La destra americana attacca Obama per i milioni di dollari spesi in missione in India. Dimentica i miliardi sperperati da Bush in Iraq

Pubblicato il 7 Novembre 2010 - 15:38| Aggiornato il 29 Novembre 2011 OLTRE 6 MESI FA

Obama non è il mito che ha fatto sognare tanti italiani, non sa sa bene perché, visto che noi comunque ci dobbiamo tenere Berlusconi. Ma non è un mito non per questo, ma perché è un normale uomo politico di Chicago, con tutti i difetti oltre che i pregi di avere fatto carriera in quel territorio, dove un week end normale registra decine di morti ammazzati e dove la politica è intrisa di violenza e di corruzione.

Non è nemmeno un grande oratore che parla a ruota libera per un’ora senza inciamparsi, come era sembrato in un primo tempo. Si è scoperto infatti che Obama si serve di un teleprompter, che in italiano si chiama gobbo ed è lo strumento che consente di fissare la telecamera e leggerci le parole del discorso. Qui da noi siamo ancora ai tabelloni scritti a pennarello o ai più classici fogli di carta, uso da cui non è immune nemmeno il padre padrino e padrone della nostra tv commerciale imprestato alla politica e primo ministro Silvio Berlusconi; la cosa non mette al riparo da patetiche impuntature e intoppi, come è avvenuto allo stesso Berlusconi nel recente discorso alla direzione del suo partito.

Obama ha deluso i suoi elettori, perché nulla ha fatto di sinistra né di concreto se non riempire di soldi case automobilistiche, banche e assicurazioni e poi parlare, imitando Walter Veltroni, campione italiano di parole vuote e di pr, a pari merito con la rivelazione Gianfranco Fini. Gli elettori hanno punito Obama, che si rifugia, come succedeva a Clinton ai tempi di Monica Lewinsky e come succede sempre più spesso al nostro Berlù, nella grande politica estera. A Obama i grandi leader del nuovo mondo, i futuri rivali che confronteranno l’America, a Berlusconi Gheddafi e Putin, gli avversari dell’Italietta che sempre sarà.

Però è indegno e indecente l’attacco cui ora è sottoposto da parte della destra americana, prendendo spunto dal suo attuale viaggio in Oriente. Hanno montato uno scandalo sul presunto costo del viaggio, probabilmente confondendo il costo dell’intera trasferta e spacciandolo per il costo giornaliero e senza tenere conto che molte delle persone che accompagnano Obama sono comunque a libro paga del Governo.

Lo scandalo è riferito molto bene dal quotidiano Il Riformista, con un articolo di Alessandra Cardinale che nel titolo riflette la posizione d’attacco della destra americana:  «Mr. President, ma quanto ci costi?» e poi “Le spese della tournée finiscono nel mirino”.

L’analisi di Alessandra Cardiale è ampia, profonda e documentata: “Il Presidente, che dopo la conquista della Camera dei Rappresentanti da parte dei repubblicani viene sarcasticamente definito dai media conservatori una “lame duck”, un’anatra zoppa, ha davanti a sé un viaggio molto delicato per costruire un sano e proficuo rapporto economico con la democrazia più grande al mondo”.

Però ormai i repubblicani sono sul piede di guerra. I risultati elettorali li hanno ringalluzziti e non si deve mai scordare che i fondi su cui può contare la loro macchina propagandistica sono enormi.

Così hanno preso lo spunto da un articolo pubblicato da un improbabile sito indiano, basato su un ancor più improbabile “funzionario indiano della provincia del Maharashtra”, secondo il quale il viaggio di Obama  costerebbe 200 milioni di dollari al giorno, cioè due miliardi per dieci giorni. La storia del costo del viaggio, abilmente quanto spietatamente e senza scrupolo alcuno montata dalla macchina propagandistica repubblicana ha fatto il giro del mondo, fino a quando il portavoce della Casa Bianca ha dovuto rassicurare gli americani dicendo «che il costo di questo viaggio è simile a quelli intrapresi da Clinton e George W.Bush». Questo è un buon punto, perché Obama non è il primo presidente americano a viaggiare all’estero e tutti in Italia ricordano ancora lo spiegamento di forze degno di un film con Bruce Willis quando Bush è stato fastidioso ospite di Berlusconi al tempo del G8 e dopo.

Un po’ meno brillante la parte di risposta secondo cui «i numeri riportati in questi giorni non hanno nessun riscontro con la realtà. Per motivi di sicurezza non possiamo svelare altri dettagli ma è corretto dire che si tratta di dati enormemente gonfiati».

Un dato di fatto è che con Obama  e la moglie Michelle viaggiano da 2 a 3000 persone tra addetti stampa, bodyguard, agenti di sicurezza e giornalisti, con l’aggiunta di 250 uomini d’affari che accompagnano il Presidente in quella che il Daily Mail definisce la “più grande missione commerciale che ci sia mai stata” (per aggiungere un pizzico di malignità giova ricordare che il commercio estero è probabilmente una fonte di finanziamento importante per il partito democratico, che non potendo contare come i repubblicani sui contributi dei grandi industriali si arrangia come può. Il posto di ministro per il commercio estero è uno dei più delicati e anche dei più rischiosi. Ai tempi di Clinton, il ministro si chiamava Brown e scomparve tragicamente in un incidente aereo mentre era in missione nella ex Jugoslavia mentre a casa lo aspettava l’Fbi con intenzioni non proprio amichevoli).

Sono state riservate 870 stanze in alberghi a cinque stelle, la troupe presidenziale occuperà oltre 500 stanze nel solo hotel Taj Mahal, quello oggetto di un terribile attacco terroristico due anni fa. Un’ altra decina di impiegati della Casa Bianca sarebbe stata inviata in India una settimana fa per completare l’organizzazione del viaggio, e con loro un altro gruppo di agenti dei servizi segreti più un paio di elicotteri pronti a entrare in azione in caso di necessità, mentre navi da guerra della Marina Usa pattugliano le acque dell’oceano indiano.

Verrebbe da dire, ma che vogliono questi republlicani? Che Obama se ne stesse rintanato alla Casa Bianca oppure che andasse in giro con un volo di linea lui la mogli e un paio di portaborse, in una delle aree più difficilmente controllabili del mondo, dove si incrociano i fermenti di una mezza dozzina di terrorismi? Giustificato appare anche che abbiano tolto dalle palme i cocchi, non si sa mai.

Ma la macchina repubblicana è micidiale e in poche ore, racconta il Riformista, la notizia ha fatto il giro della blogosfera conservatrice, tant’è che se i, non si inseriscono su google le parole chiave dell’articolo indiano si ottengono 11.000 risultati. Il sito Drudge Report, capolavoro di giornalismo orientato a destra, di umorismo e di efficienza (lo curano lo stesso direttore, Matt Drudge e un assistente) a caratteri cubitali strilla:  «L’America paga una visita da 200 milioni didollari al giorno al Presidente Obama». Altri titoli del Report: “Era dai tempi dei faraoni o degli imperatori romani che un capo di Stato non viaggiava con tanta pompa”; “Caccia a scimmie e cani” per evitare che uno di quei randagi che abbondano nelle strade indiane disturbi la visita.

Riferisce ancora il Riformista che “dai microfoni del suo seguitissimo programma radiofonico”, Rush Limbaugh, un violento estremista di destra che ha tanta forza da dare lui la linea al partito repubblicano,  aggiunge particolari sul viaggio asiatico, tutti studiati per fare inferocire l’americano medio.

Nessuno ricorda invece quel che è costato all’America in vite e denaro e al mondo itero in termini di stabilità e sicurezza il predecessore di Obama, il repubblicano George Bush. Vorremmo citare solo una definizione della sua guerra in Iraq: “Fiasco”, coniata da Thomas E. Ricks, giornalista americano e autore del libro con quel titolo. Citiamo un passaggio chiave: “Le conseguenze della guerra non saranno chiare per decenni, ma è ormai certo che il governo americano è andato in guerra con pochissimo consenso internazionale, in base a informazioni sbagliate sulle armi di distruzione di massa e sui supposti collegamenti tra Al Quaeda e Saddam e poi ha occupato il paese con negligenza”.

Viene solo da pensare amaramente che tutto il mondo è paese e che gli americani non sono meglio degli italiani: anche loro hanno la memoria molto corta. Tragicamente corta.