Le scuole occupate sono un danno. Che va fatto pagare alle famiglie

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 26 Novembre 2017 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
scuola-occupata

Un istituto occupato dagli studenti

Se non fosse stato per il video hard diffuso tramite WhatsApp sulle performances sessuali di due studenti del liceo Virgilio di Roma a destare l’attenzione pruriginosa del pubblico giornalistico e televisivo, nessuno avrebbe rilevato che quell’antico e prestigioso istituto romano, del quale si è detto spesso per la bravura di professori e presidi, era stato occupato. E in “regime” di occupazione era avvenuto il fatto boccaccesco. Così, mentre giornali e televisioni ospitano sociologi e pedagogisti per dire di quel che muove certi comportamenti, che non sono evidentemente nuovi se non nella compiaciuta esibizione alla presenza di estranei e nella diffusione delle immagini attraverso i social, a dire dello svilimento dei sentimenti e del sesso, nessuno parla dell’occupazione, anch’esso fatto non nuovo e, come di consueto, tollerato. Perché in quella scuola che, a seguito dell’occupazione è diventata una “piazza aperta”, come l’ha qualificata un professore intervistato da TG Cronache de La7, nessuno ha cercato di ristabilire il rispetto della legge. Neppure la Polizia “che sa ma non interviene”. Dichiarazioni rese mentre la telecamera indugiava impietosamente su un portone imbrattato fino all’inverosimile, come le pareti laterali.

Sennonché, a dirla tutta ed a collocarla nel contesto giuridico cui appartiene, l’occupazione costituisce un illecito dai molteplici profili, penali e di danno erariale, perché interrompe l’esercizio di una funzione pubblica ed impedisce la libera fruizione del servizio scuola per quanti intendessero seguire comunque le lezioni. Sottrae un bene dello Stato destinato all’esercizio di una attività, l’insegnamento, che grava sul bilancio pubblico, cioè sulle tasche di tutti, anche dei genitori degli occupanti.

È evidente che gli studenti possono disertare le aule, quel che un tempo si dicevamarinare la scuola. Ci saranno conseguenze sul piano disciplinare? È previsto, quando l’assenza ingiustificata si protrae per un certo periodo rispetto alla durata legale dell’anno scolastico, che vi siano delle conseguenze sul piano dell’esito finale.

L’occupazione, come intuitivo, è contraria a regole elementari. Al di là dei danni che essa può provocare, come l’esperienza insegna, all’edificio scolastico ed ai suoi arredi, e con l’utilizzazione impropria di strutture informatiche e con aggravio dei costi di gestione delle utenze, l’occupazione costituisce essa stessa quello che si definisce un “pregiudizio erariale”, cioè un danno al bilancio pubblico.

Chi ne è responsabile sul piano giuridico? La questione è delicata. Si può ritenere illecita la mancata, ingiustificata partecipazione alle lezioni? È possibile ritenere che, diversamente da quanto avviene nel lavoro dipendente, dove lo sciopero è un diritto fondamentale con il quale vengono rivendicate migliori condizioni di lavoro, economiche e distatusdei lavoratori, gli studenti non possano protestare e rivendicare anch’essi un diverso modo di insegnare e materie da inserire nel programma degli studi?

In teoria questo non dovrebbe essere consentito in quanto è lo Stato che decide cosa e come insegnare, sulla base di valutazioni che spettano a chi insegna e non a chi deve imparare in quanto non sa. Perché solo lo Stato è in condizioni di apprezzare le esigenze del mondo della cultura e del lavoro e solamente allo Stato spetta individuare gli obiettivi di formazione delle future classi professionali ai vari livelli.

Ma se vogliamo lasciare al dibattito politico il confronto sui termini nei quali può determinarsi la protesta studentesca ed ammettiamo che lo studente possa disertare le lezioni senza pregiudizi per l’esito dell’anno scolastico, non di meno resta il tema della imputabilità dei danni prodotti nel corso dell’occupazione della scuola. Che sono di due tipi: quelli provocati dagli studenti ai locali, agli arredi e alle utenze dei quali devono rispondere innanzitutto le famiglie degli occupanti. I Presidi devono chiedere loro i danni. Non farlo fa gravare su di essi una diversa responsabilità, di natura “erariale”, di competenza della Corte dei conti. Infatti non pretendere il risarcimento di un danno ingiusto costituisce un comportamento illecito per un pubblico funzionario. Una responsabilità che si aggiunge a quella per l’interruzione del servizio scuola nel quale saranno coinvolti anche i responsabili delle Forze di Polizia (il Questore). I Presidi per non aver messo in atto tutte le misure per impedire l’occupazione dei locali, il secondo per non essere intervenuto a liberarli per consentire la prosecuzione dei corsi. Senza arrivare al caso del Preside che a Roma, qualche anno fa, di fronte ad un’assemblea studentesca decisa a proclamare lo “sciopero” e ad occupare i locali, ha consegnato agli studenti le chiavi del portone d’ingresso e se ne è andato a casa.

E qui s’innesca anche una responsabilità del governo di “natura politica”, insindacabile in sede giudiziaria, in quanto l’autorità politica potrebbe decidere di non intervenire per motivi di ordine pubblico.

Ma una cosa è certa. Se si attivasse la regola elementare della responsabilità civile per danno, quella per cui “chi rompe paga”, e una volta tanto i genitori degli studenti fossero chiamati a risarcire i danni provocati all’immobile e agli arredi dai loro figli “birichini”, probabilmente le occupazioni non si farebbero più o potrebbero svolgersi con astensione dalle lezioni le quali potrebbero essere tenute ugualmente per quanti volessero parteciparvi.

E questo diventerebbe un Paese normale.

(daLa Verità, 22 novembre 2017, pagina 10)