Def, tesoretto da 1,6 miliardi dove andrà? “Bonus da 80 euro, misura povertà…”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Aprile 2015 - 23:29 OLTRE 6 MESI FA
Def, tesoretto da 1,6 miliardi dove andrà? "Bonus da 80 euro, misura povertà..."

Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan (Foto Lapresse)

ROMA – Dopo un’ora e mezzo di Consiglio dei Ministri il Documento di Economia e Finanza approvato dal governo Renzi conferma il “tesoretto”, o meglio il bonus, da un 1,6 miliardi di euro di cui si era parlato. La “dote” era in realtà già scritta tra le righe nelle tabelle del Programma di stabilità, messo a punto ed esaminato dal Cdm di martedì scorso, ma solo venerdì è salito a galla.

Per conoscerne la destinazione bisognerà però attendere ancora “qualche settimana”, anche se qualcosa è già trapelato. O quantomeno può essere intuito dalle dichiarazioni di molti esponenti del Pd, da Roberto Speranza a Filippo Taddei a Cesare Damiano. Il premier le ha definite solo “ipotesi”, ma la più accreditata è quella di un possibile intervento sul welfare. Magari con un sorta di 80 euro anche per gli incapienti, uno dei progetti a cui il governo ha sempre tenuto di più, ma che per carenza di risorse non è riuscito finora a realizzare.

Oppure con una misura specifica sulla povertà e un equivalente del “reddito di cittadinanza” voluto dal Movimento 5 Stelle. Certo il Def punta a spingere la crescita, con interventi sui cittadini.

Renzi lo ribadisce: ‘‘Non ci sono tasse nuove, anzi è finito il tempo delle tasse da aumentare. E’ un punto fondamentale, chiaro, centrale per il Paese. Dobbiamo far sì che i sacrifici non li facciano più i cittadini, semmai qualche politico o amministratore a vari livelli”.

Il “bonusDef”, come è stato ribattezzato su Twitter, arriva dal margine di manovra che il governo si è voluto volontariamente lasciare sul deficit di quest’anno. Il quadro tendenziale a legislazione vigente evidenzia infatti nel 2015 un rapporto deficit/Pil del 2,5%. Tuttavia, il quadro programmatico, quello cioè a cui punta l’esecutivo, riporta un indebitamento pari al 2,6%. Quello 0,1% equivale proprio a circa 1,5/1,6 miliardi di euro. La stessa cifra di cui – forse non casualmente – ha parlato poche settimane fa il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, annunciando entro giugno uno specifico ed autonomo “piano anti-povertà”.

La destinazione delle risorse non è infatti materia di scelta immediata. “Non è nel Def che si decide”, ha chiarito il presidente del Consiglio. Nel Documento quelle risorse vengono conteggiate e “rese disponibili” per quest’anno. Ma il loro impiego dovrebbe, ma anche qui il condizionale è d’obbligo, essere definito in un decreto ad hoc.

Lo slittamento del Consiglio dei ministri dalle 10 del mattino alle 8 di sera aveva creato particolare suspense. Un “giallo” che però sia Delrio in mattinata che lo stesso Renzi in serata hanno cercato di smontare. Le motivazioni del rinvio sarebbero infatti nella necessità di limare e correggere i testi fino all’ultimo prima del passaggio alle Camere.

Dopo le rassicurazioni arrivate ai Comuni, intanto, anche le Regioni sono scese in campo chiedendo un incontro al governo subito dopo l’approvazione del Documento. Renzi ha ribadito che di tagli agli enti locali nel Def non ce ne sono, così come non compare alcun aumento delle tasse, ma se sarà necessario un incontro ci sarà.

Quello che nel Documento invece c’è, ma che andrà via via assottigliandosi è la lista delle riforme: la Pubblica Amministrazione, che però “sparirà”, la legge elettorale “che però sparirà”, il fisco, anche questo destinato a scomparire. Martedì 21 aprile, ha annunciato infine il premier, arriveranno infatti in cdm la prima tranche di decreti fiscali, seguiti dalla seconda a giugno.