Medio Oriente, l’Egitto avverte Israele: “Camp David si può cambiare”

Pubblicato il 15 Settembre 2011 - 20:12 OLTRE 6 MESI FA

IL CAIRO, 15 SET – Un fulmine in un cielo già tempestoso. E’ quello lanciato oggi dal primo ministro egiziano Essam Sharaf che, in una intervista ad un rete televisiva turca, ha affermato che l’accordo di pace del 1979 con Israele, pietra miliare per la stabilità della regione, ”non è intoccabile”.

A meno di ventiquattro ore dalla partenza dall’Egitto del premier turco Recep Tayyip Erdogan, acclamato sostenitore della linea dura contro Israele, il premier egiziano ha affermato che ”l’accordo di Camp David non è una cosa intoccabile e può sempre essere oggetto di discussione, in un’ottica di beneficio per la regione e per una pace giusta. E possiamo apportarvi cambiamenti se necessario”.

Parole che aprono scenari inquietanti e molto diversi da quelli evocati in tutte le dichiarazioni ufficiali egiziane dal cambio di regime di febbraio ad oggi. Anche la scorsa settimana, subito dopo l’attacco all’ambasciata israeliana del Cairo, il messaggio emerso da una riunione d’emergenza fra il consiglio militare e il governo era stato di rinnovato impegno da parte egiziana a rispettare tutti i trattati internazionali finora sottoscritti.

Ora le parole di Sharaf mettono in discussione l’intangibilità del trattato firmato da Menachem Begin e Anwar al Sadat nel 1979 (frutto degli accordi di Camp David dell’anno precedente) con il quale l’Egitto è diventato il primo paese arabo a firmare la pace con Israele e che, in tutti questi anni, è stato uno dei capisaldi della politica estera egiziana.

L’intervista di Sharaf, andata in onda quasi in sordina anche per i media egiziani, arriva in un momento di sempre maggiore isolamento di Israele sulla scena internazionale, con la rottura di fatto con la Turchia e il pressing palestinese per avviare il riconoscimento del proprio Stato davanti alle Nazioni Unite la prossima settimana.

E arriva soprattutto sulla scia di una crescente ostilità popolare in Egitto nei confronti di Israele, rinfocolata dalle mancate scuse per l’uccisione di sei guardie di frontiera alla fine di agosto. Un episodio che ha riacceso l’animosità anti-israeliana, culminata con l’assalto all’ambasciata.

Una fonte del ministero degli Esteri egiziano ha spiegato all’ANSA che il senso delle parole del premier egiziano non è quello di manifestare l’intenzione o l’orientamento ad annullare l’accordo. ”Tutto è negoziabile e la dichiarazione di Sharaf è logica”, ha osservato la fonte, sottolineando che ”ogni accordo può essere negoziato o modificato, ma a condizione che le parti che lo hanno sottoscritto siano d’accordo e diano il loro consenso”.

Varie, quindi, le possibili letture delle dichiarazioni di Sharaf, che ha cercato di raggiungere platee diverse con lo stesso messaggio. Da un lato le sue parole tengono conto della crescente ostilità popolare contro Israele in Egitto e al tempo stesso possono fornire un indiretto sostegno ai palestinesi che in queste ore stanno negoziando con Ue e Usa per un rilancio credibile del negoziato con Israele prima del 23 settembre.

Ma le frasi di Sharaf possono anche essere interpretate come un tentativo egiziano di riconquistare la scena politica araba, dominata in questi giorni dal superattivismo del premier turco, che proprio al Cairo ha dato la linea alla Lega araba, sostenendo che il riconoscimento dello Stato palestinese non è un’opzione ma un obbligo e attaccando frontalmente Israele per le sue ”aggressioni”.

Quale che sia la lettura più corretta, l’avvertimento di Sharaf rientra comunque in un clima che sta cambiando nei confronti di Israele dopo la caduta di Mubarak. Solo due settimane fa il segretario generale della Lega araba, Nabil el Araby, che prima della sua nomina a maggio era ministro degli Esteri egiziano, ha affermato che ”l’accordo di pace con Israele non è né il Corano né il Vangelo”. Sharaf, oggi, ha detto che questo accordo ”non è sacro”.