sulla possibilità di recupero del sommerso (se ne parla da 40 anni ed è dimostrato che la macchina statale non è in grado di svolgere alcuna azione efficace). In ogni caso, non è possibile criminalizzare alcuni milioni di lavoratori che cercano di arrotondare in nero i miseri salari.

5) I provvedimenti “cerotto” tipo l’uso obbligato delle carte di credito, la limitazione del contante, ecc.., danno al resto del mondo l’idea di un paese in grave difficoltà e non portano alcun vantaggio al bilancio pubblico.

Il fatto è che non può esservi un elevato livello di salari e un aumento del tenore di vita, in assenza di una produzione in costante miglioramento e di una solida efficienza del lavoro.

Può essere spiegato anche a menti incolte come i vari fattori della produzione siano tutti reciprocamente interdipendenti.

Bisogna dichiarare a voce alta che, in un’economia di mercato, i problemi economici non consistono nel conflitto di classe. Che l’istruzione dovrebbe unire e non dividere, diffondere tolleranza e mutuo rispetto invece che il dissenso. Occorre smascherare il demagogo che chiede di elevare la tassazione delle rendite finanziarie, dimostrandogli che ad ogni maggiorazione di aliquota corrisponde una riduzione del gettito tributario.

Infatti, il capitale è mobile e si trasferisce nella parte del mondo dove paga di meno e gli investimenti sono più sicuri.

E’ il differenziale di fiducia che funziona da differenziale di interesse, come tutti dovrebbero avere capito durante la crisi dello spread.

Nel divulgare la cultura di massa, si dovrebbe precisare che ha poca importanza il costo dei beni e dei servizi posto a carico del cittadino assistito, bensì il costo complessivo che per essi sopporta il sistema-paese.