“Mutande pazze”, il dago-film del 1992 che previde Vallettopoli e il bunga bunga

Pubblicato il 2 Marzo 2011 - 00:11 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Mutande pazze” del 1992 è l’opera prima e unica di Roberto D’Agostino, non ancora Dagospia, ma già ben noto a “Quelli della notte”.

Per la prima volta dietro la cinepresa, il dilettante di cinema D’Agostino fotografa il sottobosco di politica e tv. Il film appare oggi, in epoca di bunga bunga, una chiara profezia. A proposito della pellicola, scrive Dagogospia: “Tutto ruota attorno al sesso come moneta di scambio: indecenti quiz e talk show, ragazze che si vendono per un ruolo con I’appoggio di mamma, conduttrici carrieriste per dirigenti Rai segretamente sadomaso, politici cattolici che adottano starlette generose e relativi famigliari, un sosia di Sgarbi che pontifica tra tette e culi, un finto Tinto Brass col chiodo fisso. E il vero Aldo Busi che irrompe nudo nella festa, sovrano narciso di un mondo che volge incosciente e arrapato al cupio dissolvi”.

“Mutande pazze” esce vent’anni fa. Come chiosa D’Agostino, il film “nel suo piccolo, prova a raccontare Ia grande mutazione, sbirciando dietro le quinte di viale Mazzini, Cinecittà, Cologno Monzese, dentro e fuori le segreterie dei partito”.

Prosegue Dagospia: “Con una chiappa a destra e un’acchiappata a sinistra, (Appaiono) Favolose Nullità che non hanno ideali, non provano emozioni, non si fanno illusioni. Amministrano con freddezza da Bancomat il loro volto e il loro corpo. Entra il pene, esce la fattura. Il successo è la migliore vendetta a una vita da mille e duecento euro mensili, giustificazione finale di tanto tirar giù mutande. E se non si conclude niente, magari parte la denuncia per atti di libidine o istigazione alla prostituzione o scodella tutto al settimanale ‘familiare’ e diventa famosa lo stesso”.

Ad un certo momento degli anni Ottanta ad accorgersene per primo, spiega ancora dagospia, è Silvio Berlusconi. Così, tra i siparietti di “Drive in”, tra un comico e una televendita, “sbuca la ragazza fast food”. Questa, aggiuge Dagospia, “ha le poppe decappottabili di Lory Del Santo, il popò giunonico di Nadia Cassini, il labbro extra-large di Eva Grimaldi. Aggiungere Carmen Russo con mini al pube, tanga al pari di un filo interdentale, bustini stringi vita e tubini solleva-protesi, rimasugli di gonna stretti sulle ondulazioni dei suoi fianchi, e ogni reliquia glorificatrice dello smutandamento”.

L’estetica “miss Fininvest”. Queste trasformazioni del costume sono dettate, spiega Dagospia, “secondo le antiche regole dettate dai calendari dei camionisti”, una sorta di estetica “Miss Fininvest”. Si tratta, prosegue dagospia, di “un colpo deciso di mannaia all’immagine femminile degli anni Settanta: quella delle vergini cristiane prima del supplizio, certe Cosette abbandonate da Servire il Popolo, certe Piccole Fiammiferaie consunte dalla Lotta Continua, certe femministe turbate da drammi interiori che nascondevano le forme come se si trattassero di fanatiche islamiche”.

Da allora inizia il diluvio: ogni programma di varietà ha il suo scollacciato siparietto ‘alla Drive in’.  Ancora dagospia: “Schedine, Veline, Bustarelle, Letterine e Letteronze e via smutandando. Anche la Rai – prosegue Dago – accetta la ‘regola’: gran gnocche spigliate e mezzechiappe spogliate. Massì: ha vinto il “Forza Gnocca” del Cavaliere: apporta adrenalina alle ragioni dell’Auditel, ottiene indici di gradimento record, raccoglie gli applausi dalla parte più attiva dei pantaloni”. Per Dagospia  la più grande e pericolosa invenzione del “Reuccio di Arcore”  è quella di aver fatto salire su tutti gli schermi l’immagine dominante della “carne fresca” che trionfa ovunque, fino a raggiungere gli scranni del governo.

A proposito del “film – tragedia”, conclude il sito di Roberto D’Agostino, il titolo “Mutande Pazze” nasce come variazione degradata di “Femmine folli” di Stroheim e prova a raccontare un mondo – sono ancora le parole di Dagospia – “sbirciando viale Mazzini dietro le quinte, Cinecittà dal buco della serratura, su e giù per i camerini di Cologno Monzese, dentro e fuori le segreterie dei partiti”.

Alcune immagini del film: