Tassa sindaci e Comuni falliti raddoppia: 200 euro da ogni cittadino

di Riccardo Galli
Pubblicato il 7 Novembre 2012 - 14:28 OLTRE 6 MESI FA
Soldi

ROMA – L’amministratore locale, il sindaco che ha disastrato il bilancio del Comune da lui amministrato va punito? Punito nella carriera politica, punito nella tasca privata? Sembrava, l’una o l’altra punizione, sembrava dovesse arrivare l’una o l’altra sanzione. E invece no, certo che no: il sindaco fallito anzi va aiutato, aiutato con 200 euro a testa. A testa dei suoi amministrati e malcapitati. Governo e partiti si sono per una volta trovati concordi nel cancellare con un tratto di penna una delle forse poche buone cose che il federalismo fiscale prevedeva. E cioè che a fronte del dissesto dichiarato dalla Corte dei Conti arrivasse nei Comuni incriminati un commissario, una sorta di procedura fallimentare per il pagamento dei creditori, l’ineleggibilità degli amministratori ritenuti responsabili e, se del caso, nuove visibili tasse da attribuire alla esplicita responsabilità di chi aveva mal governato.

E invece niente. Anzi, al contrario, gli amministratori alle prese con dissesti finanziari avranno persino un premio: l’aumento del fondo “d’emergenza” a loro disposizione che passerà da 100 a 200 euro per cittadino residente e nessuna incandidabilità.

Nonostante i distinguo e i veri e propri dissensi tra governo e partiti che lo sostengono sulla legge di stabilità, maggioranza ed esecutivo si sono trovati perfettamente d’accordo nel rivedere parte dei decreti attuativi del federalismo fiscale. E hanno deciso di raddoppiare i fondi a disposizione delle amministrazioni locali alle prese con bilanci in profondo rosso portandoli a 200 euro a cittadino.

Come scrive Sergio Rizzo sul Corriere della Sera “siamo certi che qualcuno, purtroppo, si dovrà far carico di mettere rimedio a situazioni come quelle di Napoli o Alessandria. Toccherà ai napoletani e agli alessandrini direte. Ma non sappiamo nemmeno se sia giusto che debbano pagare tutti i napoletani o tutti gli alessandrini. (…) Ma se sia ragionevole mettere sul conto di ogni contribuente gli effetti di clamorosi errori (nella migliore delle ipotesi) di sciagurate scelte politiche, è una domanda assolutamente fondata”.

Qualcuno certo dovrà pagare. Se un buco c’è, bisogna riempirlo. Ma a chi spetta dover pagare? Alla comunità tutta, cioè al Paese che soccorre chi è in difficoltà, oppure a quei cittadini che l’amministrazione incriminata hanno eletto? Una domanda fondata quella di Rizzo soprattutto perché gli amministratori chiamati a risanare, mettendo mano anche a quei 200 euro a cittadino che da ora avranno a disposizione, sono spesso gli stessi che i danni hanno creato.

E se è evidente che quando c’è un buco di bilancio qualcuno dovrà riempirlo, altrettanto evidente sembrerebbe essere che chi quel buco ha creato vada almeno politicamente punito. Statalisti e federalisti dovrebbero infatti essere d’accordo che chi i danni ha fatto non possa amministrare più i soldi pubblici, compresi e in particolare quelli sborsati in più per riparare ai loro errori. Sembrerebbe ovvio ma così non è perché è appena stato scelto, concordemente, di cancellare le norme in tal senso appena approvate. Consentendo così agli amministratori incapaci non solo di non essere puniti, a questo serviva l’incandidabilità, come sanzione per un operato negativo, ma anche di restare al loro posto e poter disporre di soldi extra presi dalle tasche dei cittadini. E nulla gli impedirà poi di essere magari promossi in Parlamento alla prossima tornata elettorale.