Solo un quarto d’ora di governo, ci sono gli “ascari” da cercare

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 8 Settembre 2010 - 15:09 OLTRE 6 MESI FA

Bossi, Berlusconi e Napolitano

Un quarto d’ora di governo, altro tempo non c’era e c’era ben altro da fare. Un quarto d’ora è durato, si fa per dire, il primo Consiglio dei ministri dopo la “pausa estiva”. Tra i saluti e gli arrivederci, neanche il tempo di sedersi. I ministri avevano altro da fare e il leader aveva altro a cui pensare. Berlusconi neanche ci è andato al Consiglio dei ministri del sette settembre, stava contando e meditando. Contando quella che lui stesso aveva chiamato “Legione straniera” e che Umberto Bossi aveva subito ribattezzato la compagnia degli “Ascari”. Insomma quali e quanti deputati del Gruppo misto alla Camera possono essere arruolati come rincalzo al Pdl e alla Lega per sostituire i 33 voti dei finiani a Montecitorio. I “Misti” sono 31, otto di Alleanza per l’Italia, quella di Rutelli: difficile ingaggiarli ma non si sa mai. Sei sono di Noi Sud, qui qualcosa si può pescare. Tre sono Repubblicani Popolari, questi ci stanno quasi di sicuro, come i quattro Liberal Democratici, quelli di Dini. Dovrebbero starci anche i cinque dello Mpa di Lombardo, ma vatti a fidare e poi chissà cosa vogliono in cambio. Tre sono delle minoranze lingiustiche, altri due difficile definirli, da qui qualcuno può venire. Conta e riconta Berlusconi insieme a La Russa, Gasparri, Letta, Ghedini…Ma bisogna telefonare, parlare con ciascuno, uno per uno: che giornata, tempo per governare non ce n’è, giusto quel quarto d’ora.

E poi, mentre si telefona, bisogna scrivere e leggere. E riscrivere e correggere. Ed escogitare. A fine mese il premier va in Parlamento, a fare un discorso che deve inchiodare Fini, costringere i suoi a votare contro o almeno a umiliarsi politicamente. Bisogna trovare le parole adatte, dire ad esempio in piena aula parlamentare che Pdl e Lega non si fidano più di Fini presidente della Camera. Già, si può dire, Berlusconi lo può dire, farà di sicuro rumore. Ma poi? Si mettono quelle parole e quie giudizi in una mozione di sfiducia al presidente della Camera? Non si può fare, è contro le regole: Costitituzione e Regolamenti parlamentari escludono che una Camera possa a maggioranza votare la sfiducia al presidente. Costituzione e Regolamenti sono stati fatti apposta così, non è un caso: serve ad evitare che la maggioranza “comandi” il lavoro del presidente. E, anche se si votasse una simile mozione e non si può, proprio sicuri di arrivare a 316 voti contro Fini? Pdl e Lega ne hanno 296 senza i finiani. E allora ritelefona, ricomincia a telefonare alla “Legione straniera”. Oppure farla finita di sbattere la testa contro il muro Fini e rimbalzare sempre al punto di partenza. Mettere invece nel discorso cose politiche che i finiani non possono votare. Già, ma cosa? Se ci rimette ad esempio il processo breve, dopo aver detto al paese che ci rinunciava, Berlusconi non ci fa una gran figura. Ma soprattutto sarà proprio una gran trovata comunicare che si va alle elezioni sotto la bandiera della legge per Berlusconi, della quasi amnistia per tutti per spegnere i processi del premier? No, su questa strada dicono i son daggi che ci si rimette. Bisogna trovarne un’altra, ma quale? Inventarsi la riduzione delle tasse? I finiani votano a favore. E allora cosa? Che giornata, tempo per governare non ce n’è, giusto quel quarto d’ora. E poi Bossi impaziente che bussa alla porta, figurarsi se c’è tempo per un Consiglio dei ministri.

Un quarto d’ora di giornalismo. Che bravi quei due, Mentana e Fini. Tecnicamente bravi. Le domande giuste, quelle che fanno notizia politica e che capisce anche la zia…”Alle elezioni, se ci sono, che fate..?”. Il tono giusto, quello che mette in difficoltà, mette alla prova il politico ma non lo offende. Il ritmo giusto. E’ uno spettacolo ma non è uno show. Si può chiedere di Giancarlo Tulliani e del suo contratto di affitto, chiedere senza aggredire. Si può far capire alla gente. Si può fare. Ce ne eravamo dimenticati. In contemporanea Augusto Minzolini commenta dagli schermi del suo Tg1: “Il paese deve sapere se tra quelli che dicono di sostenere l’esecutivo c’è chi, con infingimenti ed esasperanti trattative, spera di trasformare questo governo in un governicchio…”. Politichese puro. La lingua parlata al Tg1, al Tg5, al Tg3. Tra quel quarto d’ora del Tg de La7  e gli altri tg c’è la diffrenza tra una professione consapevole e un mestiere arrangiato. E bravo anche Fini: risponde, sorride, parla chiaro, si innervosisce ma non trascende, la gente capisce. Si può essere contrari o diffidenti, ma si capisce.

Un quarto d’ora di entusiasmo puro. E’ quello di Nichi Vendola alla Festa del Pd a Torino. La platea si riconosce e si esalta, questi alle primarie lo votano. Il “teatro” viene giù dagli applausi quando Vendola alla domanda sul programma e sul “che fare” per avere i voti della maggioranza degli italiani risponde citando “Enea che si mette sulle spalle Anchise e va a fondare una nuova città”. Perfetto, tutto chiaro e definito, un quarto d’ora di gioia basta e avanza al popolo della sinistra.

Un quarto d’ora di cifre. Un quarto d’ora per metterle in colonna almeno nella testa. Dunque le aziende metalmeccaniche italiane, Fiat e Marchionne in testa, vogliono altre regole in fabbrica. Altre regole per produrre merci a costi competitivi. Competitivi con i produttori del resto del mondo. Ad esempio la regola del pieno utilizzo degli impianti e quella del “salario di ingresso” per i neo assunti. Cioè più quantità di lavoro pagata meno. Altrimenti il resto del mondo ci batte e ci rimettono il posto di lavoro tanti dei milione di metalmeccanici. Ma produrre in Italia al costo del lavoro con cui si produce in Cina o India o in Indonesia non si potrà mai, lì i salari sono un decimo e l’orario di lavoro di fatto è un terzo di più. Si faccia allora come fa la Germania: lì i sindacati collaborano e non boicottano, non dicono sempre di no. Vero, però in Germania i salari sono quasi il doppio di quelli italiani, lì la flessibilità c’è ed è accettata, ma il lavoratore flessibile, cioè a tempo determinato, viene pagato di più per il tempo in cui lavora, di più di quello a tempo indeterminato. Da noi il flessibile e precario è pagato un terzo se non la metà di meno. Da noi negli ultimi venti anni il “monte salari” ha ceduto quasi otto punti di Pil alle altre forme di reddito. Da noi le sacrosante e necessarie, indispensabili e urgenti nuove relazioni industriali hanno, scartato l’involucro, un sapore semplice e antico: meno salario, più lavoro.

Un quarto d’ora e anche meno di personale mumble-mumble sul perchè mi suona e non mi suona l’appello della madre di Sarah Scazzi, la quindicenne scomparsa da molti troppi giorni. La madre in comprensibile angoscia si appella a Napolitano perchè mandi più poliziotti e carabinieri a cercare sua figlia. Non risulta che le forze dell’ordine a Taranto siano scarse o abbiano rinunciato, non c’è traccia di “pigrizia” nelle ricerche. E infatti nulla di questo la madre denuncia. Però non si fida a prescindere. Anzi ricorre a quel che ha imparato dalla società in cui vive: chiede una “raccomandazione”. Un augurio alla madre di trovare la figlia e la pace. Se possibile in un quarto d’ora. Ma quella “raccomandazione” è l’ultimo sintomo del brutto quarto d’ora che sta passando l’Italia.