“Presidente, perché in nero l’aiutino di 850mila euro?” Fac-simile dell’interrogatorio a Berlusconi

di Riccardo Galli
Pubblicato il 6 Settembre 2011 - 14:06| Aggiornato il 7 Settembre 2011 OLTRE 6 MESI FA

foto Ap-Lapresse

ROMA – I pubblici ministeri che indagano sulla presunta estorsione ai danni del premier confezionata dal duo Lavitola–Tarantini vorrebbero interrogare Silvio Berlusconi. Ma il Cavaliere tentenna. In questo procedimento è parte offesa, non dovrebbe aver paura di nulla, ma le sue dichiarazioni potrebbero rivelarsi interessanti per altri procedimenti in cui il premier è coinvolto, e non nelle vesti di parte offesa, primo fra tutti il processo Ruby. Lo sa bene Berlusconi e lo sanno i suoi legali che ancora non hanno comunicato ai pm partenopei le date in cui il presidente del consiglio sarebbe disponibile per un interrogatorio, da tenersi comunque a Roma, a Palazzo Chigi.

Teme, Silvio Berlusconi, che avendo l’obbligo di dire la verità e non potendo astenersi dal rispondere, le sue affermazioni possano essere utilizzate contro di lui in altri processi. E c’è un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare che in particolare fa presagire al premier possibili futuri dannosi sviluppi: «In questo contesto, dunque, la condotta del Lavitola e del Tarantini appare non solo idonea ad integrare l’elemento della “minaccia” ma ad integrare il carattere della gravità della minaccia stessa: tale è indubbiamente la prospettazione al Presidente del Consiglio Berlusconi non solo già più volte coinvolto in “scandali” e in vicenda omogenee rispetto a quella in esame ma anche “oggetto” di un procedimento penale innanzi all’AG di Milano riguardante fatti indubbiamente collegati – che possano essere diffusi o peggio ancora trasmessi alla citata AG di Milano atti e documenti per lui compromettenti versati nell’incartamento processuale del procedimento penale “barese” riguardante Tarantini Giampaolo».

Insomma, le intercettazioni scabrose baresi potrebbero finire nel processo di Milano su Ruby. Se c’è questa possibilità di contaminazione delle diverse inchieste, anche l’interrogatorio di Silvio Berlusconi potrebbe, a questo punto, avere delle successive ricadute in altre inchieste e processi. Ma cosa mai potrebbero chiedere i pm al nostro premier? Proviamo ad immaginare l’interrogatorio, in parte sulla base di elementi che già si conoscono, ed in parte supponendo le risposte.

Di certo i magistrati napoletani vorranno sapere per quale motivo Berlusconi elargiva denaro a Tarantini.

E la risposta a questo interrogativo il premier, a meno che non voglia cambiare versione, l’ha data: era un aiuto ad un amico, ad una famiglia in difficoltà.

Un aiuto molto consistente, quanto ha versato il Cavalier all’amico malmesso? Ottocentocinquantamila euro almeno, in un anno.

Fin qui le risposte si evincono dagli elementi emersi dalle indagini. Ma proviamo a continuare.

E perché, signor presidente, i soldi che versava per aiutare Tarantini transitavano per Lavitola?

Vedete signori magistrati, io sono un uomo di buon cuore, come ho spesso detto e dimostrato, e non è bello pubblicizzare e vantarsi di una buona azione. I soldi passavano per il signor Lavitola perché non volevo che tutti sapessero quello stavo facendo. Un peccato di modestia, lo potremmo chiamare così signori giudici.

Si, ma perché li versava in contanti e in nero?

Per comodità, i bonifici bancari sono così lenti. Se un amico è in difficoltà magari non può aspettare 4 giorni lavorativi per un bonifico, ne ha bisogno subito, ecco la necessità dei contanti. Per il fatto che fossero a nero potremmo dire che è una deformazione professionale. No scusate, signori giudici, sapete che sono un uomo spiritoso, a proposito volete sentire una barzelletta sui magistrati… no meglio di no, avete ragione. A nero, perché mi sembrava poco elegante dichiarare le donazioni e detrarle dalla dichiarazione dei redditi. Ah. Non si potevano detrarre, dite. Errore mio allora.

Ma le sembra corretto dottor Berlusconi che lei, presidente del Consiglio dei ministri, violi le norme antiriciclaggio?

La domanda è malposta. Nel momento in cui aiutavo Gianpi non ero nelle vesti di primo ministro, ma un semplice cittadino che aiuta un amico in difficoltà.

Mi scusi signor presidente, ma non capisco, lei è un privato cittadino quando versa denaro a Tarantini tramite Lavitola, ed agisce invece per il bene della nazione quando chiama la questura di Milano per aiutare una giovane marocchina fermata dalla polizia. In entrambi i casi si spende per aiutare lei dice, delle persone in difficoltà, perché questa differenza di vesti?

Eh no, interrompe Ghedini, questa domanda riguarda un altro procedimento, il mio assistito è stato chiamato a rispondere solo su quanto concerne il caso Tarantini / Lavitola…

Vabbé, vabbé avvocato, passiamo oltre, resteremo col dubbio. Come mai, signor presidente, per comunicare con il Lavitola ha fatto uso di una scheda telefonica panamense intestata ad un peruviano?

L’ho fatto, beh, il mio cellulare era scarico in quel momento ed ero in giardino… con me c’era il giardiniere, che è peruviano… ed a Natale è stato a Panama ed ha comprato un cellulare che lì costano poco… e quindi gli ho chiesto se me lo prestava. Anzi no, è colpa di Ghedini, lui fa la collezione di tessere sim del mondo e mi fa gli scherzi…

Hanno ragione Berlusconi e i suoi legali a voler rimandare. Trovare una risposta alla domanda sul perché il presidente del Consiglio, per parlare con un giornalista / faccendiere, usasse una scheda telefonica panamense, per di più intestata ad un peruviano, non è compito semplice.