Bondi se ne va, la parabola discendente di due anni da ministro della Cultura

Pubblicato il 23 Marzo 2011 - 13:42 OLTRE 6 MESI FA

Sandro Bondi

ROMA – Dopo 2 anni difficili, arrivano le dimissioni definitive di Sandro Bondi da ministro dei beni culturali. Si è cosi’ ‘liberato’ da un incarico che da mesi – parole sue – era diventato un fardello tanto insostenibile da costringerlo a non farsi più vedere da tempo al dicastero. Causa principale – da lui stesso più volte indicata – la ”ferita” della mozione di sfiducia individuale presentata dall’opposizione.

Un insulto ”umano” non lenito neppure dalla mancata approvazione della sfiducia in parlamento. L’altra concausa può essere individuata in una politica di risparmio ”culturale” – voluta dal ministro Tremonti e non sempre condivisa dallo stesso Bondi – che gli ha messo contro una larghissima parte del settore governato dal suo ministero.

Bondi arriva al ministero nel 2008 dopo una carriera tutta in Forza Italia nata alla fine degli anni ’90 con la folgorazione – per lui, ex Fgci, ex sindaco comunista e poi diessino a Fivizzano (Massa Carrara) – per Silvio Berlusconi. Animo da poeta (autore tra l’altro di ‘Versi Diversi’, rime pubblicate su Vanity Fair), autore di libri sulla sua fede religiosa, amico di artisti, Bondi è stato alfiere di una politica culturale alternativa alla sinistra.

La responsabilità del ministero è stata per lui un approdo ricercato e per il quale, tra le altre cose, ha persino superato la paura dell’aereo: ad inizio mandato, nel 2008, dopo 10 anni di astinenza, è volato fino a Mosca per un vertice bilaterale. La sua permanenza al ministero della cultura non e’ stata pero’ tra le piu’ semplici. Prime avvisaglie sono state nel febbraio del 2009 le dimissioni di Salvatore Settis dalla presidenza del Consiglio dei beni culturali: ”un dissenso di fondo” sulla sua gestione e la tutela della politica culturale del governo mai superato.

A complicare le cose, una serie di nomine: a partire da quella di Mario Resca (ex uomo della McDonald’s Italia) a direttore della gestione dei musei e per finire con quella di Vittorio Sgarbi a soprintendente speciale di Venezia e curatore del Padiglione Italia alla Biennale. La crisi internazionale con la conseguente stretta economica lo penalizza: più si intravede la reale portata dei tagli alla cultura, più crescono le contestazioni: sul red carpet della Festa internazionale del Cinema di Roma 2010 (e Bondi non è andato un mese prima alla Mostra del cinema di Venezia) gli attori fanno la voce grossa.

Ospite di Michele Santoro nello studio di Annozero, il 18 novembre del 2010, il ministro viene fischiato in diretta da Fontana di Trevi mentre Riccardo Scamarcio si fa portavoce delle richieste del mondo dello spettacolo. Via via sono poi tutti gli altri comparti dello spettacolo a muovergli contro: a cominciare dalle Fondazioni Liriche che subiscono un drastico taglio di finanziamenti. Bondi obietta: parla di razionalizzazione, di tagli alle sprechi. Impone in qualche caso a Tremonti di mitigare la scure, ma il più è fatto. Infine arrivano i crolli. Dalla Domus Aurea al Colosseo alla Schola Armaturarum di Pompei e al portale quattrocentesco di Gela, parzialmente crollato a novembre, il 2010 sembra un bollettino di guerra.

E se anche Bondi non può essere responsabile per anni di incuria precedente e per le condizioni del tempo, l’impatto nazionale e internazionale dei crolli e’ fortissimo. Soprattutto per Pompei, patrimonio dell’umanità: il ministro è chiamato a discolparsi dalla stampa di tutto il mondo. Al colmo delle polemiche, a fine anno, l’Idv rivela ”consulenze a pioggia agli amici degli amici oltre al figlio della sua compagna”, Manuela Repetti parlamentare Pdl. Il ministro contrattacca e parla di distorsione della verità e di ”vergogna” per le accuse. Il 26 gennaio del 2001 – dopo settimane di accuse e di contraccuse – infine in parlamento si discute la fiducia al ministro. Nel suo intervento Bondi denuncia una ”nuova prassi” per ”umiliare” gli avversari politici, rivendica i meriti e ammette i demeriti.

Al voto vince, la sfiducia non passa. Tuttavia – nonostante gli appassionati interventi del suo sottosegretario Francesco Giro che in questi mesi ne ha rivendicato l’azione politica – Bondi si allontana sempre piu’ dal ministero e dalla sua gestione. E non esita ad affermarlo pubblicamente: lui con i beni culturali – stremati dall’ultima scure di Tremonti che taglia altri 70 milioni di euro e provoca cosi’ le dimissioni di Andrea Carandini, successore di Settis – ha chiuso. E si parla di Gianfranco Galan, attuale ministro dell’agricoltura come suo successore. I giochi intanto si riaprono in questo mese con l’intervento del maestro Muti che grazie anche alla mediazione del sindaco Alemanno convince Tremonti – pressato anche dal premier Berlusconi – ad un reintegro dei fondi per la cultura: impegno mantenuto oggi con reintegro per Fus (149 mln) e cultura.