Politici e cantanti, rapporto difficile: Mogol vigila sui furbetti delle sette note

Politici e cantanti, rapporto difficile: ma che campagna elettorale è se manca il pezzo forte? Mogol vigila sui furbetti delle sette note

di Enrico Pirondini
Pubblicato il 7 Agosto 2022 - 12:21 OLTRE 6 MESI FA
Politici e cantanti, rapporto difficile: Mogol vigila sui furbetti delle sette note

Politici e cantanti, rapporto difficile: Mogol vigila sui furbetti delle sette note

Cantanti e capi politici. Un rapporto spesso tumultuoso, comunque mai facile.

I politici, non raramente, si impossessano di una canzone senza chiedere il permesso, se ne servono per una campagna elettorale o anche per un comizio , e le ugole dimenticate strillano invocando quattrini. La SIAE, cioè la Società Italiana degli Autori ed Editori,  assiste alla finestra e vigila con un unico scopo: tutelare i diritti dei propri associati.

Oggi il presidente è Mogol, paroliere e discografico, autore prolifico (oltre 1.500 canzoni), 50 anni di successi, fucina di idee e di impegni sociali. Uno che non molla. Occhio, cari Politici: non fate i furbetti. Il diritto d’autore non è una tassa ma un diritto del lavoro.

SCONTRI CONTINUI FRA CANTANTI E POLITICI, IN ITALIA E ALL’ESTERO

Esempio: negli Stati Uniti il più bersagliato dai cantanti era ed è Donald Trump. Springsteen (preferiva Obama),Neil Young, Elton John (gli ha vietato l’utilizzo di un paio di canzoni) in  testa. E Brian May, il chitarrista dei Queen, lo ha minacciato più volte di passare alle vie legali se Trumpone avesse continuato a utilizzare la famosa “We Are the Champions“.

In Italia, De Gregori  se l’è presa con Conte, Vasco Rossi con Paragone, Fedez con Salvini e più recentemente contro il segretario della Lega si è scagliato il gruppo musicale “La Rapprentante di Lista” attaccandolo via web:”Salvini, non ti azzardare a usare la nostra canzone “. Ovvero “Ciao, ciao”.

Pescando negli archivi si scopre che De Gregori non ha mai digerito Craxi (“Si atteggia a Mitterand, ma è peggio di Nerone”) e che Ivano Fossati si è pentito di aver prestato la sua “Canzone popolare “ all’Ulivo. Il Pd nel 2008 – Veltroni leader – puntò su Jovanotti ma la canzone “Mi fido di te” non convinse fino in fondo.

PRODI CON FOSSATI, BERLUSCONI CON APICELLA

Romano Prodi nel 1996 si affidò alla “Canzone popolare” di Ivano Fossati ed approdò a Palazzo Chigi al posto di Lamberto Dini. La scelta del brano si impose sul pezzo forte  di Jovanotti (“Io penso positivo “) e così il Professore varò il suo primo governo, benedetto da Scalfaro.

Diversa la storia sul  pentagramma dì Berlusconi che in privato conta sul proprio menestrello Mariano Apicella, chansonnier napoletano,  aymico di Salvini. In pubblico, alle convention di partito, si affida all’inno Forza Italia, composto nel 1993 da Renato Serio, arrangiato da Augusto Martelli, testo suo.

Ma Apicella si è detto disponibile a comporre un nuovo Inno per la cordata Berlusconi -Salvini. Garantisce un brano migliore di “Ciucculata ‘e cafe”. Migliore persino della mitica “Sue’ Sue’ Sue’”.