Fini: “Si conceda cittadinanza a figli di immigrati”

Pubblicato il 23 Marzo 2010 - 14:07 OLTRE 6 MESI FA

Ieri aveva frenato il premier sulla strada della riforma sul presidenzialismo, oggi Gianfranco Fini ripropone un tema che già in passato ha creato rotture e dissapori nella maggioranza: la cittadinanza agli immigrati. La parola d’ordine del presidente della Camera è una: si arrivi in fretta a concedere la cittadinanza ai bambini figli di immigrati.

Il presidente della Camera interviene sull’argomento da Milano, alla presentazione del rapporto sulla famiglia del Cisf. «Se non fosse per le coppie degli immigrati – ha affermato Fini – il tasso di natalità del nostro Paese sarebbe da allarme rosso. Per fortuna nel dibattito politico si sta avviando una discussione sul ruolo degli immigrati che spesso con il loro lavoro servono per pagare le pensioni ma non possiamo fermarci a metà del ragionamento».

Ed è a questo proposito che il presidente della Camera ha sottolineato la necessità di un percorso sulla cittadinanza, una «questione di civiltà» l’ha definita. «Si può discutere – ha spiegato – sui sette, i dieci o i dodici anni ma non lo si può fare per i bambini. Per loro, che sono già negli asili con i nostri figli, che parlano il dialetto, che fanno il tifo per la stessa squadra, è necessario pensare ad un percorso breve per la cittadinanza».

«Come si fa – ha aggiunto – a non capire che aspettare a dare la cittadinanza a questi ragazzi c’è il rischio che quando avranno dieci o dodici anni possano raccogliere le prediche di qualche cattivo maestro?».

«Non possiamo – ha proseguito – negare a dei ragazzi che si sentono orgogliosamente italiani di avere la cittadinanza. Il concetto di patria oggi va pensato in una logica multiculturale e multietnica».

E il presidente della Camera è tornato a parlare anche di giovani. Al welfare tradizionale, ha detto, «concepito come solidarietà verso i più deboli», serve affiancare un «welfare di opportunità» rivolto alle nuove categorie, come i giovani, diventate «deboli» con le trasformazioni della società italiana.

«Oggi ci dobbiamo chiedere – ha aggiunto Fini – se i giovani sono da inserire nella categoria dei più deboli, insieme agli operai che hanno perso il lavoro e gli anziani», ha affermato Fini. «È vero – ha continuato – che si tratta di una categoria temporale», ma sta diventando sempre più una «categoria di strutturale debolezza nella società». Secondo la terza carica dello Stato, si tratta di «un tema che non possiamo eludere» che emerge dalle «analisi serie sulle condizioni che si trovano ad affrontare i nostri ragazzi», «al di là delle polemiche, fuori luogo, sui bamboccioni».

Commentando il dato secondo il quale il 16% delle famiglie italiane è nello stato di povertà e che un altro 16% è a rischio, Fini ha poi sottolineato come il dato non corrisponda probabilmente alla realtà. «Questi dati – ha spiegato il presidente della Camera – sono incontestabili ma io ho qualche dubbio che fotografino esattamente il Paese. I dati sono quelli di un’indagine ma c’è una qualità complessiva migliore perchè c’è una fetta di nero e di sommerso difficilmente stimabile».

A questo proposito il presidente della Camera ha paragonato il dato sulla povertà delle famiglie a quello delle dichiarazioni dei redditi: «Non credo ci sia il 35% delle famiglie italiane nello stato di povertà. È un po’ come quando leggiamo le dichiarazioni dei redditi per qualcuno vediamo che ha un reddito di un certo tipo ma tutti sappiamo che guadagna di più».