“Bulli” a destra,”Sibille” a sinistra. Bossi e Berlusconi picchiano parlando, Bersani e Vendola: ma che dicono?

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 26 Agosto 2010 - 14:23| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Fa pena guardare i giornalisti e la politica pendere e dipendere dai borbottii e dai vaffanculo,  con le dita mimati e di gola soffiati, di Umberto Bossi. Pena per il leader della Lega, che è una testa che ragiona e non un oste che bofonchia, pena per il giornalismo, pena per la politica, entrambi affascinati, ipnotizzati, complici e lenoni del “bullismo” di governo e di telegiornale. Ma sentite questa, made in Pierluigi Bersani, cioè il Pd, cioè l’opposizione: “Proporremmo (con due “m”, quindi proposta eventuale e ipotetica, ndr) un’alleanza democratica per una legislatura costituente che può assumere nell’emergenza la forma di un patto politico ed elettorale vero e proprio o invece può assumere forme più articolate di convergenza…non l’esperienza dell’Unione, semmai la forma e la coerenza di un nuovo Ulivo”. Ma che dici Bersani, ma come parli?

Repubblica che lo intervista si sforza di tradurre Bersani titolando “Addio Unione, ora Nuovo Ulivo”. Traduzione fedele e titolo grande per un grande vuoto. Chi scrive per trenta anni e per mestiere ha “tradotto” il linguaggio dei politici e della politica, ai tempi perfino quello di De Mita. Quindi la traduzione di Bersani è, sarebbe…Ma lasciamo perdere, è inutile tradurre anche conoscendo il linguaggio. Stavo per scrivere che la traduzione è: potremmo allearci alle elezioni con l’Udc e anche con Vendola e Di Pietro, se ci stanno. Ma potremmo anche tentare solo con Vendola e Di Pietro e tifare per un terzo polo che si dovesse formare intorno a Fini e Casini se questo potesse togliere la maggioranza al Senato a Bossi e Berlusconi alleati. Pura ovvietà, pura acqua fresca, depurata di ogni “scoria” che somigli a una scelta, insomma a un senso politico. Perchè l’unico senso, l’unico senso che ha questo parlare e putroppo “questa storia” è che Bersani parla per non dar ragione ma neanche dispiacere a Veltroni e a D’Alema e a Fioroni e a Franceschini. E questo parlar da Sibilla del nulla lo definisce “Suonar le nostre campane”. Se questa è la musica, amen.

Ma a sinistra c’è sempre Nichi Vendola, è altro da Bersani. Parla altro linguaggio, sentiamolo: “Le primarie subito, sono la condizione prima del cantiere che si allestisce in una visione euromediterranea che fonda una nuova narrazione”. Si capisce solo che le primarie sono per Vendola l’attività esclusiva e totalizzante della sinistra, il resto è la versione poetica del “Facimmo ammuina”. La “primaria permanente”, versione postmoderna della rivoluzione permanente per chi se ne ricorda, e poi “visione euro mediterranea”. Ma che dici Vendola, come parli? Di che parli? Sibilla anche Vendola, soffio mistico da interpretare.

A sinistra Sibille, a destra Bulli. Il linguaggio, le parole usate dicono molto, anzi perfino troppo. Maroni, ministro dell’Interno, dice che “vogliono FAR FUORI Berlusconi”. Non dice sostituire, far cadere, mandare in minoranza. No, dice “FARE FUORI”. E fare fuori significa e si usa per indicare azione criminale. Dunque per il ministro degli interni l’azione politica contro Berlusconi è notizia criminis. Dice il Pdl che dire che Berlusconi “dimezza la Costituzione” è “PORNOGRAFIA POLITICA”. Non errore, tesi infondata. No, “PORNOGRAFIA”. Quindi atto osceno e lurido, putrido e infame. In entrambi i casi il linguaggio usato da Maroni e dal Pdl svela che essi considerano il premier “Maestà”. E chi si oppone, critica o addirittura irride alla Maestà è suddito infedele. Paga dazio a questa cultura della Maestà, di certo in maniera inconscia, anche il linguaggio della stampa non berlusconiana. Di Berlusconi scrive infatti Lucia Annunziata su “La Stampa”: “Crisi, depressione, il premier non conosce neanche il significato di questi termini…si affaccia sulla finestra della villa sulle acque piatte del lago e vi vede riflessa, come tutti, la sua mortalità”. Dunque è “mortale”, questa è la sola debolezza della Maestà.

“Stronzo” dice Bossi di Casini. “Coglioni” disse Berlusconi degli elettori di sinistra. “Rompicoglioni” disse Bersani della Gelmini”. “Uomo di merda” ha detto la Santanché di Fini. Ma non è questione di paroloccia, di forma volgare della parlata. Di questo in fondo, per restare a tono, chi se ne frega. E’ questione di sostanza, di parole che svelano e significano l’essere e non  l’apparire, il pensare e non il comunicare. Berlusconi per definire un governo diverso dal suo sceglie “ammucchiata”, parola che rimanda al laido, allo sporco, alla zozzeria. Insomma maggioranze alternative possono essere formate e composte solo da porci. Di Pietro per definire un’intesa con Fini e Casini sceglie “ammucchiata da case di tolleranza”. Quindi l’avversario politico o semplicemente una ipotesi politica altra dalla sua è roba da puttane. E la Padania titola “Senza Casini”, ammiccando al postribolo contenuto nel cognome.

Dunque se dite che dopo l’incontro sul lago tra Bossi e Berlusconi il governo si è incartato ma è tutt’altro che morto, le Sibille della sinistra diranno che è troppo o troppo poco, peseranno l’aggettivo e considereranno rischioso prendere atto o semplice contatto con la realtà. Oppure vi arriverà in testa il bastone del bullo della destra. Bullo di governo e quindi con la divisa da vigile urbano. Vi minaccerà, lasciandovi la scelta tra il subire, scelta umiliante e mortificante, e il reagire con il suo linguaggio domandandogli: ce l’hai le palle per toglierti la divisa e risolverla tra noi un paio di isolati più in là? Scelta perdente, sbagliata e suicida. Non resta che ascoltare, il linguaggio del Bullo di destra che è la cifra non della sua educazione ma della sua azione. E il linguaggio delle Sibille della sinistra che è il linguaggio non della loro impotenza ma della loro inadeguatezza, ormai non solo pratica ma culturale perfino. Buon ascolto, finchè dura.