G20, cinese sbotta: europei, alt faccia tosta di piangervi come poveri del mondo

di Riccardo Galli
Pubblicato il 19 Giugno 2012 - 14:36 OLTRE 6 MESI FA

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LOS CABOS (MESSICO) – Alla fine hanno contribuito anche loro al nuovo “firewall” dell’Fmi: 456 miliardi di dollari, addirittura 26 in più di quelli stimati prima dell’inizio dei lavori del G20. Ma la domanda posta dallo sherpa argentino ai grandi del mondo resta: “Ma perché dobbiamo pagare noi il vostro conto?”. Buenos Aires, in seno al G20, conta poco più di nulla, ma al suo fianco anche i rappresentanti di paesi ben più “pesanti” come Cina e India hanno fatto loro l’interrogativo. E’ notte a Los Cabos e Maurizio Molinari, inviato de La Stampa, racconta come a tarda ora la vigilanza messicana si “allenti” e quindi qualche giornalista possa entrare nel grande salone delle trattative dove su un mega schermo si aggiornano in diretta i testi, le modifiche, le formule e le virgole delle risoluzioni e dei documenti finali e ufficiali dei vertici. L’argentino pone a sorpresa il problema: “Paghiamo noi per voi europei”. L’inglese lo rimbecca: “In concreto che vuoi?”. L’argentino non molla: “Non fare a non capire”. Interviene l’indiano: “Non è vero che gli europei sono i veri poveri del mondo”. E il carico da undici lo mette il cinese: “Consentitemi la franchezza, bisogna smettere di continuare a sostenere che sono gli europei le prime vittime della crisi finanziaria, a cominciare dalla Grecia, perché i suoi abitanti hanno un tenore di vita di gran lunga superiore a quelli del Sahel”. Quindi il cinese disse: europei, basta con la faccia tosta di piangervi come i poveri del mondo.

L’aveva già detto poche settimane fa la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, la francese Christine Lagarde: “Non mi fanno pena i greci, i poveri del mondo sono altri”. Era stata subissata di indignazione europea, ma solo europea. Perché quanto detto dalla Lagarde risponde al vero, come è vero che l’Europa non è certo la cenerentola economica del pianeta. Eppure in suo aiuto sono chiamati anche i paesi che sono in realtà ben più poveri. Il pil pro capite nel vecchio continente si aggira sui 30/40 mila dollari, alcuni paesi che contribuiscono al nuovo firewall non vanno oltre i 3/4mila, come l’Indonesia, la media non supera di molto i diecimila.

La questione posta dal delegato argentino, seppur appoggiata da due “big” come Cina e India, non ha avuto seguito. E non lo ha avuto non solo e non tanto perché noi occidentali siamo i soliti ricchi e viziati che se ne fregano del resto del pianeta, ma anche perché il resto del pianeta, paesi emergenti compresi, non può fregarsene dell’Europa. Se infatti è moralmente paradossale che a pagare la crisi europea, nata da politiche diciamo di finanza allegra oltreoceano, devono essere almeno in parte paesi che sino a ieri erano poveri in senso assoluto e che ora lo sono meno ma comunque non sono certo ricchi come le economie chiamate ad aiutare, è altresì vero che le economie di quei paesi vivono e prosperano anche grazie alla nostra ricchezza.

Paesi come Cina e Brasile, o tutti i brics in genere, che all’inizio della crisi erano più o meno indifferenti alle difficoltà di Stati Uniti prima ed Europa poi, cominciano ora a vivere anche sulla loro pelle il difficile momento. I loro Pil “locomotiva” con crescite, in alcuni casi, in doppia cifra, ora ristagnano o comunque rallentano. E i loro leader, abituati da anni ad una crescita impetuosa, vedono riaffacciarsi lo spettro di un passo indietro. Questo perché in un’economia globalizzata, la crescita della Cina, ad esempio, è legata all’esistenza di un mercato che compri i suoi prodotti. E nonostante il miliardo e passa di cinesi, quel mercato è rappresentato ancora in larga parte da Stati Uniti ed Europa. E questa è una realtà che tutti conoscono. Il crollo dell’euro non sarebbe gratuito per nessuno, probabilmente nemmeno per l’Argentina.

Nonostante queste spiegazioni pratiche la valenza dell’interrogativo rimane tutta: “Perché dobbiamo pagare noi, i poveri del mondo sono altri, e in alcuni casi siamo noi”. Non sono queste le parole usate al G20, ma il senso sì. Oggi, le risposte pratiche mettono in secondo piano la questione etica. Ma il cinese che ci dice: “Europei poveri, mica tanto”, domani potrebbe far seguire alle parole i fatti. Economia avvisata, mezza salvata.