Grecia brucia, Italia traccheggia: titoli di Stato “assicurati” al 20%

di Riccardo Galli
Pubblicato il 19 Ottobre 2011 - 16:22 OLTRE 6 MESI FA

ROMA –La Grecia si ribella e contorce in uno sciopero generale di due giorni, come il malato che rifiuta l’intervento chirurgico. L’Italia traccheggia con Tremonti che si loda per non aver speso inutilmente soldi pubblici per la ripresa economica, “felix culpa” la definisce. E con Silvio Berlusconi che pubblicizza molti “problemi” e pochissimi euro, anzi nessuno, per il Decreto sviluppo e crescita in ormai prolungata cottura ministeriale. Germania e Francia, Merkel e Sarkozy, ci provano a giocare la carta dei 1.200 miliardi da mettere sul tavolo sperando che nessuno li prenda davvero. Milleduecento miliardi per tenere tutto incollato senza che si rompa: la Grecia che non rimborserà tutti i suoi debiti, al massimo ne pagherà il 60 per cento. E l’Italia che traccheggia incapace di incrementare il suo Pil. E la Spagna che deve trovare finanziatori del suo debito pubblico. Ma 1.200 miliardi da annunciare come riserva strategica, polizza di assicurazione sugli eventuali danni e perdite da sottoscrizione dei “debiti sovrani”, ma miliardi da far vedere e da non far mai toccare, miliardi da non spendere davvero perché davvero nessuno li ha in tasca. Milleduecento miliardi per garantire Italia e Spagna, o meglio le loro emissioni e aste di debito pubblico da rinnovare tra il 2012 e il 2014, rispettivamente 622 e 281 miliardi.

La “assicurazione” per chi compra bond sovrani dovrebbe funzionare così: il 20 per cento di perdite eventualmente subite rimborsato dal Fondo Salva Stati europeo. Venti per cento, la percentuale oltre la quale si stima Italia e Grecia non potranno mai andare nel non rimborsare parte del loro debito, neanche nella peggiore delle ipotesi. Ma per accedere a questa “assicurazione” gli Stati e i governo dovranno sborsare qualcosa, il che significa che per l’Italia neanche il pareggio di bilancio a fine 2013 basterà. O l’Italia aumenta il Pil o gli italiani pagheranno altre tasse o sarà ancora tagliata la spesa pubblica italiana nonostante tutti i “traccheggi” di governo che la prima cosa non sa come realizzare e le altre due cose si rifiuta di fare. E’ questo il dossier con cui l’Europa arriva al vertice di fine settimana.

La Grecia è sempre più sull’orlo del fallimento e i mercati vanno rassicurati sulla solidità, e sulla solvibilità, del debito italiano e di quello spagnolo. E così, alla vigilia del Consiglio Europeo, e a pochi giorni dal G20, quello che si profila come il piano per salvare Italia e Spagna, e con loro l’euro, somiglia ad un equilibrismo finanziario dai risvolti incerti. L’accordo, il solo politicamente possibile, come scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera, implica infatti un’incognita per le banche ma una certezza per il governo: in cambio del sostegno del Fondo salvataggi europeo, con ogni probabilità, l’Italia, dovrà impegnarsi a prendere nuove misure dopo quelle chieste dalla Bce.

L’accordo che si va perfezionando prevederebbe una sorta di assicurazione europea sui titoli dei paesi membri. Un’assicurazione contro il rischio default ovviamente, necessario (e sufficiente?) per rassicurare i mercati e per garantire l’accesso al credito ai paesi in difficoltà senza la strozzatura di tassi troppo elevati. Il ruolo di “assicuratore” sarebbe assegnato al Fondo salva stati europeo(l’Efsf), che si impegnerebbe a funzionare come una compagnia di assicurazione, a condizione che gli Stati indebitati accettino di pagargli un premio. In quel caso, il primo 20% delle eventuali perdite di un investitore su un titolo di Stato verrebbe indennizzato appunto dal Fondo europeo.

Questo dovrebbe ridurre i timori degli investitori nel puntare sull’Italia o sulla Spagna. Anche perché questa soluzione sarebbe valida per Paesi, come Italia e Spagna, che anche nella peggiore delle ipotesi non si prevede possano andare oltre un’insolvenza del 20% del debito emesso. E la Grecia, in questo quadro, rappresenterebbe un’anomalia unica. Per lei si prospetta infatti un default intorno al 40%, ma per la Grecia è ormai probabilmente troppo tardi.

Il piano però ha, come spesso accade, e qui sono i limiti di questa operazione di equilibrismo finanziario, delle “zone d’ombra”. La più evidente riguarda la forza di fuoco del presunto «bazooka» — come lo chiama il premier di David Cameron — per difendere l’euro. Le assicurazioni, le società di assicurazioni, devono disporre di fondi adeguati a rassicurare sulla loro capacità di coprire i rischi e, l’Efsf, dispone oggi di 440 miliardi, teorici, perché in realtà 120 sono già allocati per sostenere Atene e ne restano quindi 320. Ma di questi circa cento potrebbero servire per ricapitalizzare le banche europee, dunque per le assicurazioni sui titoli di Stato ne rimangono approssimativamente 220 miliardi. Poiché le garanzie coprono il 20% del valore dei bond, il totale di debito emesso con la copertura del Fondo salvataggi è di 1.100-1.200 miliardi. Come per caso si tratta di poco più delle emissioni di debito previste per l’Italia (622 miliardi) e per la Spagna (281 miliardi) dal 2012 al 2014.

C’è poi un altro problema: le garanzie riguardano solo i nuovi bond che saranno emessi, non i vecchi in mano alle banche e ai risparmiatori. C’è il rischio quindi che il prezzo dei vecchi titoli crolli perché il pubblico vuole solo quelli di nuova generazione, assicurati. Le banche potrebbero subire forti perdite sul capitale; per questo, la Bce è pronta a continuare l’attuale campagna di acquisto di titoli di Stato anche quando l’Efsf sarà operativo.

Come detto il vertice europeo di domenica proclamerà solennemente che Atene è il solo caso in cui su un debito sovrano gli investitori perderanno dei soldi. Ma se è così, perché assicurare i titoli di Italia o Spagna? Si sentiranno i mercati rassicurati da queste misure? Tutti sperano di sì, ma pochi ci metterebbero la classica mano sul fuoco.