Morto Valclav Havel: ultimo presidente della Cecoslovacchia

Pubblicato il 18 Dicembre 2011 - 12:26 OLTRE 6 MESI FA

VIENNA, 18 DIC – E’ morto all’eta’ di 75 anni Vaclav Havel, l’ultimo presidente cecoslovacco e il primo presidente ceco dopo la caduta dell’ex regime comunista nel 1989.

”E’ morto nel sonno, nella sua casa a Hradecek, (paese nella regione di Trutnov, ndr) in presenza della moglie, l’attrice Dagmar”, ha reso noto la sua segretaria, Sabina Tancevova. Havel, che soffriva da tempo di problemi all’apparato respiratorio dovuti agli passati nelle carceri comuniste, e’ comparso per l’ultima volta in pubblico una settimana fa in occasione della visita del Dalai Lama a Praga.

”Mi sono sentito come in teatro quando sei un attor giovane e si scopre che gli interpreti principali non ci sono più e comunque non possono recitare. In quel momento sulla scena servivano politici democratici e dove li potevi trovare politici democratici nella Cecoslovacchia dell’89? E allora che fa l’attor giovane? Entra in scena e da’ il meglio di se”’, cosi’ il drammaturgo Vaclav Havel, morto oggi a Praga a 75 anni, ricordava la sua esperienza da presidente della Cecoslovacchia e primo presidente della Repubblica Ceca. Fu un drammaturgo prestato alla politica e infatti, finita l’esperienza politica, a quasi 20 anni dal suo ultimo testo, nel 2007 torno’ a scrivere per il teatro, Gli addii, una piece messa in scena nel 2008 e che un anno fa e’ diventata anche un film da lui stesso diretto, il primo. Coronò così il vecchio sogno della regia che il regime comunista gli aveva impedito di coltivare da giovane. Havel aveva scelto come protagonisti sua moglie, l’attrice Dagmar, se stesso, suo fratello, gli amici e anche il suo cane. Storia di un politico costretto a lasciare l’incarico e incapace di rassegnarsi con la perdita del potere.

Le critiche per la verita’ non erano state buone. Nel marzo scorso aveva annunciato di essere impegnato con una nuova opera, Sanatorio, con la quale intendeva chiudere la carriera. Molto vasta e’ la sua opera letteraria, drammatica e saggistica, anche se la sua attivita’ politica, di dissidente nel comunismo e presidente dopo la caduta del regime nel 1989, a volte mise in ombra quella artistica. Tra i suoi lavori di teatro figurano Festa in giardino (1963), Memorandum (1965), Difficolta’ di concentrazione (1968), L’Udienza (1975), Largo desolato (1984) e Il Risanamento (1987).

Il nome di Vaclav Havel, morto oggi a Praga, arriva in Italia negli anni ’60, quando la rivista ”Sipario” presenta i nuovi autori del teatro cecoslovacco, ed e’ unito a quelli di Otmar Krejca, Josef Svoboda o Pavel Kohout. Drammi come Memorandum, (giocato su gag estreme e irreali) o Festa agreste (satira dei funzionari di partito e della burocrazia) gli stanno dando notorieta’ internazionale e vengono lette anche in chiave politica e ideologica. Il suo teatro dell’ assurdo e una certa vena esistenzialista alla Camus sono il mezzo per ritrarre una realta’ sempre piu’ illogica e ingiusta nel nome di un socialismo ormai degenerato.

Nel ’68 Havel vive l’esperimento di Dubcek, ma, quando questi si mostra fiducioso nella possibilita’ di patteggiamenti e compromessi col Cremlino, si pronuncia per scelte piu’ decise, pur avvertendo gia’ allora, con fine preveggenza, l’incognita delle due identita’ cecoslovacche, che avrebbero preteso l’indipendenza, come dimostrano i suoi scritti e ricorda l’autobiografia dell’86 in forma d’intervista Interrogatorio a distanza.

Del resto lo scrittore dopo la Primavera sara’ fiero oppositore del nuovo regime e arrivera’ ad essere tra i promotori di Charta 77, rifiutando il visto di espatrio, offertogli dopo una condanna alla prigione, da cui nacquero tra l’altro le Lettere ad Olga (sua moglie). Al teatro Havel, che per sopravvivere passava da un mestiere da manovale all’altro, approda come uomo di fatica e vi scopre il mondo che lo conquistera’ e lo portera’ a far parte della cerchia di intellettuali dissidenti che appoggeranno l’esperimento della Primavera di Dubcek. Proprio del ’68 e’ il suo dramma Difficolta’ di concentrazione che vuol mostrare, con una nota quasi moraviana, le difficolta’ dell’uomo d’oggi nel conservare la propria identita’, un sentire personale in una societa’ senza piu’ veri valori e idee.

Cosi’ negli anni ’70 la sua opera e’ messa al bando e Havel e’ costretto a lavorare di nascosto e a pubblicare all’estero, dove tra l’altro esce L’opera dello straccione, riscrittura dell’ Opera da tre soldi e dal dramma elisabettiano di John Gay. E’ l’epoca in cui allo Stabile di Genova si rappresenta Memorandum con regia di Marcello Aste.

All’estero Havel e’ allestito nei grandi teatri, in patria in una sala praghese semiclandestina due suoi atti unici sono visti come un vera provocazione dal regime, L’udienza e Vernissage. Quindi Havel scrive Albergo di montagna, con cui torna alla parabola esistenziale e al tema dell’ indifferenza e alienazione come delusione del presente. Un caso a parte rappresenta invece I cospiratori del 1971, rappresentato una sola volta in Germania e mai tradotto in altre lingue per precisa volonta’ dell’ autore, dubbioso sulla reale validita’ del lavoro. In Italia il teatro di Havel, pubblicato in gran parte in riviste mentre il suo editore principale e’ Garzanti, non ha avuto grande fortuna, anche se si contano vari allestimenti.