Berlusconi-Fini e i tormenti del centrodestra

Pubblicato il 17 Aprile 2010 - 12:48 OLTRE 6 MESI FA

Si susseguono i botta e risposta all’interno della maggioranza in seguito al dissidio apertosi tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il cofondatore del Pdl e presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, lamenta, in un’intervista al Giornale, una scarsa attenzione in termini di assegnazione di ruoli e poltrone ai popolari, che hanno scelto «con coerenza di far parte del Popolo della libertà e contribuire alla vittoria». Per il sottosegretario, l’Udc, che si è alleata alle elezioni regionali “secondo convenienza”, prende assessorati e posti in giunta mentre ai popolari non è arrivato nulla.«Credo che sarà molto difficile continuare ad essere coerenti se non verrà riconosciuto il nostro contributo – avverte Giovanardi – La verità è che prendono tutto gli ex di An e Forza Italia». Secondo il sottosegretario, dentro al Pdl si vive in una sorta di asfissia, manca la democrazia. Basta pensare alla vicenda dei coordinatori provinciali, tutti piovuti dall’alto, da Roma. «Se si va avanti così – conclude Giovanardi – sarà inevitabile che ognuno si faccia il partitino suo, in modo da andare a giocarsi la sua percentuale al momento delle elezioni».

D’altro avviso il viceministro allo sviluppo economico, Adolfo Urso, che si dichiara pronto a fare la conta dei deputati e senatori se non arriveranno le “risposte politiche”. Così il viceministro, in un’intervista al Messaggero, commenta il risultato dell’ufficio di presidenza del Pdl, convocato per la prima volta ieri. «Nel partito è cominciato quel percorso che il presidente Fini aveva sollecitato – afferma Urso – e che dobbiamo definire con una chiara scelta politica entro pochi giorni». In sostanza, si tratta di riportare il Pdl a «parito guida della coalizione, in un rapporto fruttifero con i nostri alleati della Lega – prosegue il viceministro – . Il che significa avviare su basi diverse il processo delle riforme». Secondo Urso, «Berlusconi ha capito che urge rinsaldare il rapporto con il cofondatore” e questo risultato aprirebbe per Urso una fase di discussione e confronto nel Pdl che era impensabile fino a ieri.

Ipotesi spalleggiata anche da Andrea Ronchi che al quotidiano Repubblica dichiara: «All’interno del Pdl c’é qualcuno che lavora per distruggere. Ci sono persone che con la rottura pensano di guadagnarci». Il ministro delle Politiche Comunitarie, senza fare nomi, lancia l’avvertimento e, allo stesso tempo, ritiene scongiurata la possibilità di una scissione all’interno del Pdl o l’uscita del presidente della Camera, Fini dal partito. «Qui ci sono solo questioni politiche e chi interpreta le cose in modo diverso non conosce la moralità di Fini». I fondatori del Pdl, secondo Ronchi, sostengono entrambi che il partito vada rafforzato e questo è anche il risultato della riunione dell’ufficio di presidenza, dove è stato fatto un “lavoro profondo”. «Serve un ruolo centrale del cofondatore che non può leggere dalle agenzie che un ministro – prosegue riferendosi a Calderoli – presenta la bozza sulle riforme al Capo dello Stato senza essere informato». Il nodo da sciogliere, quindi, è quello della Lega che è un alleato, sì, «ma non può dettare l’agenda del governo». Esclusa secondo Ronchi anche la possibilità di andare verso elezioni anticipate.

Il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, si appella a Fini affinchè rinunci all’idea di formare gruppi parlamentari autonomi. In una intervista rilasciata a Libero, spiega che l’eventuale separazione «implicherebbe la creazione di due partiti diversi» con «conseguenze politiche molto profonde». Cicchitto ritiene che per quanto riguarda la legislatura forse non ci saranno conseguenze immediate. Ma bisogna aspettare cosa succederà nel medio-lungo periodo: «gli elementi di concorrenzialità tra le due nuove formazioni potrebbero provocare conseguenze negative per il governo. Dipenderebbe dalla posizione politica assunta dal nuovo gruppo». A quel punto il rischio, paventato da Schifani, di elezioni anticipate, «diventerebbe molto forte».

Secondo Cicchitto «si può certamente liberamente discutere nel PdL, ma queste tematiche non giustificano iniziative di rottura, come la formazione di un nuovo gruppo parlamentare». «Nel centrodestra – sottolinea il presidente dei deputati del Pdl – è in atto un aperto dibattito politico, la cui serietà smentisce le rappresentazioni caricaturali che sono state date del Pdl. Il centrodestra le elezioni regionali ed anche le ultime comunali le ha vinte ampiamente. In questo quadro è certamente giustificabile un dibattito nel partito per esaminare le luci ed anche i problemi emersi in questa vittoria: come coniugare al Nord l’alleanza con la Lega e una concorrenza con essa, come portare avanti il piano per il Sud elaborato dal ministro Scajola, come riuscire nei prossimi tre anni a coniugare insieme una politica economica inevitabilmente di rigore, visto il nostro livello di debito pubblico, con una politica che favorisce la crescita. A questo proposito non si può certamente mutuare la linea di Bersani (più spesa e meno fisco), che ci porterebbe direttamente ad una situazione greca. Di qui l’esigenza di definire una politica di organici tagli alla spesa per consentire una riduzione della pressione fiscale. Di tutto questo e d’altro ancora si può certamente liberamente discutere nel PdL, ma queste tematiche non giustificano iniziative di rottura, come la formazione di un nuovo gruppo parlamentare».

«È auspicabile – conclude Cicchitto – , finchè si è in tempo, evitare iniziative che potrebbero avere conseguenze non facilmente controllabili. Per parte sua, il centrosinistra non può dare lezioni perchè ha perso le elezioni nel Nord e nel Sud, è attraversato dal punto di vista politico da una sorta di confusione delle lingue, ed ha una permanente crisi della leadership».

Dalle colonne del Corriere della Sera la richiesta di un “vero e risolutivo” chiarimento politico sui problemi interni al Pdl, sui rapporti con la Lega e sui nodi della crisi economica. A chiederlo è l’ex ministro Giuseppe Pisanu che, come Ronchi, esclude di essere alla vigilia di una scissione all’interno del Pdl ad opera del presidente della Camera. «Fini riconosce a priori la leadership di Berlusconi – dice Pisanu – e il suo diritto-dovere di governare». Il Pd e il Pdl, secondo l’ex ministro, alla luce del risultato elettorale dovrebbero preoccuparsi dell’aumento dell’astensionismo e dei voti di protesta, entrambi segnali che il bipolarismo selvaggio ha fallito. Il Carroccio, secondo l’ex ministro, va ridimensionato, visto che rappresenta il 12,3% degli elettori e l’8,3% dei parlamentari chiamati a fare le riforme. «Non può pretendere di essere motore e guida della politica nazionale ostentando un’egemonia gramsciana da moderno principe che non ha». Infine, l’ex ministro, critica il federalismo fiscale che rischia di allargare il divario tra il Nord e il Sud del Paese. Una rottura che Pisanu definisce “secessione silenziosa”.

Anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha detto che lo “strappo” va ricucito: «Per quanto riguarda la situazione Fini-Berlusconi stiamo lavorando affinchè ci sia una ricomposizione e, alla fine, il Pdl rimanga unito». «Questo è un momento eccezionale della vita del Paese – ha aggiunto il sindaco -dobbiamo avere un partito unito e forte che porti avanti la trasformazione dell’Italia». A chi gli chiedeva se oggi avrebbe incontrato il premier e il presidente della Camera, Alemanno ha risposto: «Non lo so, è presto per dirlo».

Alemanno non crede che ci sarà la “scissione” interna al partito: «Credo che non ci sarà la costituzione di nessun nuovo gruppo, sarebbe un errore e penso che non avverrà. Sicuramente». «Non bisogna drammatizzare – ha aggiunto il sindaco – perchè la politica è fatta anche di questi momenti di difficoltà e crisi. Mi auguro che prevalga il buon senso e che si risolvano tutti i problemi. Credo nel Pdl, una grande intuizione politica, in cui ci deve essere spazio per diverse espressioni e modi di essere, perchè solo così si può essere un partito da 40%».

Anche secondo Gianfranco Rotondi «va evitata la scissione ed è il momento di dare a Berlusconi il massimo sostegno». Il ministro per l’Attuazione del Programma ha aggiunto che «la gente legge le nostre divisioni come una fuga dalle responsabilità che gli elettori ci hanno dato. Fini – conclude – è patrimonio di tutto il Pdl e non di una curva di tifosi».

E’ invece scettico il ministro della Giustizia Angelino Alfano: «Non sono certo» che i contrasti tra Berlusconi e Fini si appianino. Sull’ipotesi di elezioni anticipate, il Guardasigilli ha detto: «Abbiamo una considerazione del bipolarismo che contiene un fatto etico: chi vince le elezioni governa con la maggioranza che ha annunciato durante la campagna elettorale. Se la maggioranza non è più tale si torna a chiedere un parere al corpo elettorale».

I dissapori del centrodestra si riflettono anche sull’opposizione. I problemi tra il premier Silvio Berlusconi ed il presidente della Camera, Gianfranco Fini, «forse si aggiusteranno ma non si risolveranno». È la convinzione che il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, esprime intervenendo alla direzione del partito nazionale. Se invece gli scenari saranno diversi, ha ribadito Bersani, serve «una convergenza repubblicana con chi vuole difendere la Costituzione». Secca la risposta del capogruppo e leader della minoranza, Dario Franceschini, che già ieri si era scagliato contro l’ipotesi di di apertura a Casini e Fini lanciata da Massimo ?D’Alema. «L’attacco a Fini da parte di Berlusconi è la conferma che Berlusconi sa di aver vinto – afferma Franceschini – Non bisogna fare a Fini il torto di considerarlo “di qua” e coinvolgerlo in scenari confusi perché lui sta facendo una battaglia per una destra normale ma è un nostro avversario». «La situazione – ha aggiunto – è mobile sia per quanto riguarda il PdL sia per il confronto sulle riforme». L’unica strada resta quella della «difesa del bipolarismo».