Estratti i numeri di Governatori, voti e piazze. Ma la tombola è l’inflazione al 4%

Pubblicato il 12 Marzo 2010 - 15:13| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi teme il nove a quattro, Bersani si accontenterebbe del sette a sei: è “l’ambo” delle Regioni. Premier e segretario del Pd, maggioranza e opposizione scrutano la rispettiva cartella e sperano che esca quello “giusto” per loro. La somma e sottrazione dei sondaggi dicono che sei governatori probabilmente andranno alla sinistra, tre al centro destra e quattro, Piemonte, Liguria, Lazio e Campania non si sa.

Poi i sondaggi aggiungono un altro numero: 19. Diciannove per cento è la percentuale di elettori che non disdegna la possibilità di astenersi. Percentuale che se andasse ad aggiungersi a sua volta al circa 30 per cento che regolarmente per fisiologici motivi non vota, farebbe quasi 50 per cento. Sarebbe un’astensione mai vista. E’ il “terno” delle elezioni: se esce sulla “ruota” delle Regionali la Lega ne resta indenne, l’opposizione con qualche graffio, il più “ferito” da un’astensione di massa sarebbe il Pdl e quindi Berlusconi. Ma di Berlusconi in questa campagna elettorale si è visto ancora poco e niente, di sicuro metterà in campo qualche effetto speciale.

Sabato 13 marzo in piazza l’opposizione. Tutti insieme sul palco i partiti di quella che fu “L’unione”, tutti sotto il palco i “popoli” anti Berlusconi, quello di Di Pietro e di Travaglio, quello di Vendola e di Bonino, quello “viola”…Quanti saranno a Piazza del Popolo a Roma? Cinquantamila da far diventare nelle cronache e nell’auto racconto trecentomila? O centomila veri che saranno “promossi” a mezzo milione? O più di centomila veri in modo da poter esultare: “Siamo un milione!”? Sabato 20 marzo in piazza  Berlusconi e la sua gente. Quanti saranno a Piazza San Giovanni a Roma? Anche qui quelli veri in carne e ossa saranno moltiplicati per cinque o per dieci. E’ la “quaterna” della campagna elettorale: numeri sparati in faccia al nemico e offerti come consolazione e stimolo al proprio elettorato. Ognuno a narrare di essere “l’Italia vera”.

Bankitalia fa sapere a quanto ammonta il debito pubblico italiano, provate a pronunciarla a voce la cifra, rende meglio l’idea: millesettecentoottantasettemilaottocentoquarantaesei miliardi di euro (1.787.846, se volete divertirvi a tradurlo in vecchie lire moltiplicate per 1936 e spiccioli). Erano 1699 miliardi solo un anno fa: il debito è cresciuto di 88 miliardi in un anno. E’ la “cinquina” il cui premio sarà prima o poi pagato. Non dall’astratto Stato, ma dai concreti cittadini. Tendenzialmente i figli, meglio ancora i nipoti: la generazione che ha tra i quaranta e i sessanta anni allontana da se sdegnosamente il conto che qualunque “oste” osi presentare. Ritiene un suo inalienabile diritto vivere a debito e i governi, tutti i governi, accarezzano e coltivano questo vizietto.

Ma la “Tombola”, la vera tombola è un’altra. Ecco i suoi numeri. Il primo estratto è 10. Dieci miliardi a partire dal secondo numero: 2011. La Banca centrale europea ha fatto i conti e ha detto a tutti i governi d’Europa: dal 2011 dovete spendere almeno uno 0,5% in meno del Pil. In Italia la spesa pubblica è circa il 50 per cento del Pil, cioè della ricchezza prodotta anno per anno. Mezzo punto di Pil in meno vuol dire quindi un per cento in meno della spesa che oggi c’è. Ad occhio appunto dieci miliardi da togliere a un paese che tutto invoca più spesa pubblica. Se non vogliono fare bancarotta, per tutti, Francia, Germania, Gran Bretagna e quindi Italia, una dose sia pur ridotta della “medicina greca”. La “medicina” che i greci, sia pur in punto di morte finanziaria, non vogliono assumere. Non vorranno prenderla la “medicina” neanche i tedeschi e i francesi e gli inglesi, figurarsi gli italiani. Quindi si farà “tombola” con un altro e ultimo numero estratto: il quattro. Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, quindi non tra cento anni, già quasi domani, i debiti pubblici verranno “asciugati” non con tasse che non si può e neanche con meno spesa che scoppia la rivoluzione. La “pezza” per asciugare sarà l’inflazione, inflazione al quattro per cento.

Chi è debitore, gli Stati in primo luogo, “risparmierà” ogni anno il quattro per cento del valore reale del suo debito. Il quattro per cento in meno ogni anno varranno stipendi, pensioni e ogni altra forma di reddito. L’inflazione conviene ai governi due volte: asciuga il debito e provoca diffuso malumore ma non indirizzata rivolta. Pagheremo il debito al ritmo, se va bene, del quattro per cento all’anno di minor valore dei nostri soldi e del nostro lavoro. E in fondo l’avremo chiesto noi che vada così, rifiutando ogni taglio di spesa e ogni riforma, da quella della Pubblica amministrazione a quella della Previdenza a quella fiscale.

Ecco, con quel quattro finale si farà “Tombola”. Tombola il punto d’arrivo del gioco, il punto che conta. Ma la tombola vera e tosta è oscurata dalla quadriglia di chiacchiere e grida intorno ad ambo, terna e quaterna delle Regioni, dei governatori e delle piazze. Siamo tutti seduti a giocare ma il “Tabellone” non ce lo fanno e non lo vogliamo vedere, la testa china sulla nostra “cartella” e sui nostri “fagioli segnapunto”.