Governo: il Pdl si prepara al 14 dicembre, se dovesse andare male c’è sempre il “piano B”

Pubblicato il 2 Dicembre 2010 - 11:24 OLTRE 6 MESI FA

L’unico segnale di tregua è la decisione comune dei capigruppo di chiudere Montecitorio fino al 13 dicembre. Ma per il resto, la giornata di mercoledì ha segnato un altro passo avanti in quella guerra di posizione e di trincea che porterà, a meno di improbabili colpi di scena, alla giornata decisiva del 14 dicembre. Quella che ormai sembra sfumare è l’ipotesi di una trattativa alla luce del sole che porti ad un accordo prima del voto: “Fino al 14 – spiega un ministro – tutti rimarremo sulle nostre posizioni: noi diremo “o maggioranza forte o voto” e lavoreremo per conquistare voti alla Camera, loro induriranno i toni e presenteranno assieme la mozione di sfiducia”.

Ma alle Camere, come spiega Paola Di Caro per Il Corriere della Sera, il consiglio che i berlusconiani stanno dando al loro leader è di non “fornire alcun pretesto per la rottura, non dobbiamo ricompattare gli indecisi dando ai finiani dei “traditori”…”. Se poi l’invito alla responsabilità che Berlusconi lancerà si trasformerà in una qualche apertura alle richieste dei finiani – che come spiega Adolfo Urso restano quelle di Bastia Umbra, un “nuovo programma per affrontare la crisi economica e una nuova legge elettorale” – lo si vedrà solo all’ultimo momento. In quel caso, il Fli potrebbe anche astenersi, o non partecipare al voto, ma solo “per aprire alla fase due”, come dice Pasquale Viespoli. Che prevede le dimissioni del premier e un nuovo governo, magari allargato all’Udc.

Ed è appunto proprio l’Udc il partito che ha compiuto la mossa più importante della giornata. Casini – che nel Pdl consideravano pronto a concedere qualche defezione tra i suoi per permettere a Berlusconi di ottenere una fiducia risicata – se mai ha avuto in mente questo gioco, ora ha deciso di cambiarlo. Annunciando infatti la presentazione di una mozione di sfiducia, spiegando che chiunque dei suoi non si presentasse al voto “sarebbe espulso”, e dicendosi, riservatamente, certo che alla fine “alle elezioni anticipate non si andrà” il leader centrista si rimette al centro dei giochi e costringe un Fli ancora in difficoltà a seguirlo.

Sì, perché tra i finiani resiste un’area recalcitrante a votare la sfiducia, che forse avrebbe avuto bisogno di più tempo per decidere il da farsi. Ma con l’annuncio di Casini (che per presentare la mozione ha bisogno di 63 firme, e quindi dell’apporto del Fli), costringe i futuristi ad accodarsi per non restare nella terra di nessuno e a rischiare di perdere qualche pezzo e di finire sconfitti nella partita, se Berlusconi alla fine ottenesse la fiducia. Timori che Italo Bocchino esorcizza: “Da qui al 13 manca tanto, tutto può succedere…”.

Ma gli scenari per il dopo 14 dicembre, dicono tutti, sono ormai solo due: se Berlusconi otterrà la fiducia anche con un governo di minoranza, a lui resterà il pallino o per rilanciare il suo governo o per portare lui, da premier, il Paese alle elezioni. Se sarà sconfitto, sarà più difficile un Berlusconi bis e si aprirebbe qualche possibilità per formare un altro governo. Scenario che Fini e Casini auspicano, ma che non dipenderebbe da loro: “Chi deciderà come finirà – dice un finiano – saranno due signori: Berlusconi e Napolitano”.