Berlusconi e Ruby: quella sera in Questura le due telefonate del premier

Pubblicato il 14 Gennaio 2011 - 21:15 OLTRE 6 MESI FA

Ruby

Due telefonate e una bugia, verbali e relazioni che raccontano le discrepanze tra la versione della questura e quella della Procura dei minori: l’inizio dell’indagine che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati del premier Silvio Berlusconi sta in quelle 8 ore – dalle 18.15 del 27 maggio del 2010 alle 2 del 28 – passate da Ruby, prima nelle stanze del commissariato Monforte-Vittoria e poi in quelle della questura di via Fatebenefratelli. Ecco, dunque, cosa accadde quel 27 maggio. Ruby viene fermata in corso Buenos Aires dagli agenti Cafaro e Russo della volante Monforte Bis I turno.

A chiamarli è Caterina Pasquino, una donna che dice di aver riconosciuto Ruby come la ragazza che aveva ospitato a casa e che le aveva rubato 3mila euro e alcuni oggetti in oro. Una volta accertato che Ruby era segnalata nei terminali delle forze di polizia per esser scappata da una comunità, scrivono gli agenti, ”si dava notizia al pm di turno per i minori la quale disponeva che la giovane fosse sottoposta ai relativi rilievi fotodattiloscopici” e successivamente ”di reperire una comunità disponibile a cui affidare la ragazza”.

In Questura Ruby viene accompagnata dagli agenti di un’altra volante, Landolfi e Ferrazzano. E’ il primo a mettere a verbale, due mesi dopo, cosa accadde, ricostruendo i tentativi di individuare una comunità per Ruby. ”Dopo un giro di telefonate presso le strutture di accoglienza per minori ricevevo risposta negativa”. Mentre Landolfi fa le telefonate, però, in questura succede qualcosa. Sono le 23 del 27 maggio: sul telefono di servizio del capo di gabinetto, Pietro Ostuni, chiama uno dei responsabili del dispositivo di sicurezza del premier.

”Il quale – si legge nella relazione del questore – gli preannunciava che il presidente voleva interloquire con lo stesso”. ”So – dice il caposcorta – che da voi c’è una ragazza che è stata fermata. E’ una persona che conosciamo e dunque volevamo sapere che cosa sta succedendo. Anche il presidente la conosce, anzi aspetta che adesso te lo passo”. A quel punto parla Berlusconi: ”Dottore – dice – volevo confermare che conosciamo questa ragazza, ma soprattutto spiegarle che ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak e dunque sarebbe opportuno evitare che sia trasferita in una struttura di accoglienza. Credo che sarebbe meglio affidarla ad una persona di fiducia e per questo volevo informarla che entro breve arriverà da voi il consigliere regionale Nicole Minetti che se ne occuperà volentieri”.

Il caposcorta richiamerà un’ora dopo, per chiedere ”ulteriori chiarimenti sulla vicenda”. Cosa succede in via Fatebenefratelli dopo la telefonata lo racconta ancora l’agente Landolfi e il funzionario Giorgia Iafrate. ”Di gran corsa venivo raggiunto dalla dottoressa Iafrate – dice il primo – che riferiva di aver ricevuto una telefonata da parte del capo di gabinetto che diceva di lasciar andare la minore e che non andava fotosegnalata. La Iafrate riferiva che era stato contattato da parte della presidenza del Consiglio”.

Una volta arrivata la Minetti, racconta invece la Iafrate, ho ricontattato il pm di turno Annamaria Fiorillo che ”mostrava alcune perplessità in ordine all’identificazione del minore”, ma ”acconsentiva che personale della ps attuasse la procedura alternativa a quella della permanenza nei locali della questura solo se si fosse giunti all’identificazione della ragazza”. Accertamenti che, una volta svolti, ”fornivano le necessarie informazioni per poter ritenere che il momentaneo affidamento al consigliere apparisse la soluzione più idonea”. Per la questura, insomma, ”sono state eseguite tutte le ordinarie procedure previste dal protocollo per i casi di rintraccio di persona minorenne, al termine e nel rispetto dei tempi e procedure previste che non risultano, pertanto, aver subito alcuna influenza”.

Anche il ministro Maroni, nella sua informativa al Parlamento, confermò che in questura sono state applicate ”con assoluta correttezza tutte le procedure di legge” e dunque ”non c’è nulla che possa richiamare frettolosita’ o superficialita”. Quella sera i funzionari ”considerata l’avvenuta identificazione, il ruolo della Minetti e il consenso della ragazza, che affermava di conoscere il consigliere regionale, sulla base delle indicazioni del pm veniva redatto il verbale di affidamento”. La Fiorillo, nella relazione inviata al Csm dice però qualcosa di diverso. Afferma che ebbe ‘notevoli perplessità’ nell’affidare Ruby alla Minetti, tanto che ”le esternai con chiarezza all’interlocutrice, sottolineando in modo assertivo l’inopportunita’ di un affidamento a persona estranea alla famiglia senza l’intervento dei servizi sociali”. E in altre telefonate ”rimarcai la necessità di acquisire i documenti comprovanti l’identità della ragazza e di accompagnarla comunque presso una comunità protetta”.

E dunque, conclude, ”non ricordo di avere autorizzato l’affidamento della minore a Minetti Nicole”. Fatto sta che Ruby finisce con la Minetti. Ma il consigliere non si prese cura della ragazza nonostante avesse l’obbligo di ”tenere la minore a disposizione del pm e di vigiliare sul suo comportamento”: il 5 giugno Ruby fu trovata a Milano in ”atteggiamenti non adeguati” dopo aver litigato con Michele Conceicao, la brasiliana che la notte del 28 maggio era fuori dalla questura e che dice di aver chiamato lei sia il premier Berlusconi sia la Minetti. ”Fui io a chiamare quella sera Berlusconi. Lo conosco da tempo, il presidente mi aveva lasciato il numero di un suo cellulare. Sono state anche a casa sua”. Ma perche’ Michele e Ruby litigarono? ”Mi aveva indotta a prostiturmi – racconto’ Ruby – con clienti che portava a casa”.