Aldrovandi poliziotti contro: “Coisp tossico”. Ma i tutto manganello non mollano

di Riccardo Galli
Pubblicato il 29 Marzo 2013 - 15:16 OLTRE 6 MESI FA
Patrizia Moretti mostra una foto del figlio Federico Aldrovandi

Patrizia Moretti mostra una foto del figlio Federico Aldrovandi (foto Ansa)

FERRARA – Eversivi, violenti (almeno sul piano intellettuale) e arroganti. Gli aggettivi per definire i poliziotti che hanno manifestato nei giorni scorsi a Ferrara sotto l’ufficio dove lavora la mamma di Federico Aldrovandi sarebbero molti, e non tutti pubblicabili. La ministra Cancellieri ha parlato, più pacatamente, di “mele marce” e ha ottenuto, come risposta, un secco “se ne vada a casa che non ci rappresenta”. Ma possono degli agenti disconoscere il titolare del Viminale sostenendo che non li rappresenta? Probabilmente no, ma quando l’etica della responsabilità difetta è difficile credere che la bilancia dei diritti e doveri sia pane quotidiano.

“Avvoltoi” li ha definiti la mamma di Federico vedendo il sit in dove, tra l’altro, si sosteneva che la foto che ritrae suo figlio morto fosse un fotomontaggio. Così lei, con una dignità che solo un dolore enorme come l’assassinio di un figlio può far nascere, è scesa in piazza dagli “avvoltoi” con l’originale dell’immagine che ritrae il cadavere di Federico, tumefatto ed in una pozza di sangue.

Rappresentano certo una piccola ed anche in qualche modo emarginata minoranza all’interno delle forze di polizia gli iscritti al Coisp, circa 6 mila in tutta Italia. Ma rappresentano una minoranza che, stando almeno alla manifestazione in questione, sembra essere la più vicina nella realtà allo stereotipo del poliziotto tutto manganello, poco cervello e cuore zero . Il Coisp, sindacato di destra che ha come segretario Franco Maccari, transfugo da un altro sindacato di polizia di area centro destra, il Sap, ha organizzato la manifestazione in questione per testimoniare solidarietà ai colleghi detenuti in carcere.

Slogan delle mattinata è stato la legge non è uguale per tutti, poliziotti in galera e delinquenti fuori. Peccato che i poliziotti in questione siano quelli che, con sentenza passata in giudicato, hanno ucciso letteralmente di botte un ragazzo appena maggiorenne senza ragione alcuna. Cioè degli omicidi che, in più, hanno commesso questo delitto indossando una divisa, nel momento in cui rappresentavano cioè lo Stato ed erano chiamati, e pagati, a difendere e tutelare i cittadini, invece di ucciderli. Hanno ragione gli agenti del Coisp quando dicono che è ingiusto che ci siano troppi “delinquenti” a piede libero, ma per questo bisogna forse liberare anche quelli che stanno dentro? E poi, alcune domande che sorgono spontanee, possono dei poliziotti contestare delle sentenze della magistratura e quello che in definitiva è il loro capo, cioè il ministro dell’Interno? A rigor di logica no, e anche il buon senso fornirebbe lo stesso responso. Sul piano del diritto il punto interrogativo invece rimane.

Il ministro Cancellieri ha avviato un’ispezione presso la questura di Ferrara per accertare chi e perché abbia autorizzato il sit in e le relative responsabilità, parlando di una piccola parte che non rappresenta la polizia nel suo insieme ed usando la definizione “mele marce”. Definizione che non è evidentemente piaciuta al Coisp che con una nota in punta di penna ha risposto: “Siamo profondamente colpiti dalla superficialità dei tanti che hanno emesso spietati giudizi senza avere la più pallida idea di come fossero andate veramente le cose. Prima fra tutti il ministro Anna Maria Cancellieri. Forse non ha più tempo, voglia e forza necessari per svolgere con la dovuta accortezza il proprio ruolo, ed è decisamente tempo che vada a casa, lasciando il posto a qualcuno che abbia il polso necessario. Ricordandosi, nel frattempo, che non è lei che può parlare a nome dei poliziotti italiani”.

Non è lei che può parlare a nome dei poliziotti, e lo sono forse loro che ne rappresentano 6 mila? O possono farlo magari tutte le altre sigle di categoria, che contano molti più iscritti e che hanno manifestato solidarietà alla mamma di Federico? O lo può aver fatto il defunto capo della polizia Manganelli quando con Patriza Moretti si scusò? Questo, chi può parlare a nome della polizia, il sindacato guidato da Maccari non lo dice.

 Chi parla è invece proprio la mamma di Federico, Patrizia, che ai poliziotti che volenti o meno con la loro manifestazione insultavano lei e la memoria del ragazzo ucciso, ha mostrato la foto peggiore che una mamma possa mostrare: quella del cadavere del proprio figlio, ucciso di botte. L’ha mostrata per dimostrare a chi ne metteva in dubbio l’autenticità quello che a Federico è stato fatto. Una donna che con la condanna dei quattro colpevoli sperava che la vicenda, almeno la parte pubblica, potesse essere conclusa: “Sì, mi ero illusa. Ma da quasi un mese sapevo che quel camioncino del Coisp stava girando per la città. Sapevo che gli avvoltoi avevano ricominciato a volare e sentivo che sarebbero arrivati da me. Mi sono tornate nel cuore le paure dei primi sei mesi, quando io e mio marito Lino non riuscivano a sapere nulla della morte di nostro figlio, che per gli inquirenti allora era solo uno scalmanato che aveva mandato all’ospedale i poliziotti. Solo dopo sei mesi abbiamo saputo che gli avevano spaccato addosso due manganelli. Io ho sempre detto: non generalizziamo. Ci vuole rispetto, per le istituzioni e per lo Stato. Ma proprio perché c’è questo rispetto, io credo che i tre uomini e la donna condannati per la morte di Federico non possano mai più indossare la divisa della Polizia di Stato”.
Dal Coisp replicano che patrizia Moretti “dice cose non vere”, altri sindacati e funzionari di polizia, altri uomini con indosso la stessa divisa di quelli del Coisp replicano a loro volta con un solo aggettivo per qualificare parole e gesti made in Coisp: “Tossici”.