Partiti, Letta: “Finanziamento con l’1 per mille”. Ma i tesorieri insorgono

Pubblicato il 25 Maggio 2013 - 08:58 OLTRE 6 MESI FA
Partiti, Letta: "Finanziamento con l'1 per mille". Ma i tesorieri insorgono

Ugo Sposetti (Foto Lapresse)

ROMA – Addio al finanziamento pubblico dei partiti, dopo l’annuncio la rassicurazione: “Se dopo l’estate il Parlamento non avrà approvato un testo, per sbloccarlo siamo pronti a intervenire con decreto”, chiarisce il presidente del Consiglio, Enrico Letta.  Anche se i tesorieri alzano gli scudi: “Con questo provvedimento siamo usciti dall’Europa”, attacca Ugo Sposetti, storico tesoriere Ds.

Ma il premier ha già pensato a tutto: “I cittadini, se vogliono, potranno destinare l’uno per mille dell’imposta sul reddito”. A quel punto le ipotesi sono due: “La prima è che i soldi vadano direttamente ai partiti scelti dagli elettori, la seconda è convogliare le donazioni in un monte risorse che venga poi diviso in base ai risultati elettorali”.

A questo proposito, assicura Letta al Corriere della Sera, la Ragioneria sta lavorando a deducibilità e detraibilità dei soldi per ”evitare meccanismi fraudolenti e fissare le soglie”. Ma bisogna anche ”creare un meccanismo per rendere trasparenti i bilanci delle forze politiche e vedere chi li controlla”.

Per partiti, Letta intende anche il Movimento Cinque Stelle: ”Se abbiamo fatto un disegno di legge è proprio perché siamo rispettosi delle Camere e delle opposizioni. I partiti devono stare tutti a bordo, sapendo però che, se ci si insabbia, il governo interviene”.

Ma i tesorieri non sono dello stesso parere. Su Repubblica Tommaso Ciriaco ha raccolto il pensiero di Ugo Sposetti, storico tesoriere Ds, Maurizio Bianconi, vice tesoriere del Pdl, Antonio Misiani, tesoriere Pd, Gianfranco Librandi, di Scelta Civica, Sergio Boccadutri, di Sel.

Scrive Ciriaco:

“Io, Ugo Sposetti, mi chiudo nel silenzio e nella tristezza. Prendo atto. E resto silente. Con questo provvedimento siamo usciti dall’Europa”.

Maurizio Bianconi è toscano e vice tesoriere del Pdl. “Ma hanno idea di cos’è un partito?? Non un’organizzazione con una base volontaristica, come i radicali. Ci sono i manifesti, i palchi, le campagne elettorali! E ci sono i dipendenti, gli uffici stampa, i dirigenti!! Che fine fanno? Voterò quello che mi chiederanno. Però, sa, noi il miliardario ce l’abbiamo, anche se oggi non abbiamo soldi. Ma gli altri partiti che fanno? La democrazia si sfascia in mille modi”.

Antonio Misiani vigila sulla cassa del Pd. Condivide “la direzione di marcia” scelta dall’esecutivo. Ma poi mette i paletti. Uno, in particolare: “Bisogna porre un tetto massimo alle grandi donazioni dei singoli”. Detta con il tesoriere di Scelta civica Gianfranco Librandi suona ancora più efficace: “Non possiamo permettere che uno sceicco pensi che oltre alla Costa Smeralda sia possibile comprare anche un partito”.

Un’altra ricetta alternativa prova a offrirla il tesoriere di Sel, Sergio Boccadutri: “Serve un tetto di 100 mila euro alle donazioni dei singoli cittadini, vietando quello delle imprese ai partiti e alle fondazioni. E per le campagne elettorali si preveda un rimborso a pie’ di lista, con un massimale”. E voi non temete per i dipendenti? “Questo no, siamo un partito virtuoso, francescano”.

C’è solo una domanda che ricompatta la pattuglia dei tesorieri. Meglio, un nome: Beppe Grillo. Uno per tutti, Misiani: “Le critiche? I proventi del blog di Grillo finiscono nella Casaleggio associati. È cosa meritevole di approfondimento. Perché è come se i soldi delle feste dell’Unità fossero finite a Berlinguer, invece che al Pci”.