Il Pd rilancia il governo di transizione. Veltroni: “E’ ora del Pd-pride”

Pubblicato il 26 Novembre 2010 - 20:32 OLTRE 6 MESI FA

Pier Luigi Bersani e Walter Veltroni

Pier Luigi Bersani rilancia il governo di transizione e avverte: il Pd è per la stabilità e proprio per questo motivo non accetta i ”traccheggiamenti” di Silvio Berlusconi che, in una situazione di grave crisi economica manda al vertice Ecofin un Tremonti ”azzoppato”. E la road map, indicata dal segretario Pd, è la stessa che, a Roma, indica Walter Veltroni, che nella prima assemblea di Movdem, sferza un Pd al 24 per cento ma non affonda contro Bersani perché questa è ”l’ora del Pd pride”, dell’orgoglio necessario a risalire la china.

Il segretario del Pd, parlando alla convention organizzata dal gruppo della Camera del suo partito nel senese attacca il ”plebiscitarismo personalistico” del Cavaliere: ”quando decide tutto uno solo, senza che ci sia discussione pubblica e in Parlamento, alla fine non si decide mai nulla”. E infatti in 15 anni, ”tranne la breve parentesi del primo governo Prodi” non sono state fatte riforme. Da qui il ragionamento sulle scelte impopolari ma a volte necessarie: ragionamento introdotto ieri dall’ex premier Romano Prodi nell’aprire i lavori della convention senese. Ma qualcosa si sta muovendo, ha spiegato Bersani, e proprio nel centrodestra, con un rischio però: ”ora che nel centrodestra si stanno liberando di Berlusconi, non vorrei che il Cavaliere, paradossalmente, prenda il sopravvento nel centrosinistra. Non è un tema da poco”.

Una critica al ”berlusconismo di sinistra” non nuovo, che qualcuno ha letto come un attacco al modo evocativo di far politica da parte di Nichi Vendola: e non a caso Bersani ha detto di non amare il termine ”narrazione”, assai usato dal leader di Sel: ”non mi piace – ha detto il segretario del Pd – mi fa pensare a ‘de te fabula narratur”’. Una presa di distanza che, invece, Veltroni non condivide così come ritiene ”prematuro” l’affanno nella ricerca delle alleanze: ”Non dobbiamo aver paura di avere qualcun altro alla nostra sinistra, se noi fossimo ciò che dovremmo essere, che male c’è se Vendola aggrega le forze più responsabili della sinistra radicale”.

E invece si avvicinano tempi di decisioni difficili, come il piano di rientro dal debito che ci chiede l’Europa, e che potrebbe portare a una manovra da 45 miliardi, su cui il governo e Tremonti andranno a trattare all’Ecofin e al Vertice europeo del 16 e 17 dicembre, cioe’ subito dopo il fatidico 14, giorno della fiducia in Parlamento. E qui Bersani rovescia l’impostazione di chi invoca il sì al governo Berlusconi in nome della stabilità: ”nella nostra proposta di governo di transizione – ha spiegato – ci metterei di rendere chiaro che lo facciamo non contro ma per la stabilità. Non passi l’idea che siamo per l’instabilità. Tremonti va all’ Ecofin zoppo”.

Anche per Veltroni ”siamo nel cuore di una tempesta finanziaria mentre in Italia si parla di bunga bunga” e quindi sarebbe ”da irresponsabili” andare subito al voto in caso di crisi di governo. Bersani oggi ribattezza il governo di transizione come ”governo di stabilità finanziaria ed economica” che non dovrebbe chiedere lacrime e sangue ma, se è giusto chiedere ai cittadini di ”sognare” per un progetto per il Paese, non bisogna ingannarlo: ”io balle e frottole non le racconto; sogni sì, ma con le gambe”.

Un sogno che per Veltroni deve avere due parole chiave: coraggio e innovazione. Obiettivi che si raggiungono tornando alla spirito del Lingotto: ”Siamo al 24 per cento, dobbiamo puntare al 42 per cento di elettori potenziali. Se noi avessimo mantenuto l’ispirazione del Lingotto il Pd sarebbe centrale nella vita politica italiana e potrebbe rivolgersi agli elettori delusi di Berlusconi”.