Pd, 70 senatori contro il partito: “Basta autogol. Basta Pdl”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Luglio 2013 - 17:55 OLTRE 6 MESI FA
Pd, 70 senatori contro il partito: "Basta autogol. Basta Pdl"

L’aula del Senato

ROMA – Pd spaccato. Ancora. Settanta senatori sono insorti contro la linea morbida del Partito con il Pdl tenuta mercoledì, quando il partito di centrosinistra ha appoggiato la richiesta del centrodestra di sospendere i lavori in Aula per protesta contro la decisione della Cassazione sul caso Mediaset. “Basta autogol. Il Pd deve spiegare meglio all’esterno le proprie scelte. Non sosterremmo un minuto di più questa maggioranza se non pensassimo che possa produrre in tempi certi le scelte di cui il Paese ha bisogno. Ma oggi rivendichiamo che questa è la miglior scelta che si possa fare date le circostanze”. Non è piaciuta la sospensione dei lavori della Camera chiesta e ottenuta (in parte) dal Pdl. E ora c’è chi si vuole sfilare da questa maggioranza. Ma il segretario Guglielmo Epifani è con loro: ”Hanno ragione perché lamentano che il loro sforzo venga considerato come se nulla fosse. E poi in parlamento non è successo quello che è stato raccontato: noi abbiamo sventato un tentativo di blocco, il Pdl ha fatto una riunione come sempre e oggi il Parlamento ha lavorato”.

I 70 senatori hanno firmato un documento comuneTra i firmatari ci sono Francesco Russo, Claudio Martini, Rita Ghedini, Valeria Fedeli, Giorgio Tonini, Miguel Gotor, Stefano Collina, Paolo Corsini, Francesco Verducci, Vannino Chiti, Camilla Fabbri, Paolo Guerrieri, Stefano Esposito, Giorgio Santini, Angelica Saggese, Giancarlo Sangalli, Francesca Puglisi e Rosanna Filippin. I settanta scrivono:

“La distanza tra quanto comunicato in queste ore e ciò che davvero è accaduto e sta accadendo nelle Aule parlamentari è davvero paradossale. Appare in gran parte incomprensibile l’occasione che sta perdendo il partito di spiegare e valorizzare le scelte, certo faticose e non facili, dei suoi parlamentari. Siamo concordi nel giudizio critico sugli eventi di ieri, la drammatizzazione di vicende giudiziarie del leader di un partito, il Pdl, con toni e modalità che nessuno di noi ha condiviso. Piacerebbe, però, vedere uno scatto d’orgoglio da parte del Pd e che fossero comunicate meglio le nostre buone ragioni al Paese. A cominciare dalla fatica e dalla responsabilità nel sostenere un Governo chiamato a realizzare riforme a fronte di una crisi gravissima. Sapevamo che non stavamo creando un governo di larghe intese con Merkel o Cameron, ma le condizioni di urgenza cui ci richiamava qualche settimana fa il presidente Napolitano non sono cambiate. E’ demagogico invocare il ritorno alle urne quando tutti sappiamo che il porcellum ci restituirebbe un parlamento altrettanto frammentato e ingovernabile. Non sosterremmo un minuto di più questa maggioranza se non pensassimo che possa produrre in tempi certi le scelte di cui il Paese ha bisogno. Ma oggi rivendichiamo che questa è la miglior scelta che si possa fare date le circostanze”.

Stesse accuse da tredici deputati, che hanno scritto una lettera al segretario del Pd, Guglielmo Epifani e al capogruppo alla Camera, Roberto Speranza. Nella lettera Michele Anzaldi, Matteo Biffoni, Luigi Bobba, Simona Bonafè, Ernesto Carbone, Filippo Crimì, Marco Donati, David Ermini, Luigi Famiglietti, Edoardo Fanucci, Federico Gelli, Ernesto Magorno, Laura Venittelli scrivono:

“Di fronte ai veri e propri insulti rivolti da colleghi Pd ad altri deputati del gruppo, crediamo che sia opportuna una valutazione da parte vostra sulla vicenda, per capire se non siano stati superati i confini minimi della correttezza e della decenza”.

In particolare i tredici deputati si riferiscono all’epiteto di “sciacalli” rivolto da un collega del gruppo parlamentare del Pd ad altri deputati dello stesso partito che hanno votato a favore della sospensione dei lavori in Parlamento.

“Si tratta di episodi che non esitiamo a definire gravi, poiché legittimano addirittura l’insulto pubblico per chi non si allinea, in presenza peraltro di decisioni poco chiare e discutibili che hanno fatto parlare di cedimento a Silvio Berlusconi. Di fronte all’assenza di smentite, che alimenta un clima di scontro e di assoluta mancanza di rispetto tra colleghi di partito, ci chiediamo se situazioni del genere possano essere accettate in un contesto politico comune”.