Intercettare fa male? A mafiosi, camorristi e mercanti di schiavi certamente sì

Pubblicato il 9 Luglio 2010 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA

Piero Grasso

“Arrestato grazie alle intercettazioni”. Una frase, questa, tra le più pronunciate in questi ultimi mesi, da quando è in discussione il disegno di legge del Governo Berlusconi che introduce norme estremamente restrittive sia per i magistrati che intercettano sia per i giornalisti e gli editori che pubblicano.

Partendo dalle ultime notizie, nella mattinata di giovedì 8 luglio ha fatto scalpore l’arresto di Cesare Pagano, boss leader degli scissionisti di Scampia, tra i protagonisti di una faida che ha causato la morte di almeno 50 persone. Pagano nella lista dei 30 latitanti più pericolosi d’Italia. Oggi sta dove deve stare: in carcere. Perchè?

Lo spiega senza mezzi termini il Procuratore della Repubblica di Napoli Giovandomenico Lepore che ha raccontato il blitz: “Lo abbiamo preso grazie alle intercettazioni”. Un lavoro di anni, non di 60 o 75 giorni.

Alla Procura di Napoli sono arrivati i complimenti di tutto il Governo, ministro dell’Interno Maroni in testa, per l’ottimo lavoro svolto. Lo stesso Governo che gli vuole rendere il lavoro praticamente impossibile nel nome di una improbabile difesa della privacy. Fiori, insomma, invece che opere di bene.

Il 18 giugno scorso, delle intercettazioni ha parlato uno che di arresti per reati di mafia se ne intende, Roberto Di Palma, pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.  Cosa ha raccontato? Che nella sua vita lavorativa ha preso 17 mafiosi, tutti “arrestati grazie alle intercettazioni”.

“I 17 latitanti che ho arrestato sono stati presi tutti grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche – ha raccontato Di Palma – un caso concreto fu quello di un duplice omicidio avvenuto in un paesino dell’Aspromonte. Abbiamo intercettato per sei mesi un’autovettura, ritenendo che su quella macchina potessero captarsi le conversazioni inerenti all’omicidio e per tutto il periodo non abbiamo ascoltato nulla. Alla fine del sesto mese l’assassino, parlando con suo fratello, ha ammesso l’omicidio spiegandogli anche i minimi dettagli”.

Perchè proprio il caso della macchina? Perchè nel ddl in discussione si parla di proibire le intercettazioni nei luoghi privati, come, appunto, le automobili.

Il 28 giugno scorso, poi, un’operazione di polizia a Palermo consente l’arresto di 24 persone, tutte accusate di tratta di persone e riduzione in schiavitù. Si trattava di un’organizzazione italo polacca attiva nel reclutamento delle prostitute. A presentare il lavoro svolto dall’Antimafia, in conferenza stampa va il procuratore capo, Piero Grasso. E che dice? Che gli arresti sono stati possibili “grazie alle intercettazioni”.

“Con la nuova norma sulla intercettazioni – ha spiegato Grasso – non avremmo potuto usare questo strumento investigativo per smantellare l’organizzazione transnazionale, composta da italiani e polacchi arrestati oggi, dedita alla tratta degli esseri umani”. Perchè? La risposta del procuratore è chiara: ”

“Il reato di ‘tratta’, istituito dalla Convenzione di Palermo, e’ considerato un crimine di stampo mafioso e abbiamo utilizzato le intercettazioni telefoniche ed ambientali, partendo pero’ dall’assassinio di una giovane donna, omicidio che non presentava caratteristiche mafiose. Se la legge fosse in vigore avremmo avuto delle limitazioni nell’utilizzo delle intercettazioni”.

“Bisogna anche considerare – ha aggiunto Grasso – che oggi la proroga per le intercettazioni e’ di venti giorni, tempo a mala pena sufficiente per trascriverle, studiarle e trovare degli elementi validi per richiedere un prolungamento nell’utilizzo di questo strumento investigativo”. “Il vero problema – ha concluso Grasso – e’ quello di risolvere la diffusione e pubblicazione delle trascrizioni delle intercettazioni nel corso delle indagini, non vietarne il loro utilizzo per combattere la criminalita’ organizzata”.