Dal predellino al pulpito: la parola a Berlusconi, Verdini e Scajola

di Viola Contursi
Pubblicato il 11 Agosto 2010 - 12:09| Aggiornato il 12 Agosto 2010 OLTRE 6 MESI FA

Estate di dichiarazioni azzardate e di gente che sale sul pulpito anche quando non dovrebbe. Un’estate, se lo vogliamo dire fuor di metafora, in cui la consueta “dichiaratio politica” si riempie e si arricchisce di frasi che hanno quasi del surreale, della serie “il bue che dice cornuto all’asino”.

La questione che affolla le pagine dei giornali in questi giorni di agosto è l’ “affaire” monegasco di Gianfranco Fini. E allora giù, tutti a dichiarare, a puntare il dito, anche e spesso a chiedere le dimissioni del presidente della Camera. Dichiarazioni nella norma tranne quando a farle è gente che su quel pulpito non dovrebbe salirci, perché implicati in fatti analoghi o in affari ben più controversi della vendita di un appartamento in possesso ad An ad una società delle Antille.

L’ultima dichiarazione che fa quantomeno sollevare il sopracciglio è quella rilasciata dal coordinatore del Pdl, Denis Verdini che in un’intervista al “Giornale”, su Fini dice: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Una frase che potrebbe apparire cinica o saggia, se non fosse che a dirla è uno che è implicato (ma non indagato) nell’inchiesta sulla P3 e che è indagato nell’inchiesta sull’eolico in Sardegna:  gli investigatori sospettano che Verdini faccia parte di una nuova loggia massonica segreta e che avrebbe favorito il business dell’eolico in Sardegna. Nelle settimane scorse Verdini si è dovuto difendere da accuse e richieste di dimissioni. Ora che sotto all’occhio del ciclone c’è Fini, sembra che il coordinatore del Pdl non abbia perso tempo per restituire il “favore”. Ma nella posizione in cui si trova, sospettato di fare affari con Carboni e Lombardi, viene da dire… “senti da che pulpito viene la predica”.

La stessa frase che sarà venuta in mente a molti quando ieri l’ex ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, è intervenuto anche lui su questa storia di Fini e della casa a Monaco. E per dire cosa? Per dire che la sua storia, quella della casa vista Colosseo pagata in parte “a sua insaputa” dall’imprenditore Diego Anemone, non è proprio paragonabile a quella di Fini. Perché lui, continua a sostenere, di quella compravendita che gli è costata il posto da ministro, non ne sa nulla, non c’era, se c’era non ha sentito, mentre Fini non poteva non sapere. “Cosa c’entra la mia vicenda con quella di Fini? – dice Scajola – Lì era lui che firmava, io non ho mai firmato nulla”.

Un altro esempio di “pulpiti” che lasciano perlessi, guardando agli ultimi giorni, possono essere infine le parole del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Inviando l’ormai consueto messaggio al “Club della libertà”, il premier ha chiesto una “mobilitazione permanente” per “contrastare i disfattismi e i personalismi di chi antepone i propri particolari interessi al bene di tutti, al bene del Paese”. E questo, detto da uno che è proprietario del più grande polo televisivo privato italiano, che ha tentato di preservare con diverse leggi dal 1994, e da più parti accusato di aver varato diverse “leggi ad personam”, non ultime il Lodo Alfano, il processo breve, il legittimo impedimento, per tentare di “preservare” se stesso, e poi alcuni altri, dalla giustizia.