Fecondazione eterologa: Rossi e governatori pd contro Lorenzin. Corte Costituzionale: “Si può già fare”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Agosto 2014 - 13:54 OLTRE 6 MESI FA
Fecondazione Eterologa: Rossi e governatori pd contro Lorenzin. Tesauro: "Si può già fare"

Beatrice Lorenzin, ministro della Salute (LaPresse)

ROMA – Sulla fecondazione eterologa presidenti di Regione in rivolta contro il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Toscana, Emilia Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Lazio e Piemonte vogliono far partire la fecondazione eterologa nei centri autorizzati già da settembre. Mentre il ministro Lorenzin ha difeso lo stop al decreto sull’eterologa deciso venerdì scorso dal governo, spiegando che in Italia ancora non si può fare.

In questa complessa vicenda, che vede i governatori del Pd contrapposti al governo Renzi, anche se in questa vicenda è rappresentato da un’esponente di Ncd come la Lorenzin, è intervenuto il presidente della Corte Costituzionale Giuseppe Tesauro, che ha detto che “il vuoto normativo non c’è” e che “la fecondazione eterologa si può già fare”.

Il fronte dei governatori pd. In testa il toscano Enrico Rossi, poi Nicola Zingaretti, Deborah Serracchiani, Sergio Chiamparino e la reggenza della regione Emilia Romagna: le Regioni guidate dal Pd sfidano il ministro Lorenzin e incalzano il governo e la maggioranza perché sgomberino – per decreto o per emendamento alle parti della legge 40 sopravvissute alla bocciatura della Corte Costituzionale – la strada verso la fecondazione eterologa dalle incertezze normative. E se la Lorenzin non replica alle parole del presidente della Corte Costituzionale lasciando intendere che Renzi sia dalla sua parte, il premier svicola, come riporta Repubblica:

Ai suoi ha ribadito che «la legge c’è», «l’interpretazione la dà la Corte costituzionale, e se vuole il Parlamento la può cambiare». La legge, però, appunto «c’è». E in nessun modo però il premier vuole essere trascinato «nel tritacarne ideologico di un decreto sui temi etici».

Mentre

Assuntina Morresi, l’esperta di bioetica più ascoltata dalla Lorenzin scoraggia le regioni «da fughe in avanti che metterebbero a repentaglio la salute dei nati».

Capofila dei presidenti pro-eterologa è Enrico Rossi, che è presidente della Toscana ma non è certo un renziano. Intervistato da Michele Bocci di Repubblica ha dichiarato:

“Noi andiamo avanti. Non voglio polemizzare con il ministro, la nostra delibera è certamente appellabile e contestabile ma io mi sono riletto la Corte Costituzionale sull’eterologa e dentro sono scritte cose molto importanti. La prima è che dichiarare illegittima la legge 40 non porta a un vuoto legislativo. Del resto questo trattamento veniva fatto prima di quella norma. I giudici sottolineano come il divieto per le coppie sterili di ricorrere all’eterologa è privo di un fondamento costituzionale, come la scelta di diventare genitori è frutto della libertà di autodeterminarsi. Anche il presidente Tesauro ha ricordato come non fare l’eterologa produca un’ingiustizia perché tra le coppie affette dalla stessa patologia solo chi ha disponibilità economica può andare a farla all’estero.  [….] Non ci dobbiamo mai dimenticare proprio di questo: stiamo parlando di terapie per una patologia sociale in forte espansione, l’infertilità. Si stima che in Italia siano 9 mila le coppie infertili che vorrebbero un figlio dall’eterologa e 4 mila di queste vanno all’estero, pagando molti soldi. Ci sono speculazioni che precludono l’accesso alla povera gente”.
La Toscana diventerà la Spagna, dove andavano molti di coloro che volevano l’eterologa?
“Più che vicino alla Spagna ci collochiamo dalla parte di tutta l’Europa, dove l’eterologa è quasi ovunque praticata. Vedremo se arriveranno cittadini da altre Regioni, e comunque le nostre strutture li accoglieranno. Però mi auguro anche il resto del Paese segua quanto ha detto la Corte”.

A dare manforte alla battaglia di Rossi e degli altri governatori ci sono le parole di Tesauro, il presidente della Corte Costituzionale intervistato dal Messaggero:

«i centri di fecondazione assistita autorizzati possono praticare già ora l’eterologa, purché rispettino tutti quei paletti che la legge 40 ha fissato per la procreazione medicalmente assistita in generale e tutti i meccanismi di controllo pubblico previsti e magari talvolta insufficienti. […] Mi rendo conto che su un tema così delicato c’è una riflessione diffusa nel Paese e non solo nel Governo e nel Parlamento, che ovviamente resta sovrano e che può anche scegliere di modificare o integrare la legge 40. D’altra parte, la Corte si è limitata ad affermare l’incompatibilità del divieto di eterologa con la Costituzione e che il vuoto normativo non c’era, se non su un punto di un certo rilievo, il numero delle donazioni, da colmare eventualmente con un aggiornamento delle linee guida o con norma primaria».
A parte questo punto relativo alle donazioni, per il resto cosa vale nel caso dell’eterologa?
«Per il resto rimane la legge 40, che regolamenta i requisiti soggettivi, quelli oggettivi, il divieto del mercimonio e tutto ciò che è importante, anche sotto il profilo civilistico; l’utero in affitto è fuori della 40 e quindi non c’entra».
Ma a seguito della vostra pronuncia si è venuto a creare o no un vuoto normativo?
«Se così fosse stato la Corte avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Sul punto la sentenza è chiara, ma, ripeto una cosa ovvia, questo non preclude affatto un intervento del Parlamento».
E allora, se si volesse dichiarare il divieto di fecondazione eterologa fintanto che il Parlamento non legifererà sarebbe necessario che il governo emanasse un decreto ad hoc?
«Riesce difficile immaginarlo, penso all’art. 136 della Costituzione (quando la Consulta dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma, questa cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, ndr)».
E se il Parlamento vorrà in futuro regolamentare non solo il numero delle donazioni ma intervenire diversamente anche su altri punti previsti dalla legge 40?
«Certamente è libero di farlo.»

Carla Massi sul Messaggero parla di novemila coppie già in lista nei centri per l’inseminazione sparsi in Italia per avere un figlio con il donatore. Centri che si sono già attivati e che al ministro fanno sapere: “Vogliamo una circolare per fermarci”. Intanto vanno avanti seguendo le linee guida della legge 40:

L’eterologa, secondo il decreto sarebbe dovuta entrare nei Lea, Livelli di assistenza, per garantire uguaglianza da Nord a Sud. E, quindi, essere a carico del servizio sanitario nazionale. Ma, dal momento in cui il decreto è fermo anche i fondi reperiti ora non sono a disposizione. Per il 2014 si era ipotizzata una spesa di 10.203.541 euro. Al Registro dei donatori sarebbe andato uno stanziamento di 600.770.000 euro e di 150.060.00 euro a decorrere dal 2015. Possono essere, quindi, le Regioni a decidere se “passare” gratuitamente la fecondazione con donatore oppure no. Novemila le coppie che da giugno si sono messe in lista nei 348 centri pubblici e privati autorizzati. Una massa pressante che vorrebbe evitare di andare all’estero come, negli ultimi anni, hanno fatto oltre ventimila coppie italiane. Sobbarcandosi spese importanti: dai ventimila dollari negli Stati Uniti (il donatore viene pagato con una cifra che oscilla tra i 3500 e i 4000 dollari), ai 2000 dell’Europa dell’Est ai 6000-9000 di Grecia e Spagna dove a chi dona arrivano poco meno di mille euro. [….] La polemica scatenata dopo lo stop ha scatenato una pericolosa confusione sulle regole che governano l’eterologa: dalla possibilità per i privati di acquistare gameti fino alla scelta del sesso del nascituro. Confusione pericolosa tanto che il Centro nazionale trapianti ieri ha precisato che «la legge non permette a singoli o coppie di acquisire direttamente gameti attraverso un ipotetico mercato internazionale».

Riuscirà il ministro Lorenzin a fermare un processo che sembra inarrestabile? Intervista domenica 10 agosto da Repubblica, ha spiegato perché il governo ha deciso di non presentare il decreto sulla fecondazione eterologa al quale lei stava lavorando:

“Non ho perso, si fermino tutti o sarà il caos. Ha deciso Renzi, non è un dramma: serve solo pazienza”. Poi smonta la polemica sul colore della pelle dei figli: “Si può scegliere ma dico no ai bimbi su misura”

La Lorenzin dà la sua versione di quanto accaduto nel consiglio dei ministri di venerdì, quello in cui il governo ha deciso di stoppare il decreto:

«Lo ha deciso il consiglio dei ministri, su proposta del premier Renzi. Del resto quando ad aprile uscì la sentenza della Corte Costituzionale anch’io dissi che questo tema meritava un passaggio parlamentare. Poi vari eventi come la delibera toscana, l’avvio delle terapie in alcuni centri privati e le prese di posizione di alcuni tecnici mi hanno fatto pensare a un percorso più rapido e certo, da fare con un decreto […] Ho spiegato perché c’era bisogno del decreto, ho parlato dell’urgenza di tipo sanitario e delle forti pressioni esterne. Ho proposto una soluzione pragmatica. Mi hanno chiesto se secondo me questa materia aveva una portata bioetica. Ho detto di sì e abbiamo deciso che si poteva aspettare qualche mese, perché su questi temi deve esprimersi il Parlamento […] «Non mi sento sconfitta perché come ministro della salute devo disciplinare la sicurezza sanitaria. Se il governo decide che si può prendere tempo, sono d’accordo».
In consiglio dei ministri avete discusso del colore della pelle dei donatori?
«Non ne abbiamo parlato perché era già previsto che quel tema andasse in Parlamento. Per me si tratta di un falso problema, perché deve essere risolto nel rapporto tra paziente e medico. Io mi sono opposta non all’idea di scegliere un donatore nero, caucasico o orientale, cosa che attiene appunto al rapporto tra il professionista e la coppia, ma a quella di poter decidere il suo colore dei capelli o degli occhi».
Quanto tempo ci metterà il parlamento a fare la legge? Se ci vuole un anno?
«Se c’è la volontà di andare fino in fondo e si attengono agli elementi già previsti dal mio decreto possono volerci pochi mesi. Altrimenti si sta fermi e si aspetta. Del resto questa materia in Italia è stata dibattuta anni. Un po’ di attesa in più non cambia le cose».
Cosa si sente di dire alle coppie che malgrado la sentenza della Corte Costituzionale non potranno fare ancora l’eterologa?
«Di aspettare ancora per poter affrontare il trattamento in piena sicurezza. Oltre ai temi etici ci sono quelli sanitari. Va trattata l’eterologa con le stesse norme di sicurezza di cellule e tessuti, ad esempio. Bisogna conoscere gli screening dei donatori e poter risalire a loro se scoprono malattie nel bambino. Poi ci sono i problemi giuridici. Come si affronta la discriminazione economica, di cui ha parlato la Suprema Corte? Inserendo l’eterologa nei lea e quindi realizzandola nel pubblico, prevedendo il ticket».
Qualcuno dice che per fare tutto questo non serva una legge.
«Qualsiasi atto amministrativo, delibera regionale e linea guida può essere impugnata al Tar, dando vita a lunghi contenziosi. Per le leggi questo principio non vale. E senza legge non si può istituire un registro nazionale dei gameti, verificare la loro tracciabilità o controllare quante donazioni fa una persona in un anno. E non si può recepire la direttiva europea sull’autorizzazione dei centri. Comunque sto facendo valutare se siamo in grado prendere provvedimenti intermedi, come linee guida, senza la norma parlamentare».
Quindi è convinta che l’eterologa in Italia fino all’applicazione della legge non si possa fare?
«Secondo la lettura del nostro ufficio legislativo i centri, pubblici e privati, non si possono muovere. Altrimenti si espongono a contenziosi e problemi giuridici, legati ad esempio alle procedure di autorizzazione»