Animatori del Simposio delle imbecillità

Può il ministro Lollobrigida scendere dal treno in ritardo? Si può dire che anche le donne possono essere cattive? Si può dire patriarcato in tv o si allude malignamente alla Meloni? Questo il dibattito che passa il convento, cioè il Simposio delle imbecillità.

di Lucio Fero
Pubblicato il 22 Novembre 2023 - 10:53

Foto Ansa

Se il ministro può scendere dal treno in ritardo…Interrogativo che squassa le coscienze. Se le donne possono essere cattive…Dilemma ontologico irrisolto dal tempo della mela, della prima mela. Se si può dire patriarcato in tv…Se quindi sia sovversione o libertà pronunciare la parola, se dirla in tv sia allusione maligna alla Destra che governa o sia…Se la maglietta della sorella della ragazza morta ammazzata sia…satanista! O se il leghista che lo denuncia sia, per comprenderlo davvero, da sottoporre all’alcol test…Questo il dibattito odierno intellettual-giornalistico (ma ogni giorno è più o meno così, la qualità mantiene lo stesso standard). Un simposio di imbecillità recitate come fossero liriche.

No, il dibattito no! Ma al peggio…

Una volta…una volta ci si provava a difendere con il “No, il dibattito no!”. L’intimazione/implorazione era rivolta ai politici e ai loro emuli da cine club, dopo lavoro, bar, salotti e tinelli. Ma ora c’è chi fa peggio dei politici, li supera, previene, perfino stimola  e sollecita ad esibirsi in imbecillità. La gente sui social? Certo lì ci si dà da fare alla grande in e su questioni imbecilli. Lì si è assidui assuntori e diffusori di imbecillità. Alla grande. Ma senza professionalità.

Professionalità che invece c’è e si riscontra nella contemporanea attività intellettual-giornalistica. Il simposio delle imbecillità si avvale, poggia e mostra una certezza: sono questioni imbecilli da qualunque lato le si maneggi. Poi il simposio delle imbecillità convive con una constatazione: le questioni imbecilli hanno pieno diritto di cittadinanza e sono a misura della vita pubblica raccontata e messa in scena. Basta guardarsi una pomeridiana o un pre serale o un prima serata di Rai o Mediaset per vedere, sentire, apprezzare il caldo invito, l’accorata partecipazione, la naturale consuetudine ad occuparsi i maniera imbecille di questioni imbecilli.

La certezza, la constatazione e quindi, ultimo ma non ultimo, il sospetto. Anzi più che un sospetto, la pluralità di indizi: il simposio delle imbecillità è curato e alimentato dalle capacità intellettuali ed emotive del “ceto” intellettual-giornalistico. Redazioni e maestri d’opinione, conduttori tv (non solo di talk show para politici) e titolisti di prime pagine, cacciatori di trend social addetti alle home page di quotidiani e siti vari, esperti di bosco e di riviera si nutrono e nutrono il simposio delle imbecillità. E lo fanno con voluttà oltre che impegno.

Si sentono, ad esempio, fichi e ganzi quando nell’angolo che si vuole a sinistra nel simposio delle imbecillità qualcuno titola, fiero del suo indignarsi, come “incredibile” che un essere umano di sesso femminile possa essere cattivo o fare cose cattive. Si sentono, a simmetrico esempio, fichi e ganzi nell’angolo a destra nel simposio quando aprono la prima pagina di un quotidiano con il delirio allucinato che annuncia: “La Gruber scopre le carte”. E via ad illustrare come la sinistra vorrebbe fare, stia facendo di Giulia Cecchettin una martire della lotta alla Meloni. Si sentono fichi e ganzi, in effetti sono gli animatori del Simposio degli imbecilli e delle imbecillità.