Medio Oriente. Hillary Clinton, ”Le riforme rischiano di essere solo un miraggio nel deserto”

di Licinio Germini
Pubblicato il 13 Aprile 2011 - 13:19 OLTRE 6 MESI FA

Il segretario di stato americano Hillary Clinton

WASHINGTON, STATI UNITI – Il segretario di stato americano Hillary Clinton ha avvertito che le rivoluzioni e le proteste popolari nel mondo arabo potrebbero essere ricordate solo come ”un miraggio nel deserto” se i leader contestati non accettano di adottare misure per introdurre riforme democratiche ed economiche, a quanto riferisce The Huffington Post.

L’avvertimento della principale esponente diplomatica dell’amministrazione di Barack Obama è giunto mentre si intensificano i segnali che la cosiddetta Primavera Araba sta arretrando, in uno scenario in cui il colonnello libico Muammar Gheddafi continua la sua sanguinosa guerra contro gli insorti che lo vogliono cacciare e governanti dallo Yemen, alla Siria, al Bahrain reprimono brutalmente gli aneliti dei loro popoli per trasformazioni democratiche. Perfino in Tunisia e in Egitto, dove le rivolte popolari hanno destituito dittatori che governavano da decenni, il processo delle riforme è a rischio.

Parlando al convegno annuale tra gli Stati Uniti e il mondo islamico a Washington, la Clinton si è chiesta se i popoli e i governanti del Medio Oriente e del Nord Africa saranno capaci di adottare politiche tali da risolvere le persistenti sfide regionali in campo politico, economico e sociale. ”Se non rafforzerranno i progressi delle settimane recenti per soddisfare le aspirazioni dei popoli – ha proseguito – nel giro di qualche anno ci ritroveremo qui
dopo aver visto scomparire le prospettive di riforme, ricordando questo momento solo come un miraggio nel deserto”.

Il discorso del segretario fa seguito a quello pronunciato a Doha, Qatar, a gennaio, quando avvertì i governi repressivi arabi che rischiavano di ”affondare nella sabbia” se non fossero andati incontro alle rivendicazioni dei loro popoli. Il giorno successivo il presidente Tunisino Zine El Abidine Ben Ali fu cacciato dal Paese dalla furia del popolo. La stessa furia un mese dopo costrinse alle dimissioni il presidente egiziano Hosni Mubarak.

Ma la Clinton non ha saputo rispondere alla domanda fondamentale se i sommovimenti che hanno sconvolto il mondo arabo faranno nascere società realmente libere con opportunità economiche per tutti, o se lasceranno al loro posto regimi corrotti e repressivi. Certo, ha rilevato, per le trasformazioni in senso democratico non è sufficiente solo cambiare i governanti.

Un richiamo, questo del segretario di stato, ai brontolii dell’amministrazione Obama dopo che un tribunale del consiglio dei militari in Egitto, che governa il Paese, ha condannato il ventiseienne blogger Maikel Nabil Sanad a tre anni di carcere per aver insultato l’esercito, il più recente segnale che i militari egiziani stanno facendo marcia indietro rispetto alle promesse di riforme.

Sanad ha riferito di torture ed abusi da parte dei militari accusandoli di essere tuttora fedeli a Mubarak. ”Questo non è il tipo di progresso che ci aspettiamo”, ha commentato il portavoce del dipartimento di stato Mark Toner.

La Clinton ha anche lamentato le condizioni delle donne in Egito e in Tunisia, dove sono state escluse dal processo di transizione. Quando hanno manifestato nella piazza Tahrir, il centro nevralgico della rivoluzione egiziana, in occasione della Giornata Internazionale delle Donne, sono state schernite e maltrattate. Ha detto la Clinton in proposito: ”Non si può pensare di avere una democrazia se metà della popolazione è costretta al silenzio”.